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27 mag 2012

studio dell'Agenzia di sicurezza sanitaria alimentazione, ambiente e lavoro Francia: allarme per diete pericolose Rischi per eccesso di proteine o lipidi e carenza di fibre o vitamine. Nel 95% dei casi si riprende peso subito dopo
(Corbis) MILANO - È allarme diete dimagranti in Francia dove uno studio dell'Agenzia di sicurezza sanitaria alimentazione, ambiente e lavoro ("Valutazione dei rischi legati alle pratiche alimentari dimagranti") denuncia i rischi sulla salute legati all'eccesso di proteine e agli squilibri nutrizionali. L'Agenzia ha passato al setaccio una quindicina di diete alimentari tra le più seguite, come la Atkins, la Dukan, la Montignac, la californiana, Weight Watchers. Tutte, secondo gli esperti francesi, comportano uno squilibrio importante a livello nutrizionale nelle vitamine, nei minerali e nei macronutrienti (lipidi, glucidi e proteine). Secondo l'Anses in oltre l'80% delle diete l'assunzione di proteine è superiore all'apporto consigliato, fino agli eccessi del noto "regime Dukan", molto in voga in Francia. Altre diete, invece, sottolineano gli esperti, propongono un apporto eccessivo di lipidi. L'assunzione di fibre, invece, in tre diete su quattro è inferiore alle quantità consigliate dai dietologici, soprattutto nelle prime settimane di dieta. Deboli sono spesso gli apporti in calcio, vitamine C e D, e in ferro, soprattutto per le donne. I RISCHI - I rischi per la salute sono legati in particolare all'eccesso di proteine o di lipidi o alla carenza di vitamine e fibre e nel 95% dei casi si riprende peso subito dopo. Inoltre si rischia di sviluppare disturbi nel comportamento alimentare. Le restrizioni ripetute possono provocare l'osteoporosi e fratture alle ossa. Nelle giovani, problemi all'ovulazione. L'Anses mette al bando anche le diete per i bambini, che possono disturbare la crescita normale, e alle quale si ricorre per una "drammatizzazione" dell'obesità infantile che impone restrizioni alimentari non giustificate. Le diete più a rischio, sostengono gli studiosi, sono quelle povere di glucidi, come l'Atkins o la stessa Dukan. Queste possono accrescere i rischi di malattie cardiovascolari e di certi tipi di tumore, anche se - precisa l'Anses - il legame di causa ed effetto non è stato ancora accertato. La morale è che bisogna mangiare tutto e in modo equilibrato. E che, in caso di sovrappeso, invece di lanciarsi in un regime drastico e talvolta inefficace, oltre che deprimente, meglio rivolgersi a uno specialista e farsi consigliare un'alimentazione su misura, adatto al proprio stile di vita. Ecco dunque le diete sotto accusa: DIETA DEL DOTTOR ATKINS: è una dieta bassa in glucidi, iperlipidica e ipocalorica. L'assenza di fibre (apporto 10 volte inferiore al fabbisogno) può sviluppare tumori al colon. Debole anche l'apporto di ferro, calcio e magnesio, mentre si assumono troppo sodio e troppe proteine (il doppio rispetto alla norma). Ci possono essere effetti «probabili» su reni e fegato e conseguenze sul sistema cardiovascolare (non accertate). REGIME DEL DOTTOR DUKAN: è una dieta iperproteica (apporto almeno 3 volte superiore al normale) e ipocalorica (nella prima fase). L'eccesso di sodio comporta un aumento della pressione arteriosa e il rischio di malattie cardiovascolari. Effetti probabili sui reni, rischi di tumori al colon e aterotrombosi. DIETA DEL DOTTOR FRICKER: iperproteica (apporto doppio alla normale) e ipocalorica. Carenza di ferro, calcio e vitamina C nella fase 3. DIETA MONTIGNAC: assunzione di "glucidi cattivi" per due mesi (es. pane bianco). Carenza di ferro per le donne, di fibre, di calcio, di magnesio e vitamine D. DIETA DISINTOSSICANTE AL LIMONE (Lemon detox): a base di limone e sciroppo di acero. Dieta iperglucidica e estremamente ipocalorica (solo 574 kcal al giorno contro le 1.800 consigliate per le donne e le 2.200 per gli uomini). Carenze in ferro, calcio, sodio, lipidi e proteine. I rischi sulla salute sono di diversi tipi. (Fonte: Ansa)

