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1 mar 2011
Quando la paura di muoversi
diventa una vera malattia
Tradotta in italiano un scala per la misurazione della kinesiophobia, la paura del movimento legata al dolore
MILANO - Ansia, paura di non guarire, paura di uscire di casa, di muoversi e di cadere sono vissuti che spesso complicano (ulteriormente) la vita di chi è affetto da qualche forma di dolore cronico. La situazione che si viene a creare in questo caso può, paradossalmente, portare a un aggravamento della situazione di partenza. Non sono quindi da sottovalutare frasi come «Per una persona nelle mie condizioni non è salutare svolgere attività fisica», «Non avrei così tanto dolore se non ci fosse in me qualcosa di pericoloso» quando sono pronunciare, per esempio, da chi convive con un dolore persistente.
L'esercizio è una vera cura per la mente
Ecco come ci si blocca da soli
IL TEST - La buona notizia è che oggi è più facile "scovare" i segnali psicologici che possono influenzare negativamente la ripresa della vita attiva in caso, per esempio, di mal di schiena cronico, ma anche in seguito a una caduta o ad altri problemi e muscoloscheletrici. Ricercatori italiani della Fondazione Maugeri hanno, infatti, tradotto e adattato per l'italiano un scala (IL TEST) per la misurazione della kinesiophobia, cioè la paura del movimento legata al dolore, e con uno studio mirato, pubblicato sulla rivista Spine, ne hanno dimostrato la validità. «Nella nostra ricerca abbiamo coinvolto 178 pazienti fra i 25 e gli 87 anni, con dolore alla schiena persistente ai quali abbiamo chiesto di compilare la scala per la kinesiophobia - spiega Marco Monticone, responsabile dell'U.O. di Riabilitazione Neuromotoria dell'Istituto Scientifico di Lissone (Milano) della Fondazione Maugeri -. I dati che abbiamo raccolto confermano che anche la versione in italiano di questa scala può quantificare oggettivamente le principali sfumature secondarie alla paura del movimento legata al dolore muscolare o osseo».
UMORE - «L'utilizzo della scala agevola il compito del medico nell'inquadrare il paziente nella sua globalità - continua Monticone -. La paura della sofferenza è un'esperienza emotiva del tutto soggettiva che condiziona e modifica i comportamenti e spesso rende il paziente inabile fisicamente ed emotivamente. Chi soffre di dolori persistenti, infatti, sviluppa spesso disfunzioni del movimento dovute direttamente al dolore (rigidità, debolezza muscolare, alterazioni della postura e della deambulazione), ma può anche sviluppare alterazioni dell'umore e del comportamento, causate dal dolore, che implicano forti condizionamenti della vita quotidiana. Identificare precocemente i comportamenti legati al dolore può quindi aiutare non solo a individuare le strategie più adatte per la cura, ma anche le indicazioni comportamentali (per esempio le posture da tenere, l'attività fisica che può essere praticata) più utili nel singolo caso».
Antonella Sparvoli
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