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14 apr 2012


- sostanze chimiche contenute in cosmetici, ambiente, contenitori per alimentiAttenzione agli ftalati, possono portare al diabete

anche minima agli ftalati presenti nei cosmetici e materie plastiche in genere fa aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Il rischio aumenta con l’aumentare dell’età. Lo studio
Anche se i livelli di ftalati assorbiti e presenti nel sangue sono minimi si rischia di sviluppare il diabete di tipo 2, avverte un nuovo studio pubblicato su Diabetes Care. E il rischio aumenta con l’avanzare dell’età.

Gli ftalati sono sostanze chimiche assai diffuse. Ma per capire meglio riprendiamo quanto riportato sul sito web a essi dedicato – e a disposizione per chi vuole approfondire – del Centro Italiano d’Informazione sugli Ftalati all’indirizzo ftalati.info.
“Gli ftalati sono sostanze chimiche organiche prodotte dal petrolio e sono i plastificanti più comuni al mondo. Sono una famiglia di sostanze chimiche usate da oltre 50 anni, principalmente per rendere morbido e flessibile il cloruro di polivinile (PVC). Benché i vari tipi utilizzati oggi abbiano delle similitudini strutturali, ognuno ha prestazioni diverse. Gli ftalati hanno l’aspetto di un olio vegetale chiaro e hanno poco o nessun odore”.
“Non tutti gli ftalati sono utilizzati come plastificanti per il PVC. Alcuni di essi impediscono allo smalto per unghie di sfaldarsi, consentono al profumo di durare più a lungo o rendono più forti e più resistenti alla rottura le impugnature degli attrezzi. Altri aiutano gli adesivi, i sigillanti, i pigmenti delle vernici e molti altri materiali a svolgere meglio la propria funzione”.

Ecco che, come avrete letto, queste sostanze si utilizzano anche in cosmesi e nella produzione di oggetti di uso comune, per cui è facile venirne a contatto e, in qualche modo, assorbirli. Difatti, come evidenziato dallo studio di cui andiamo a trattare, sono stati regolarmente rinvenuti nel sangue delle persone.
Sono i ricercatori svedesi dell’Università di Uppsala ad aver condotto un’analisi revisionale in cui sono state coinvolte oltre 1.000 persone, di ambo i sessi, e di età compresa tra i 70 anni e oltre. I partecipanti facevano parte di un ampio studio detto PIVUS (Prospective Investigation of the Vasculature in Uppsala Seniors).

La dottoressa Monica Lind, professore associato di medicina ambientale presso la Sezione di Medicina del Lavoro e Ambientale dell’Università di Uppsala, insieme al professore di medicina Lars Lind, ha condotto una serie di esami e test che prevedevano l’analisi della glicemia a digiuno e i livelli di insulina. Poi, i campioni di sangue prelevati sono stati sottoposti all’analisi per rintracciare le varie tossine ambientali, comprese le sostanze che si formano quando il corpo entra in contatto con gli ftalati.

Sebbene, le analisi abbiamo mostrato che il diabete era più comune tra i partecipanti che erano in sovrappeso e avevano alti livelli di lipidi nel sangue, i ricercatori hanno scoperto una connessione tra i livelli ematici di alcuni ftalati e una maggiore prevalenza di diabete di tipo 2. I risultati si sono mostrati anche dopo l’aggiustamento dei fattori confondenti come l’obesità, i grassi nel sangue, il vizio del fumo e l’esercizio fisico.
Dai dati raccolti l’impatto degli ftalati si è mostrato dunque evidente, anche se i ricercatori ci vanno cauti. E le persone che mostravano elevati livelli di queste sostanze chimiche nel sangue avevano circa il doppio il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, rispetto a coloro che avevano livelli più bassi. Infine, alcuni ftalati sono stati collegati a un’interruzione nella produzione di insulina da parte del pancreas.

«Nonostante i nostri risultati devono essere confermati da altri studi, supportano l’ipotesi che alcune sostanze chimiche ambientali possono contribuire allo sviluppo del diabete – precisa la dottoressa Lind nel comunicato UU – Tuttavia, per scoprire se gli ftalati sono veramente fattori di rischio per il diabete, sono necessari ulteriori studi che mostrano associazioni analoghe. Oggi, oltre il presente studio, c’è solo un piccolo studio su donne messicane. Ma studi sperimentali su animali e cellule sono anche necessari per osservare quali meccanismi biologici sono alla base di queste connessioni».
Nel frattempo, e a scanso di equivoci, se possiamo evitare il contatto con queste sostanze è senz’altro meglio.
[lm&sdp]

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