14 mag 2012

Intestino a posto per combattere le infezioni estive

Intestino a posto per combattere le infezioni estive Il pericolo di infezioni batteriche da patogeni come l'E coli si può combattere agendo sui batteri buoni dell'intestino + Salviamo le nostre vacanze proteggendo l’intestino La flora batterica intestinale “buona” è uno dei mezzi più efficaci per contrastare le infezioni batteriche, potenzialmente letali, come quella del famigerato Escherichia Coli salito alla ribalta delle cronache lo scorso anno Ricordate il “batterio killer”? Quello divenuto tristemente famoso lo scorso anno e che ha tenuto banco nelle notizie per un bel po’ di mesi? Era il famigerato E. coli, un batterio che si annida nella carne, nell’acqua contaminata, nel latte e così via. Il miglior modo per difendersi è ovviamente evitare il contatto con cibi contaminati, tuttavia a volte può capitare di assumerli senza saperlo. In questo caso si rischia di contrarre l’infezione che può avere conseguenze anche gravi. Esiste però un altro modo per prevenire l’infezione senza dover per forza analizzare tutto il cibo che si assume e, di questo modo, ce ne parlano i ricercatori statunitensi dell’Università del Michigan - Health System. Secondo gli autori dello studio, infatti, un intestino a posto con tutti i suoi batteri buoni in efficienza può aiutarci a fermare le possibili infezioni. La possibilità che un batterio invasore possa avere la meglio su di noi è determinata da una questione genetica, fanno notare gli scienziati. Tuttavia, la flora batterica intestinale efficiente potrebbe essere in grado di intervenire prima che i batteri invasori abbiano il tempo di riprodursi e attecchire. «Più di 1.000 specie di batteri vivono nel nostro intestino, in una popolazione simbiotica chiamata il microbiota – spiega l’autore principale dello studio Gabriel Nunez a Science – Questi risultati dimostrano che questi, chiamati anche batteri commensali, competono con i batteri patogeni in un modo in precedenza non compreso, e che gli agenti patogeni utilizzano un set specifico di geni per competere con i commensali prima di lasciare temporaneamente il corpo. Capire questo ci offre i potenziali obiettivi per la prevenzione e il trattamento». In questo studio, per esempio, si comprende come i batteri nocivi competono con i nostri batteri commensali per ottenere certe sostanze nutritive di cui necessitano per sopravvivere. Il suggerimento è che rimuovendo alcuni elementi nutritivi e, per contro, stimolarne altri potrebbe essere d’aiuto nel combattere l’infezione. Questo fattore potrebbe altresì favorire un uso più mirato degli antibiotici nella lotta alle infezioni da E. coli, nel caso che queste si siano sviluppate, concludono gli autori. [lm&sdp]

