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28 set 2011


SESSUALITA'Ansie addio, è la rivincita della coppiaIn controtendenza rispetto alle mode trasgressive: fare l'amore non è solo atto fisico. Ci vuole testa e cuore. Consapevoli, informati, più attenti al rapporto a due, meno paure e tabù: due recenti ricerche raccontano il nuovo rapporto tra gli italiani, le italiane e il sesso

di ROBERTA GIOMMI *

ROMA - l maschio ha assunto nella ricerca sessuologica un ruolo centrale: ci si occupa molto di lui soprattutto dal punto di vista delle disfunzioni, della salute sessuale, delle ansie di cui è portatore. Ma sta aumentando anche l'attenzione alla coppia, alla relazione maschio/femmina, a quello che in età diverse rappresenta lo stile di relazione sessuale. E se da più di 10 anni vediamo sempre più una forte consultazione di coppia, è la donna più facilmente il motore della consultazione. Le coppie giovani chiedono aiuto poco tempo dopo la comparsa dei sintomi sessuali, sia maschili che femminili.

INTERATTIVO 1

Due ricerche svolte da Astra Ricerche per Eli Lilly su "Gli italiani, i rapporti sessuali e la disfunzione erettile" confermano che sono passati alcuni messaggi che fanno parte della consulenza e della terapia sessuale di coppia. Su un campione di italiani, età 30-60 anni, in cui uomini e donne rispondono sulle condizioni che ritengono più valide e soddisfacenti per fare l'amore, troviamo l'80% che considera importante l'assenza di ansia (era il 58% due anni fa), il 62% che parla del valore della spontaneità, il 58% della passione, il 52% del bello di non avere fretta.

Queste informazioni corrispondono al modello di intervento dei sessuologi che chiedono alla coppia di trovare il tempo per fare l'amore
e di esprimere amicizia nell'affrontare la relazione e la sessualità. Mentre nelle risposte al questionario si nota una controtendenza rispetto al messaggio di sesso trasgressivo che sembra così diffuso: gli intervistati (sia nel 2011 che nel 2009) hanno risposto che la coppia è più felice quando l'amore non è solo un atto fisico, ma permette di dare e ricevere piacere, di condividere la scelta, di coinvolgere la testa e il cuore. Questo dato fa pensare che 30 anni di educazione alla sessualità e alla relazione abbiano prodotto un risultato anche nella condivisione di contenuti tra maschi e femmine.

Nella consultazione di coppia usiamo interviste strutturate per indagare il piacere, il fastidio, il dolore e la valutazione di cosa viene ritenuto giusto o sbagliato, per poter poi intervenire nella ricomposizione di una sessualità piacevole e condivisa. Ed è interessante notare come in questa ricerca gli atteggiamenti e le valutazioni del sesso come "schifo", "ribrezzo", "stanchezza" vanno dall'1% al 3% mentre prevalgono le valutazioni positive. Ancora più interessante è il dato in cui emerge che sono componenti importanti per il benessere sessuale "gioia", "felicità", "allegria", "buon umore", "curiosità" e "attenzione".

Compare anche un altro dato molto interessante: gli intervistati pensano nel 58% dei casi che i problemi possono avere una componente psicologica. Anche nella consultazione sessuologica, successiva o precedente alla consultazione medica, si sta affermando l'idea che è importante parlare con un esperto in problemi di coppia e di sesso. Alcuni strumenti importanti per la soluzione dei problemi della sessualità richiedono infatti la conoscenza delle tecniche relazionali di coppia e cognitivo comportamentali per leggere il significato del sintomo, elaborare le resistenze, dare le prescrizioni. La capacità di leggere la coppia come risorsa può portare ad un risultato molto forte dell'intervento e ad un uso complice del farmaco se necessario.
* Sessuologa Irf, Firenze
(27 settembre 2011)

Contro l’obesità vietato saltare la prima colazione

La prima colazione è importante per i bambini, anche per combattere sovrappeso e obesità - Foto: ©photoxpress.com/Tomo Jesenicnik
I pediatri a congresso lanciano l’avviso: per combattere l’obesità, sempre più diffusa tra i bambini, non bisogna saltare la colazione
Che la prima colazione sia importante ormai è risaputo. Non lo dicono solo i pediatri, in questo caso, ma anche i nutrizionisti.
Nonostante siano tutti d’accordo che la colazione sia il pasto più importante della giornata, a quanto pare però, nei fatti, non gode di grande popolarità: non a caso per molti “colazione” è soltanto una parola e non una pratica.

Saltare la colazione però è associato a un maggiore rischio di sovrappeso e obesità. E non si tratta soltanto di ipotesi ma di realtà supportata dai numeri.
Numeri che sono stati presentati ieri dai pediatri dalle SIPPS – la Società Italiana di Pediatria Sociale e Preventiva – al XXIII Congresso Nazionale di Milano, in corso dal 15 al 17 settembre.
Basti pensare che nel 2005 erano il 22 per cento i bambini che saltavano la prima colazione – come emerso da “Giocampus estate”.
A motivo di ciò, una collaborazione tra pediatri, nutrizionisti e dietisti ha permesso che prendesse vita un’attività di promozione della prima colazione mediante programmi di educazione alimentare che si sono susseguiti tra il 2007 e il 2010. La campagna informativa ha coinvolto i mezzi di comunicazione ed è stata supportata dalla distribuzione a 10mila famiglie di una guida per una sana alimentazione in età evolutiva.

