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Benvenuti in PARLIAMO DI SALUTE

Vogliamo informare per orientare nel campo della salute e del benessere della persona. Ponete domande,vi daremo risposte attraverso l'esperienza degli esperti.



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Sarà affrontato anche il campo delle medicine alternative e della psicoanalisi.



Pubblicheremo inoltre interessanti articoli di storia della medicina.

30 giu 2010


Aromaterapia Per I Cani

 

Molti credono che l’aromaterapia venga utilizzata solo per curare le persone, invece è possibile utilizzarla anche per curare molte delle problematiche che affliggono i nostri fidati cani.

L’aromaterapia (se usata correttamente) può contribuire a migliorare molti disturbi che danno fastidio ai nostri amici canini, e sicuramente contribuirà a migliorare il loro stato d’animo. Nel cane il senso dell’odore è fino a un migliaio di volte più potente del nostro, infatti propio per questa ragione le miscele aromaterapiche per il cane devono essere diluite. Le miscele per i cani dovrebbero essere circa un 1/3 del dosaggio di un adulto.

Ecco alcuni disturbi comuni che gli oli essenziali possono curare:

Problemi della pelle.
I problemi della pelle sono i più comuni nei cani. Allergie, dermatite, excema, e molti altri; oltre l’80% dei canini ha problemi di pelle!

Gli oli essenziali contribuiscono a lenire e a guarire la pelle del vostro cane.

La camomilla è molto dolce e aiuta a ridurre la secchezza, prurito, e la sensibilità della pelle infiammata irritato. La lavanda è un olio molto delicato che calma e lenisce la pelle. Cedro è famosa per la cura dei capelli e del cuoio capelluto. Ha la capacità di normalizzare sia oleoso e asciutta la pelle e capelli.

Ansia e iperattività
Proprio come i nostri figli, i nostri cani possono essere sovraeccitatu. Essi possono provare anche sentimenti di paura, rabbia, nervosismo e stress. I seguenti oli aiutano a calmare la mente e il corpo del cane.
Salvia sclarea è meravigliosa per calmare i nervi e bilanciare le emozioni. Si riduce l’ansia, la paura, e sentimenti di panico. La lavanda rafforza il sistema nervoso, rilassa la mente, e può ridurre l’iperattività.

Pulci e zecche.
Pulci e zecche possono causare un sacco di disagi per i nostri animali domestici e possono infestare le nostre case. Ma essi possono essere controllati attraverso una buona alimentazione e l’uso di oli essenziali. I seguenti oli aiutano a mantenere questi fastidiosi (e anche pericolosi) parassiti lontano dal vostro animale domestico e fuori dalla tua casa! La limoncella è un’alternativa alla citronella ed è estremamente efficace nel respingere tutti i tipi di insetti. I pompelmi respingono gli insetti e soprattutto le pulci. Il limone è un grande pulci repellente. La menta peperita è meravigliosa per respingere mosche, pulci, zanzare e formiche.

Artrite e indolenzimento muscolare.
Migliaia di canini soffrono di artrite e indolenzimento muscolare. Il tuo cane  vecchio o giovane che sia può beneficiare di un piacevole massaggio. Il massaggio è un ottimo modo per interagire con il tuo cane e aiuta a costruire un duraturo legame! Ecco una ricetta per il massaggio di olio che può contribuire a lenire il mal di muscoli e l’infiammazione alle articolazioni.
1 30 grammi di olio alle mandorle dolci o olio di girasole
5 gocce camomilla
4 gocce di lavanda
3 gocce di pepe nero

Massaggiare direttamente sull’articololazione infiammata o/e su muscoli irrigiditi. Conservare in luogo fresco e buio o in frigorifero.