La paura dei ragni si può vincere

Paura dei ragni: si può vincere La paura dei ragni si potrebbe superare grazie alle tecnologie moderne come la realtà aumentata La cosiddetta aracnofobia, ossia la paura dei ragni e consimili è più diffusa di quello che si può pensare. In particolare, i ragni sono i popolatori degli incubi di molte donne – ma non disdegnano neanche gli uomini. Ora, per tutti coloro che tremano di paura o ribrezzo al solo pensiero di vedere otto, pelose, zampette transitare nei paraggi, i ricercatori del Canterbury University's human interface technology laboratory (Hit Lab) hanno ideato un metodo basato sulla “realtà aumentata” che permetterebbe di superare questa paura. La tecnica è stata denominata “Virtual spider technology” e permette di sperimentare un approccio in tutta sicurezza con un aracnide – quello oggetto della propria paura: che sia un ragno, uno scorpione o altro essere appartenente alla specie. Per mezzo della realtà aumentata si possono proiettare dei ragni “virtuali”, ma eccezionalmente reali, con cui si può interagire. Per esempio, si può vedere camminare sul proprio tavolo un ragno e “toccarlo” senza essere a rischio. Oppure lo si può tranquillamente lasciar gironzolare sulla propria scrivania e passare tra un libro e l’altro, il porta penne e via discorrendo, in modo da familiarizzare con la sua presenza. Imparando a conoscerlo meglio e osservandone comunque la perfezione e le caratteristiche di natura si può superare la paura che, spesso, deriva proprio da una non conoscenza. La “Virtual spider technology” utilizza la tecnologia Microsoft Kinect camera. Al momento la tecnica è in fase di sviluppo e migliorie in quanto è stata testata unicamente mediante la visualizzazione su uno schermo di computer; il prossimo passo è quello di poterne usufruire utilizzando degli appositi occhiali in grado di restituire un effetto decisamente realistico. «Altri ricercatori hanno sovrapposto ragni virtuali su un ambiente reale, ma non vi era alcuna interazione – spiega il coautore dello studio, dottor Andreas Duenser a Stuff.co.nz – Noi siamo in grado di rendercelo molto più realistico e interattivo e potenzialmente più efficace ai fini del trattamento ». Il concetto di base, da cui sono partiti i ricercatori è proprio quello su cui si basano molte terapie per combattere le fobie: ossia esporre gradualmente le persone alle paure di cui soffrono o all’oggetto della paura, in modo che la conoscenza e lo sperimentare determinate situazioni favorisca il superamento della paura stessa. Le fobie possono essere molto invalidanti per le persone che ne soffrono, spiegano gli autori dello studio. Ci sono tuttavia stati importanti riscontri dall’utilizzo di applicazioni di realtà virtuale nel trattamento delle fobie. Realtà virtuali che hanno creato ambienti completamente virtuali immersivi, fa notare Duenser, hanno avuto successo nel trattamento di condizioni come lo stress post-traumatico nei veterani di guerra. A questo proposito l’Hit Lab prevede di sviluppare una realtà virtuale basata su un simulatore di terremoto al fine di trattare i disturbi da stress post-traumatico indotti da situazioni destabilizzanti come l’esperienza di un terremoto. In ogni modo, aspettiamo i ragni virtuali per adottarne uno… [lm&sdp]

La meditazione fa bene alla salute

Stare bene: nuove conferme scientifiche sull’efficacia della meditazione Ancora una volta è stato dimostrato scientificamente che la meditazione fa bene + Più meditazione, meno stress La meditazione è stata ancora una volta correlata a un migliore stato di benessere, salute fisica e mentale. Lo studio Le persone che praticano la meditazione stanno bene: sia in salute fisica che mentale. Ma soprattutto meglio di chi non la pratica. Ecco quanto emerge chiaro in un nuovo studio condotto dall’Università di Sydney. Sebbene l’area che ha mostrato maggiori e significative differenze nella promozione della salute fosse quella mentale, coloro che praticano la meditazione da almeno due anni sono stati trovati essere più in salute del 10 percento, rispetto al resto della popolazione generale. Questo è uno dei vantaggi evidenziati nell’articolo riportante i risultati dello studio pubblicato su Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine (eCAM). «Abbiamo scoperto che il profilo di salute e benessere delle persone che avevano meditato per almeno due anni era significativamente più alto nella maggior parte delle categorie salute e benessere rispetto alla popolazione australiana – spiega nel comunicato US il dottor Ramesh Manocha, psichiatra e principale autore dello studio – La parte maggiormente marcata è stata una forte correlazione tra la frequenza dello sperimentare il silenzio mentale e una migliore salute mentale. Questa definizione si basa su quella che è la forma di meditazione praticata per secoli». Il professor Manocha, insieme ai colleghi Deborah Black e Leigh Wilson della Faculty of Health Sciences, ha basato lo studio sui dati inerenti alla salute della popolazione ricavati dal federal government's National Health and Wellbeing Survey. Per raffrontare ed esaminare gli effetti della meditazione, i ricercatori hanno coinvolto più di 350 persone provenienti da tutta l’Australia che avessero meditato per almeno due anni. «Ci siamo concentrati sulla definizione di meditazione come quale silenzio mentale – aggiunge Manocha – e intervistato gli esercitanti la meditazione Sahaja Yoga che praticano una forma di meditazione finalizzata al raggiungimento di questo stato, piuttosto che il rilassamento o la mindfulness, metodi che di solito sono oggetto di altre forme [di meditazione]». Ai partecipanti, i ricercatori hanno domandato quante volte avessero sperimentato il “silenzio mentale”, almeno per qualche minuto. Alla domanda, i meditatori hanno risposto che nel 52 percento dei casi hanno sperimentato il silenzio mentale per più volte al giorno; il 32 percento dei partecipanti invece ha dichiarato di averlo sperimentato da una a due volte al giorno. «La nostra analisi ha mostrato rapporto molto piccolo su tutti tra la frequenza con cui la persona che meditava standosene fisicamente seduta e i punteggi di salute mentale. Tuttavia, il rapporto era chiaramente in relazione a quanto spesso essi hanno sperimentato lo stato di silenzio mentale – sottolinea Manocha – Il vantaggio per la salute sembra essere collegato a questo aspetto più di ogni altra caratteristica dello stile di vita meditativo. In altre parole, la qualità rispetto alla quantità». Ecco dunque che non basta sedersi per “meditare” o atteggiarsi a tal guisa, ma è l’effettiva capacità di raggiungere il silenzio mentale – a mettere a tacere la cosiddetta “mente scimmia”, che non sta mai ferma. «Mentre ci aspettavamo che ci sarebbero state alcune differenze tra i meditatori e la popolazione in generale non ci aspettavamo che i risultati fossero così pronunciati – continua il professor Manocha – Abbiamo ripetuto componenti di grandi dimensioni del sondaggio più volte per confermare i nostri risultati e abbiamo ottenuto gli stessi risultati». «Questo è uno dei primi studi a valutare gli impatti a lungo termine della meditazione sulla salute e il benessere. Quando prendiamo l’evidenza di questo studio, insieme ai risultati di nostri altri studi clinici, creano forti presupposti per l’uso della meditazione come una strategia di prevenzione primaria, soprattutto in salute mentale», conclude Manocha. Che dire di altro?