Al contempo, studenti in scienze gastronomiche hanno supportato le insegnanti delle scuole primarie durante le lezioni di educazione alimentare, per un totale di 20 ore l’anno.
In più, ai bambini dai 6 ai 14 anni era data l’opportunità di partecipare a '”Giocampus estate”, un campo sportivo estivo che faceva parte del progetto di educazione alimentare e motoria per i bambini in età scolare, promosso con il supporto del Comune di Parma, l’Ispettorato agli studi, l’Università degli studi di Parma, il Cus Parma e la Barilla.

Tutte queste iniziative, hanno contribuito a diffondere la cultura dell’importanza della prima colazione tanto che, nel 2010, i dati hanno mostrato che la percentuale di bambini che saltava la colazione era scesa dal 22 per cento (del 2005) all’8 per cento. La stessa percentuale di bambini obesi, tra gli 8 e gli 11 anni, era scesa.
Ecco infine come sia possibile, con un po’ di buona volontà, prevenire il sovrappeso e l’obesità, regalando un futuro più sereno e di salute ai bambini.
Cerchiamo quindi di non far saltare la colazione ai piccoli.
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Ricordiamo i temi trattati al XXIII Congresso Nazionale della SIPPS
I vaccini
La sessione “Voglio essere vaccinato” aprirà la giornata di oggi, venerdì 16, con gli interventi, tra gli altri, di Susanna Esposito (La vaccinazione MPRV) e di Chiara Azzari (La prevenzione del meningococco).
A tutt’oggi, la varicella rimane una tra le malattie prevenibili più diffuse nel nostro Paese. In Italia, si stima che ogni anno la varicella colpisca circa 500 mila soggetti, in prevalenza in fascia pediatrica: 80% nella fascia 0-14 anni e attorno al 15-20% i soggetti “suscettibili” alla malattia tra i 10 e i 14 anni.
Ciò mette in evidenza come in Italia, per quanto riguarda la varicella, ci si trovi in “era pre-vaccinale”.
Per tanto tempo all’interno del calendario delle vaccinazioni, gli adolescenti hanno ricoperto un ruolo marginale e sono stati definiti addirittura ”the orphans of the immunization practices”. La maggior parte dei cicli vaccinali, infatti, si concludeva nell’infanzia e non esistevano specifiche vaccinazioni da somministrare a questa categoria di soggetti. Pertosse, rosolia, varicella, epatite A, infezioni da meningococco colpiscono ancora oggi gli adolescenti e sono causa di mortalità, complicanze ed ospedalizzazioni.

Negli ultimi anni l’introduzione del vaccino contro il meningococco C (Men C) e il papilloma virus (HPV) ha aperto nuove possibilità di prevenzione mirata agli adolescenti.
Tuttavia nel 2008 solo il 52% dei sedicenni aveva ricevuto il richiamo contro tetano e difterite e solo il 16% era stato vaccinato contro il Men C, con ampia variabilità interregionale. Per tutte le altre vaccinazioni le coperture rimangono inferiori al 3%.

Sovrappeso e obesità
Durante l’incontro di Milano, sarà dato ampio spazio anche al tema dell’alimentazione: problematica sempre più diffusa e correlata al sovrappeso, all’obesità e alla cattiva pubblicità, che influenza le abitudini alimentari e confonde già da piccoli i consumatori rispetto alle buone regole nutrizionali. Se ne discuterà nella sessione di venerdì “Voglio Mangiare Bene”, alla quale interverranno Giacomo Biasucci (Quando mi dai il latte vaccino?), Vito Miniello (Difendimi dalla pubblicità cattiva) e Giuseppe Banderali (Allattamento materno ed epigenetica).
La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale all’inizio di quest’anno ha contribuito attivamente alla realizzazione del Protocollo d’intesa siglato tra il Ministro della Salute Ferruccio Fazio e la Società Italiana di Pediatria, allo scopo di attuare strategie preventive che riducano il rischio di obesità nel nostro Paese, coinvolgendo le Istituzioni, le famiglie ed i pediatri.
Il progetto di prevenzione primaria, dal titolo “Mi Voglio Bene”, è stato messo a punto dal Gruppo di Lavoro sull’Obesità della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (tra i quali i membri del direttivo SIPPS Paolo Brambilla, Guido Brusoni, Giuseppe Di Mauro, Sergio Bernasconi) e coinvolgerà migliaia di pediatri e bambini in tutta Italia.

Una recente indagine, pubblicata sulla prestigiosa rivista “New England Journal of Medicine” ha evidenziato la responsabilità del nuovo marketing nell’influenzare le scelte alimentari dei piccoli. Sembra quasi che le aziende si rivolgono intenzionalmente a bambini e adolescenti stimolandoli a consumare “cibi spazzatura”, poveri di valori nutritivi, ma dall’elevata densità calorica.
Le attuali strategie pubblicitarie mandano messaggi latenti finalizzati a minare l’autorevolezza delle scelte alimentari dei genitori.
Nel corso delle ultime decadi si registra, infatti, in tutto il mondo un allarmante incremento della prevalenza di obesità, con un esordio sempre più precoce, fenomeno definito dall’OMS “l’emergenza sanitaria del terzo millennio”; purtroppo il nostro Paese e tra quelli che registra il primato europeo di obesità, a dispetto di una rinomata dieta mediterranea che viene seguita solo dagli adulti e non sempre.