 

 

29 giu 2010


TIROIDE E NODULI: O.K. I MININTERVENTI


 

Parla l'endocrinologo livornese Daniele, Barbaro. Una svolta nel trattamento medico e chirurgico


 


 


 

LIVORNO - I noduli tiroidei sono presenti clinicamente, cioè visibili e/o palpabili, in circa il 4-5% della popolazione nelle aree a sufficiente apporto iodico, ma va considerato che in molti paesi, anche ove è stata introdotto la profilassi iodica - spiega Daniele Barbaro, responsabile dell' Unità Operativa di Endocrinologia all'Azienda Sanitaria Locale di Livorno - l'introito iodico può essere ai limiti bassi o addirittura non sufficiente.


 

Inoltre - aggiunge- ormai l'eco del collo è eseguita frequentemente per i più disparati motivi e dunque la prevalenza dei noduli globalmente considerata, clinica ed ecografica, può arrivare al 20-30% come mostrano varie casistiche.


 

Nel caso venga evidenziato un nodulo tiroideo – aggiunge -un semplice dosaggio del TSH ci mostrerà la funzione tiroidea e solo in caso di un valore basso, in circa l' 1-2% dei casi, potrà essere indicata una scintigrafia per confermare un nodulo iperfunzionante. Nella grande maggioranza dei casi il TSH sarà normale e l'agoaspirato rappresenta l'esame elettivo per la diagnosi di natura dei noduli tiroidei. La prevalenza di malignità nei noduli tiroidei dipende dai criteri di selezione clinici ed ecografici con cui si esegue il FNA ed in media varia dal 4 al 8% dei noduli. Nei casi di malignità accertata l'intervento chirurgico è mandatorio così come un'altra piccola parte potrà avere comunque un 'indicazione chirurgica per una citologia dubbia od indeterminata, comunque nella maggioranza dei casi i noduli tiroidei saranno di gestione medica.


 

Consensus internazionali, tra cui quella dell'American Association of Clinical Endocrinologists – sono sempre sue parole - indicano ormai che la terapia soppressiva con L-Tiroxina non debba essere assolutamente considerata di routine e dunque, per lo più, i noduli potranno essere solo seguiti nel tempo raccomandando la profilassi iodica. Restano poi tutta una serie di situazioni di più difficile gestione quali: i noduli di grosse dimensioni con indicazione chirurgica, ma in soggetti che non vogliono o non possono essere sottoposti ad intervento; i noduli non particolarmente grossi, ma che producono disagio estetico;i noduli iperfunzionanti in cui il trattamento con radioiodio o chirurgico non è ben accetto o controindicato oppure noduli iperfunzionanti con TSH appena basso. Sono queste le indicazioni classiche dei trattamenti mininterventistici.


 

Con questo termine – precisa Barbaro -si intendono classicamente alcune procedure scarsamente invasive. Tra esse rientrano a buon diritto l'alcoolizzazione e la termoablazione laser per cutanea, in quanto sono procedure che non richiedono neppure anestesia locale. Più recentemente è stata introdotta nella pratica clinica anche la radiofrequenza e l'HIFU (high frequency ultrasonography), ma per queste ultime l'esperienza è ancora abbastanza scarsa ed inoltre vi è necessità di anestesia e/o sedazione.


 

L'alcoolizzazione dei noduli tiroidei è stata introdotta nella pratica clinica da molti anni e poi abbandonata – ricorda l'endocrinologo livornese - in quanto ritenuta poco efficace e talora , seppur raramente, gravata da importanti effetti collaterali e complicazioni legati alla diffusione dell'etanolo nei tessuti circostanti. Queste, in realtà, erano sostanzialmente dovute a scarsa esperienza e/o ai trattamenti eseguiti senza guida ecografica e dunque vanno considerate come assolutamente eccezionali. L'efficacia dell'alcoolizzazione è in ogni modo scarsa sui noduli completamente solidi e dunque, per questi, è da considerarsi sostanzialmente abbandonata. Viceversa l'alcoolizzazione rappresenta un mezzo eccezionalmente utile, semplice e a basso costo per il trattamento dei noduli cistici.