7 mag 2012

Dalle api, la nuova arma contro i tumori

Dalle api, la nuova arma contro i tumori Dalle api, la propoli: una sostanza che si è rivelata utile nella lotta ai tumori Dalla propoli, un principio attivo in grado di fermare la crescita del tumore. Lo studio La propoli è una sostanza resinosa elaborata dalle api che serve per isolare e proteggere l’alveare. Ha proprietà sfruttate da secoli in medicina popolare contro i malanni della stagione fredda come raffreddori, mal di gola, o allergie e altri disturbi. Oggi, però, la propoli è stata oggetto di uno studio che la eleva al rango di rimedio antitumorale. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Cancer Prevention Research e riportano gli effetti dell’estratto di propoli a base di estere feniletilico dell’acido caffeico (o CAPE) sul cancro della prostata in modelli animali. I ricercatori, guidati da Richard B. Jones, assistente professore al Ben May Department for Cancer Research e l’Institute for Genomics and Systems Biology, hanno così scoperto che trattando i topi con il CAPE, il tumore alla prostata si riduce. «Se si alimentano giornalmente i topi con il CAPE, i loro tumori smetteranno di crescere. Dopo parecchie settimane, se si interrompe il trattamento, il tumore inizia a crescere di nuovo al suo ritmo originale – spiega Jones – Così non si uccide il cancro, ma fondamentalmente si potrà bloccare a tempo indeterminato la proliferazione del cancro alla prostata». Il test è durato 6 settimane, e ha mostrato che nei topi con cancro della prostata umano vedevano ridurre il tasso di crescita del volume del tumore della metà. Tuttavia, come accennato, quando il trattamento con il CAPE è stato interrotto la crescita del tumore è ripresa alla velocità iniziale. In questo, i ricercatori vedono un’attività in grado di bloccare la divisione cellulare, piuttosto che un’azione atta a uccidere le cellule cancerose. Da qui, la possibilità di tenere a bada la crescita del tumore in modo da poterlo trattare con le cure tradizionali e avere maggiori probabilità di successo. «Pare che il CAPE interrompa sostanzialmente la capacità delle cellule tumorali di avvertire che c’è del possibile nutrimento [per loro] – fa notare Jones – Si fermano tutte le segnature molecolari che suggerirebbero che questo nutrimento c’è, così le cellule non hanno più una risposta proliferativa alla nutrizione». In sostanza le cellule non crescono perché ritengono manchi a esse il nutrimento necessario. Ecco dunque un altro rimedio naturale che potrebbe trovare il suo spazio nell’essere di complemento, molto utile, nella cura dei tumori.