La “cattiva” pubblicità
I suggerimenti proposti dalla pubblicità rivolta all’età evolutiva hanno un rilevante peso rispetto ad una carente cultura nutrizionale. Un esempio su tutti è rappresentato dagli oli tropicali, derivati dalla palma e dal cocco e utilizzati per la produzione di merendine industriali: al contrario degli altri oli vegetali, questi oli contengono una elevata concentrazione di grassi saturi, particolarmente aterogeni ed ipercolesterolemizzanti. Gli acidi grassi saturi dell’olio di cocco si attestano attorno all’87%, ossia quasi il doppio di quelli presenti nel burro (48%), sfatando così l’ingiusto primato, di quest’ultimo, di alimento dannoso per la salute.
L’insidia maggiore risiede però nelle etichette dei prodotti finiti, nelle quali gli oli tropicali (cocco, palma e palmisti) sono indicati con il termine di “oli vegetali” o “grassi vegetali”, al pari degli oli di semi vari.

Autismo e ritardi mentali
Altri temi di grande importanza di cui si discuterà nel corso della manifestazione sono l’autismo ed il ritardo mentale, noti come DSA (Disturbi dello Spettro Autistico): si tratta un insieme relativamente eterogeneo di disturbi dell’età evolutiva, caratterizzati da una compromissione delle capacità comunicative e di interazione sociale e della presenza di comportamenti, attività ed interessi ripetitivi e stereotipati.

Le stime più recenti indicano una prevalenza di circa 1/150 bambini con DSA, con una percentuale maggiore di maschi colpiti rispetto alle femmine (4/1). Purtroppo i DSA non possono essere diagnosticati in modo attendibile prima del terzo anno di vita, seppur sin dalle prime descrizioni della sindrome autistica è apparso come alcune difficoltà interattive e comunicative siano presenti, anche se in forma lieve, già nei primi mesi di vita e risultano associate a problematiche dello sviluppo motorio, percettivo e sensoriale.
Indici del benessere del bambino, che si possono osservare nel corso dei primi mesi di vita, sono la motricità e le caratteristiche del pianto. Per questo è stato avviato un progetto di studio che valuta questi due elementi attraverso video e registrazioni effettuate a 10 giorni dalla nascita e poi a 6-12-18 e 24 settimane di vita.
L’interesse per quanto avviene nei primi due anni di vita di questi bambini, è motivato dall’evidenza che secondo le conoscenze attuali, una diagnosi precoce e la predisposizione di un intervento riabilitativo, prima che il disturbo si esprima nella sua pienezza, possono ridurre significativamente l’interferenza dei DSA sullo sviluppo dei piccoli, limitandone l’espressione dei sintomi.

26 set 2011


- Ecco la prima rassegna delle merende tradizionaliIdee dal passato per una sana merenda

Riscoprire anche a merenda le tradizioni per coniugare gusto e salute - Foto: ©photoxpress.com/Lucky Dragon
Sabato 24 settembre 2011 alle ore 10.00 in Piazza Vittorio Veneto a Torino prende il via l’appuntamento firmato Coldiretti che offre anche la possibilità di lasciare i propri bimbi a giocare e imparare nei laboratori del gusto
Nell’ambito di “MangiaTo”, la settimana promossa da Coldiretti e Campagna Amica nel corso dei festeggiamenti del 150° dell’Unità d’Italia, prende il via la prima rassegna delle merende tradizionali "Idee dal passato per la merenda sana” che coinvolgerà più di cento aziende agricole provenienti da tutte le Regioni. Nell’ambito della manifestazione sarà attivo l’agribaby-parking, che dà la possibilità ai genitori di lasciare i propri bimbi a giocare e imparare nei laboratori del gusto. L’appuntamento è dunque a Torino, sabato 24 settembre a partire dalle ore 10,00 in Piazza Vittorio Veneto.

La merenda, insieme alla colazione, è ritenuta uno degli appuntamenti più importanti per l’alimentazione dei più piccoli. A maggior ragione in questi tempi di ritorno sui banchi di scuola. Parallelamente a questo, stiamo assistendo anche all’affermarsi dello spuntino tra i grandi a scapito dei pasti principali e diventa pertanto ancora più importante garantirne le caratteristiche qualitative, spiega la Coldiretti.
Dalle seadas alle tigelle fino alle torte di verdure e frutta sono moltissime le merende che per la prima volta saranno preparate secondo le antiche ricette regionali conservate gelosamente nelle campagne, grazie agli agriturismi di Terranostra. Un’occasione unica per conoscere e imparare a preparare cibi ottenuti con gli ingredienti semplici della tradizione locale, continua Coldiretti.

Un ritorno quindi al passato, potendo trarre il meglio dalla sapienza e dalla tradizione culinaria che, spesso, assumeva significato di benessere. Sapori unici del passato che hanno fatto crescere intere generazioni il cui ritorno nelle case e nelle scuole è un obiettivo importante per garantire una maggiore naturalità dell’alimentazione, previsto anche nelle linee guida per la ristorazione scolastica fissate dal Ministero della Salute dove si sollecita a considerare “la varietà e la stagionalità dei cibi, utilizzando anche proposte di alimenti tipici della regione di residenza, per insegnare ai bambini il mantenimento delle tradizioni”, conclude la Coldiretti.
Largo dunque alle merende tradizionali, sane e naturalmente buone

- più frutta e verdura anche d'autunno per stare beneAffrontare al meglio l’autunno con i cibi scaccia grigiore e spossatezza

Per affrontare al meglio la stagione autunnale, ecco i consigli degli esperti in nutrizione - Foto: Susanna Berti Franceschi
La dieta ideale per affrontare la nuova stagione, le giornate che si accorciano e l’inesorabile cammino verso la stagione fredda. Tutti i consigli degli esperti
Ce ne accorgiamo giorno per giorno: le giornate si fanno più fredde, più corte, il Sole spesso lascia il posto al grigiore della nebbia o alle nuvole portatrici di pioggia. Mentre gli alberi si tingono di mille colori – i colori autunnali – la nostra vita invece a volte si tinge di grigio. Ci sentiamo così un po’ malinconici, depressi, stanchi… Complici proprio le minori ore di luce e Sole che riducono la produzione di serotonina, il neurotrasmettitore deputato al controllo dell’umore e la produzione della melatonina.

Oltre al nostro umore, con l’addentrarsi nella stagione autunnale - e poi in quella invernale - cambia anche il nostro modo di alimentarsi, spesso senza che neanche ce ne accorgiamo. Difatti, con l’arrivo dei primi freddi, il nostro organismo richiede maggiori calorie. La conseguenza è che tendiamo a privilegiare cibi pesanti e più grassi, a discapito di alimenti leggeri, come frutta e verdura di stagione; che invece sono un ottimo alleato per affrontare al meglio e con la giusta carica l’autunno.
Per evitare di confonderci le idee, e incappare negli errori più comuni, gli esperti di Melarossa offrono i loro consigli per affrontare al meglio la stagione seguendo una dieta equilibrata.

Prima regola: privilegiare i prodotti di stagione. L’autunno in questo senso è molto generoso e ci regala tante prelibatezze:
- l’uva, ricca di ferro, calcio, fosforo, contiene vitamina A, vitamina C, vitamina P e vitamina B6 e avrebbe anche proprietà antiossidanti e anticancro. È altamente energetica e possiede un considerevole valore calorico (100 gr contengono circa 70 calorie); quindi è preferibile non eccedere se si hanno problemi di peso.
- la pera, considerata una fonte naturale di minerali (come il potassio, il fosforo, il Calcio, il magnesio), fornisce zuccheri semplici e non mette a rischio la nostra linea (contiene appena 30 calorie per 100 grammi). Inoltre, grazie all’alto contenuto di fibra, è ottima per regolarizzare l'intestino in modo naturale.
- il caco possiede preziose proprietà drenanti e diuretiche. È ricco di vitamina C, Beta-carotene e potassio. Miniera di antiossidanti naturali, aiuta l’organismo a proteggere le cellule dall’effetto dei radicali liberi. È un concentrato di energia (70 calorie per 100 g), quindi ottimo per chi pratica sport – da mangiare tuttavia con moderazione per le persone in sovrappeso. È anche poco indicato a chi soffre di diabete.
- le arance e i mandarini, noti a tutti per il loro buon contenuto di vitamina C, (sostanza antiossidante utile per contrastare i malanni di stagione), stimolano la funzionalità intestinale e la sensazione di sazietà. Sono preziosi anche per mantenere elastica e giovane la nostra pelle grazie alle loro già citate proprietà antiossidanti.
- la mela è un frutto ricco di proprietà benefiche: contiene sali minerali (potassio, magnesio, sodio, ferro, fosforo, zolfo, Calcio, sodio), la vitamina B1 (che combatte inappetenza, stanchezza e nervosismo), la B2 (che facilita la digestione ed è ricca di proprietà antiossidanti) e la vitamina C.
È ricco di pectina, che contribuisce a tenere sotto controllo il tasso glicemico contenuto nel sangue.

Non solo frutta, ma anche la verdura può essere un valido aiuto in autunno, e abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. C’è quella a foglia verde, come gli spinaci, le bietole e le verze, che sono un vero e proprio serbatoio vitaminico. Contengono la vitamina A, la C, la E, la K (indispensabile per favorire la coagulazione del sangue) e la B5. Queste verdure vantano anche un elevato contenuto di antiossidanti che aiutano a contrastare l’insorgenza di radicali liberi. Sono alimenti ricchi di luteina, sostanza che protegge gli occhi dalle radiazioni solari; e di ferro, in particolar modo gli spinaci. Melarossa consiglia di provarli in questa ricetta semplice ma davvero molto buona: gli spinaci all’agro.

In autunno troviamo anche la zucca, alimento ricco di Beta-carotene (che ha la funzione di contrastare l’insorgere dei radicali liberi), dotato di proprietà antitumorali ed efficace nell’aiutarci a proteggere il sistema circolatorio. Contiene vitamina A, B e C e minerali come Calcio, sodio, potassio, fosforo, rame, magnesio, ferro, selenio, manganese e zinco. È un ortaggio povero di calorie (17 calorie per 100 grammi) e di zuccheri, con un notevole potere saziante.
Non dimentichiamo il radicchio, che mostra importanti proprietà depurative e diuretiche, ed è un potente alleato nella prevenzione delle malattie legate all’invecchiamento. Si fregia di un elevato contenuto di vitamine (A, B2 e C), Sali minerali e fibre. Inoltre è fortemente indicato per le persone che soffrono di artrite e reumatismi.
Infine i legumi, che forniscono un elevato contenuto energetico, proteico e sono ricchi di carboidrati, in particolare gli amidi. Sono inoltre degli ottimi regolatori intestinali, grazie all’elevata presenza di fibre. L’ingrediente ideale per una bella zuppa fumante, un vero must della stagione fredda. In questo caso Melarossa consiglia: la zuppa di ceci.

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In collaborazione con Melarossa.it

19 set 2011





Scarpe Masai
Un milione di queste curiose calzature vengono vendute ogni anno.

L’idea delle scarpe basculanti, nate dall’empirica intuizione dell’ingegnere svizzero Karl Muller, sembra essere più una riuscita operazione di immagine e marketing, che una valida opzione terapeutica. Un milione di queste curiose calzature, vengono vendute ogni anno, in tutto il mondo a prezzi piuttosto elevati, con la promessa di migliorare la postura e l’appoggio plantare, con effetti benefici in chi soffre di mal di schiena, problemi di artrosi, circolazione venosa insufficiente e il miraggio di risolvere perfino problemi estetici come adiposità localizzate e cellulite. “Una vera palestra da calzare ai piedi” recitano le convincenti pubbilicità e gli articoli che ne esaltano le proprietà terapeutiche e profilattiche su dolori e disturbi dell’apparato locomotore. E’ sufficiente compiere una ricerca su Google, inserendo le parole chiave, scarpe, Masai, per trovare oltre diecimila documenti che condividono questi effetti terapeutici.

Tuttavia, se si compie una ricerca scientifica su PubMed, il motore di ricerca dedicato alle pubblicazioni medico-scientifiche, si scopre che dal 96’, anno in cui le scarpe basculanti sono state brevettate e immesse sul mercato, ad oggi, compaiono solo quattro lavori scientifici che indagano sui reali effetti clinici di queste curiose calzature. Nessuno di questi lavori si sbilancia in conclusioni positive e uno di questi, ritiene al contrario, che possano dare luogo ad in incremento significativo sulle pressioni che ricevono le teste metatarsali, con potenziale sviluppo di dolorose metatarsalgie. Il primo studio è del gennaio 2006 realizzato dalla facoltà di biomeccanica dell’università di Calgary, Albera, Canada, su otto soggetti sani e volontari. Gli studiosi hanno valutato le variazioni del centro di pressione e l’attività muscolare con un esame elettromiografico durante la stazione eretta e durante il passo. Conclusione: le scarpe cambiano il modo di camminare e attivare la muscolatura. Ma per sapere se le calzature Masai hanno effetti positivi sul sistema locomotore, sono necessarie ulteriori e più approfondite ricerche. Il secondo studio, compiuto dallo stesso gruppo di ricerca di Calgary ad ottobre 2006, su 123 soggetti con artrosi del ginocchio, conclude, che le scarpe Masai, potrebbero ridurre il dolore in caso di moderata artrosi del ginocchio dopo 12 settimane. Gli effetti sulle altre articolazioni tuttavia non sono stati indagati.

Una terza ricerca, compiuta nel gennaio2006, presso l’ospedale di Basilea, in Svizzera, su dodici soggetti sani, ha valutato il modo di camminare con un sistema di rilevazione 3D e la attività muscolare, con un simultaneo esame elettromiografico. Con scarpe Masai e scarpe tradizionali. I ricercatori svizzeri hanno concluso che le scarpe basculanti, cambiano il modo di camminare e in particolare hanno rilevato un incremento della dorsi-flessione della caviglia, ma ritengono che eventuali effetti clinici, se esistono, sono ancora da dimostrare. Infine l’ultimo lavoro scientifico sulle scarpe Masai è dell’aprile 2007. Firmato dai ricercatori del dipartimento di ortopedia dell’ospedale di Edimburgo, Regno Unito. I britannici hanno utilizzato una soletta infilata tra la pianta del piede e la scarpa, capace tramite sensori di elaborare una mappa delle pressioni del piede, durante la stazione eretta e la marcia.

Premesso che le scarpe e i plantari, secondo tutti gli studi precedenti, dovrebbero per salvaguardare la salute del piede sano, avere come risultato, una ridistribuzione delle pressioni del piede quanto più uniforme possibile, la scarpe Masai hanno al contrario mostrato un incremento del 76% sotto le dita del piede. In altre parole, il carico, sotto la pianta del piede, è trasferito dal tallone verso l’avampiede. Se questo trasferimento di carico potrebbe, in teoria, avere qualche effetto benefico su dolori centrati sotto il tallone, potrebbe, tuttavia, aggravare i sintomi di persone che già soffrono di metatarsalgie, di neuroma di Morton o di deformità a carico dell’alluce (se valgo o rigido) e a carico delle piccole dita (se a griffe o a matello). Ma non è escluso che un aumento delle pressioni sull’avampiede possa sviluppare disturbi al piede anche in soggetti sani.

La ricerca delle scarpe Masai invece si fonda sull’empirica osservazione personale dell’ingegnere svizzero, che ha osservato quanto elegante fosse la postura Masai e come questo popolo fosse praticamente immune da mal di schiena. Postura imputata, dallo stesso ingegnere, all’abitudine di camminare scalzi sul terreno sabbioso e soffice delle loro riserve. Di qui il brevetto delle scarpe basclanti, che dovrebbero riprodurre il modo i camminare scalzi dei Masai. Ma è davvero sabbioso e soffice il suolo africano? E la postura Masai non è forse l’effetto di una selezione genetica, che ha favorito nei popoli nomadi i portamenti biomeccanicamente più vantaggiosi per camminare a lungo e con minore sforzo? E poi, è stato accertato che i Masai non soffrono di mal di schiena? E casomai fosse vero, non è più probabile che sia da attribuire ad uno stile di vita molto sano e attivo e molto diverso da quello dei popoli industrializzati e sedentari?


Esiste tuttavia un fondamento scientifico: camminare scalzi, è più salutare che camminare con le calzature, perché il piede oltre ad essere un organo di moto è anche un organo di senso. La sua pelle, in pianta, è infatti dotata di recettori tattili come una mano e vengono attivati costantemente sia nella stazione eretta, che e soprattutto, durante la deambulazione. Quando il piede compie il passo, tocca a terra, da prima con il tallone, poi rolla verso la punta e infine appoggia tutta la pianta . In questa fase, la muscolatura intrinseca del piede, si rilascia completamente, in modo che la pianta si possa spianare sulla superficie di appoggio e prendere un più intimo contatto. E’ come se volesse tastare il terreno per potere impostare le giuste tensioni muscolari, nella successiva fase di leva a spinta del piede. Tanto più il terreno è irregolare e incoerente tanto più viene definito “informativo” Le superfici informative sono quelle più fisiologiche e vicine alle richieste funzionali del piede. Le suole interne delle scarpe per quanto soffici non sono in grado di riprodurre questo effetto naturale. Nè le calzature normali, nè fino ad oggi quelle Masai.

sbf

14 set 2011


09/09/2011 - i risultati di un sondaggio fotografano l'italiano del 2011L’italiano tipo? Si dà una mano con la “mentina dell’amore” ma è più casalingo

Le abitudini sessuali e di lifestyle fotografate da un sondaggio che sarà presentato in occasione della Giornata della salute sessuale - Foto: ©photoxpress.com/Dmitri MIkitenko
Per la Giornata della salute sessuale del 10 settembre un sondaggio fotografa la realtà dei maschi italiani che sono più casalinghi ma, a letto, non vogliono fare brutta figura
I maschi italiani si confessano in un sondaggio promosso dall'Istituto di sessuologia clinica in occasione della Giornata della salute sessuale che si terrà il 10 settembre a Roma.
La fotografia che ne è risultata vede gli uomini del 2011 più stressati, ma anche più casalinghi di un tempo. Ciò su cui però, pare non vogliano transigere, è fare bella figura sotto le lenzuola. In questo caso, se necessario, non disdegnano di ricorrere ad aiutini come la “mentina dell’amore”.
«Non vogliono sminuire la propria virilità davanti alla partner», commenta la professoressa Simonelli. E, difatti, il 38% ha usato farmaci, tra cui il Vardenafil.

Ma ecco quanto emerso, in cifre, dal sondaggio online condotto nell’agosto scorso, che ha coinvolto finora 750 persone (516 uomini e 232 donne) di differenti fasce d’età, intervistate sul tema della sessualità: dopo l’ufficio l’83% aiuta la compagna nelle faccende domestiche, ma poi non si riposa neanche sotto le lenzuola: solo il 3% lascia a lei l’iniziativa. Uno su 3 ha sofferto di disfunzioni sessuali e il 38% ha fatto ricorso almeno una volta ad aiuti farmacologici per non vedere sminuita la propria virilità, tuttavia solo il 4% delle partner è a conoscenza di questo pratica.
Praticità e discrezione (51%) sono le principali caratteristiche richieste a questa categoria di prodotti, tanto che il nuovo Vardenafil che si scioglie in bocca, la cosiddetta “mentina dell’amore”, conquista in Italia il primato di consumo in tutta Europa.

I risultati del sondaggio saranno presentati in vista della Giornata mondiale della salute sessuale, che si celebra a Roma il 10 settembre presso l’Istituto di Sessuologia Clinica sotto il patrocinio della FISS, la Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica e dell’EFS, l’European Federation of Sexology, presieduta da Chiara Simonelli.
«Il ruolo della salute sessuale è sempre più riconosciuto quale requisito essenziale per il benessere e lo sviluppo della persona – spiega la prof.ssa Simonelli, psicosessuologa della “Sapienza” di Roma – Il focus della giornata è sui giovani, perché crescono in questa fascia d’età i disagi sessuali: è importante creare una cultura e intervenire fin da subito per proporre soluzioni».
Il sondaggio, online nel sito www.ilritrattodellasalute.org è tuttora in corso e rappresenterà la base per la discussione durante l’evento nazionale del 10 settembre.

Ma uomini e donne, lo sappiamo, provengono da pianeti diversi e, come tali, sono differenti in molte cose; tra queste spiccano le differenze sessuali. Ecco quanto ancora emerso dal sondaggio: «Lo stress incide meno sulla sessualità femminile rispetto a quella maschile – commenta il prof. Salvatore Caruso, presidente della FISS –, solo il 31% ne soffre, proprio perché le donne hanno una maggiore capacità di gestirlo e un minore legame con la prestazione. Cercano un partner intraprendente (69%) mentre lui vuole una compagna rassicurante (69%). Credono inoltre di capire abbastanza bene l’universo maschile (87%) mentre per gli uomini ciò non vale (il 52% dice di comprenderle poco)».
In base ai dati raccolti dall’indagine i disturbi sessuali più diffusi sono: disfunzione erettile (34%), eiaculazione precoce (29%), calo del desiderio (28%), ansia da prestazione (24%) e incapacità di raggiungere l’orgasmo (22%). «Ma il 24% di chi ha risposto non chiede una visita per vergogna – aggiunge il prof. Vincenzo Gentile, direttore del Dipartimento di Urologia della “Sapienza” di Roma – ognuno tende a migliorare l’immagine di sé, soprattutto in campo sessuale e l’uomo non vuole sentirsi sminuito. Anche se il 55% ha parlato delle proprie difficoltà con la partner, in genere la scelta di assumere una medicina è personale, la discrezione è un valore molto importante nella scelta di questi farmaci: un uomo su due l’ha messa al primo posto, prima ancora della rapidità di azione (21%), mentre il 24% chiede di non essere messo in imbarazzo. E proprio questa caratteristica ha decretato il successo del nuovo Vardenafil orodispersibile disponibile in Italia da pochi mesi. I problemi erettili vanno affrontati in maniera diversa a seconda dell’età e tenendo presente anche il contesto sociale e familiare».

«Nel nostro sondaggio abbiamo voluto mettere a confronto tre diverse generazioni di maschi: il figlio, il padre, e il nonno – conclude Simonelli – Tre diverse età, una dentro l'altra come matrioske, che si assomigliano e si differenziano: ognuno ha un suo problema nel ciclo di vita». L’evento per la Giornata mondiale si focalizzerà in particolare sulla prevenzione con la creazione di gruppi di discussione formati soprattutto da giovani chiamati a riflettere e discutere liberamente sugli aspetti della sessualità che più li incuriosiscono e li preoccupano, sotto la supervisione di sessuologi esperti.

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Source: Intermedia - Ufficio stampa

Maschio e femmina, agli antipodi anche nell’orgasmo

L'orgasmo femminile non sarebbe un sottoprodotto di quello maschile, come creduto da tempo
Un recente studio ha tentato di svelare il mistero che avvolge l’orgasmo femminile e come questo si sia evoluto
Da circa quarant’anni a questa parte, biologi ed evoluzionisti si domandano, senza risposta, se l’orgasmo femminile si sia evoluto per fornire una “spinta” riproduttiva o, come postulato da qualcuno, sia soltanto un sottoprodotto dell’evoluzione dell’orgasmo maschile.

Oggi, ricercatori australiani e finlandesi delle rispettive Università del Queensland e Università di Turku, hanno ripreso in mano il quesito e hanno condotto un nuovo studio per tentare di svelare il mistero una volta per tutte.
E così, Brendan Zietsch, Pekka Santtila e Abo Akademi, per la loro ricerca hanno arruolato poco meno di 5.000 coppie di gemelli identici (o monozigoti), non identici e normali fratello e sorella. Partendo dal concetto che se l’orgasmo femminile è, per così dire, un sottoprodotto di quello maschile, i geni che sottendono alle funzioni orgasmiche dovrebbero fornire risposte simili. In particolare, si è voluto comprendere come e se ci fossero differenze tra i gemelli di sesso opposto. La funzione che dovrebbe poter fare condividere diverse somiglianze tra i gemelli il dottor Zietsch l’ha battezzata “orgasmability”

Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di compilare un questionario in cui si doveva riportare la facilità o meno a raggiungere l’orgasmo e la frequenza nelle donne; il tempo di arrivo al climax per gli uomini. Una volta raccolte le informazioni fornite, i ricercatori le hanno analizzate e hanno scoperto alcuni dati interessanti.
I gemelli identici dello stesso sesso presentavano una similitudine orgasmica, a differenza dei gemelli non identici o dei fratelli classici. Questo fattore confermerebbe precedenti ricerche in merito, suggerendo che vi possa essere una correlazione con l’influenza dei geni.
Tuttavia, contrariamente a queste aspettative, i ricercatori hanno infine scoperto che i gemelli di sesso opposto e i fratelli non presentavano alcuna correlazione nell’orgasmability.

«Ciò indica che i geni che influenzano la funzione orgasmica negli uomini non sono gli stessi di quelli delle donne», ha spiegato a New Scientist il dottor Zietsch, facendo intendere che l'orgasmo maschile e femminile si è evoluto attraverso diverse vie di genetica, e l’ipotesi che quello femminile sia un sottoprodotto di quello maschile sarebbe errata e, oggi, sarebbe come affermare che la donna sia nata da una costola dell’uomo… ma questa è un’altra storia.

Voce maschile profonda: per la donna è un parametro di scelta, e influisce sulla memoria

Le donne pare siano più sensibili alle voci maschili profonde :
Le donne pare siano propense a preferire partner con una voce profonda. Voce che, a sua volta, influisce anche sull’accuratezza della memoria
Nella scelta di un compagno per la vita, pare che il timbro di voce sia in alcuni casi determinante. Lo si valuta inconsciamente a causa del solito istinto di conservazione della specie che fa propendere le scelte verso “esemplari” con certi geni, dicono gli scienziati. E poi perché un timbro profondo si ricorda meglio, così come fa ricordare meglio situazioni o cose.

A ritenere che le donne siano portate a preferire un compagno dalla voce profonda sono i ricercatori dell’Università di Aberdeen nel Regno Unito, i quali hanno pubblicato i risultati del loro studio sulla versione online di Memory and Cognition, una rivista Springer.
Il dottor David Smith e colleghi hanno scoperto che le donne ricordano di più uomini con un timbro vocale basso, che non quelli con la voce squillante. Questo influisce anche sulla possibile scelta di vita. In più, dai test condotti, si è scoperto che anche la memoria delle donne è molto sensibile a questo tono di voce.

Durante lo studio, le donne partecipanti, hanno potuto ascoltare diversi toni di voce. Dai risultati è emerso che, dovendo operare delle scelte, le partecipanti andavano con la memoria alle voci ascoltate e quelle che ricordavano meglio erano proprio quelle con un tono più basso. Altresì, ricordavano meglio oggetti nominati sempre da queste voci profonde.
«I nostri risultati dimostrano che la memoria delle donne è migliorata con le voci di sesso maschile con tono inferiore, rispetto alle voci maschili meno attraenti a tono superiore. I nostri due esperimenti indicano per la prima volta che i segnali dal sesso opposto sono importanti per la scelta del compagno, e influiscono anche sulla precisione della memoria delle donne», ha concluso Smith.

I single, o chi è comunque in cerca di una compagna, è avvisato: da domani, respirazione diaframmatica e tono di voce più basso. Volendo, si può anche frequentare un corso di dizione o canto (per diventare tenori).
[lm&sdp]

5 set 2011


Medicina, Donna
02/09/2011 - correlazione tra massa corporea e sintomi della menopausaDonne “in carne” hanno meno vampate di calore

Le donne più in carne pare soffrano meno di vampate di calore - Foto: ©photoxpress.com/GYNEX
Le donne più grassottelle soffrirebbero meno di vampate di calore, altresì caldane. Lo studio
Essere magre è un bene per molti versi: fa bene al cuore, a ossa e articolazioni, al metabolismo in genere e via discorrendo… Ma, a quanto sembra, non mette al riparo dalle fastidiose vampate di calore che colpiscono le donne in postmenopausa. Al contrario, chi è in sovrappeso ne beneficerebbe. Questo, almeno, secondo un nuovo studio pubblicato su The Endocrine Society Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism (JCEM).

Se da tempo si riteneva che durante il climaterio – o periodo di perimenopausa che si verifica in media nelle donne tra i 42 e i 54 anni – le più soggette alle vampate di calore fossero le donne in sovrappeso, un nuovo studio suggerisce che, invece, quando la donna raggiunge il periodo di postmenopausa la situazione si inverte: la donne in sovrappeso accusano meno vampate di calore che non la controparte magra.

La dottoressa Rebecca Thurston, e colleghi dell’Università di Pittsburgh (Usa), hanno scoperto che vi è una correlazione tra le caldane e la dimensione della massa corporea. E per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno reclutato 52 donne che avevano riportato episodi ricorrenti di vampate di calore, ma che non avevano seguito delle cure specifiche.
Le partecipanti allo studio sono state suddivise in base alla percentuale di grasso corporeo, circonferenza della vita e misura del BMI (indice di massa corporea). Dopo di che sono state misurate le vampate di calore mediante l’uso di un monitor per mezzo di misurazione della conduttività cutanea. Allo stesso tempo, le donne dovevano riportare in un diario la frequenza e l’intensità delle vampate di calore di cui erano oggetto durante la giornata.

«Lo studio fornisce una comprensione più sfumata della relazione tra dimensione corporea e vampate di calore, sottolineando l'importante ruolo dell’età – spiega la dottoressa Thurston – I nostri risultati mostrano che i benefici dei livelli più elevati di grassi nel caso delle vampate di calore non si vede fino a quando una donna non ha circa 60 anni».
Le donne partecipanti allo studio erano appartenenti a diverse razze e, dai dati acquisiti, si è scoperto che quelle con l’associazione peso/vampate di calore più pronunciata erano le donne di razza caucasica (come noi europei). «[…] Questo studio sottolinea l’importanza di considerare come età e razza possono modificare la relazione tra obesità e vampate di calore», conclude Thurston.
Meno vampate di calore, dunque, per le donne in sovrappeso dopo i 60 anni. Tuttavia, forse è meglio sopportare un po’ di caldane in più che non esporsi a tutti i rischi per la salute – e la vita – che comportano il sovrappeso o l’obesità.
[lm&sdp]