 

I noduli cistici hanno infatti i presupposti perchè l'alcoolizzazione possa essere particolarmente efficace. La cavità liquida viene svuotata ed iniettato alcool in misura pari al 30-50% del volume evacuato. La presenza di una parete impedisce che l'alcool si diluisca nei tessuti e dunque rende virtualmente impossibili i problemi di necrosi di strutture contigue alla tiroide, che si erano talora verificati per i noduli solidi. Inoltre, la prolungata persistenza dell'alcool è garanzia di efficacia. Nella nostra esperienza – così sottolinea - l'alcoolizzazione si è dimostrata un mezzo di eccezionale utilità per il trattamento dei noduli cistici o con componente cistica anche di grosse dimensioni.


 

Il trattamento percutaneo con laser è, in campo tiroideo ,di relativa recente applicazione. La metodica consiste nell'introduzione all'interno del nodulo di aghi (21 G da spinale) in un numero da 1 a 4 in base alle dimensioni del nodulo, all'interno dell'ago vengono poi introdotte fibre ottiche attraverso la quale viene prodotta l'illuminazione laser. Il riscaldamento produce necrosi e dunque distruzione del tessuto nodulare. Il numero di sedute è solitamente variabile da 1 a 4 ed il trattamento non richiede alcuna anestesia generale o locale o particolari preparazioni. L'indicazione elettiva a questo trattamento è costituita da noduli di cospicue dimensioni in pazienti che non vogliono o non possono essere sottoposti ad intervento chirurgico o in noduli pur non grossi che producano disagio estetico.


 

Altra indicazione è costituita dai noduli autonomamente funzionanti in alternativa al radioiodio o alla chirurgia. Inoltre, in particolare, questo trattamento può trovare elettiva indicazione in tutti i noduli iperfunzionanti anche se vi sia soltanto un TSH appena basso . Nella nostra esperienza abbiamo trattato 268 pazienti ottenendo una riduzione volumetrica dal 21 al75% e, nei casi di noduli iperfunzionanti, una normalizzazione delle frazioni libere del 100% e una normalizzazione del TSH nel 67 % dei casi. Le complicazioni della metodica, se ben eseguita, sono da considerarsi eccezionali. In un solo caso abbiamo avuto una presi ricorrenziale, transitoria probabilmente dovuta ad un anomalo passaggio del nervo ricorrente.

Da segnalare inoltre che le due metodiche (alcoolizzazione e trattamento laser percutaneo) possono avere aspetti complementari in quanto nei noduli misti è possibile eseguire prima l'alcoolizzazione e poi il trattamento laser.


 


 

La radiofrequenza e l'HIFU sono d' impiego certamente più recente nel trattamento dei noduli tiroidei. Il principio dell'HIFU è l'uso di ultrasuoni ad alta frequenza con doppia sonda che consente

una necrosi coagulativa focalizzata di tessuto. Ambedue le procedure necessitano di sedazione e blando trattamento anestesiologico e dunque appaiono forse di eccessivo impatto per patologie benigne salvo casi molto particolari.


 

Le tecniche mininterventistiche ed in particolare l'alcoolizzazione e il trattamento laser percutaneo appaiono utili nel trattamento dei noduli tiroidei. La reale scarsa invasività delle procedure – conclude Barbaro - le rende sicuramente interessanti per il trattamento delle patologie benigne della tiroide. Pur richiedendo operatori esperti ed una adeguata selezione dei casi, rappresentano metodiche di sicuro interesse e provata efficacia.


 


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)

28 giu 2010



 

POLMONE:CURARE IL TUMORE PER BOCCA


 

Novità per le forme "non a piccole cellule" e mutazione genetica EGFR (15% del totale). Inefficace sui fumatori. Congresso a ROMA dell'AIOT


 


 

ROMA – Un passo avanti nella cura del tumore del polmone per il 15% dei pazienti ( circa diecimila in Italia),quelli cioè con la forma "non a piccole cellule" e la variante genetica EGFR. Di fatto sono esclusi i fumatori,sui quali il farmaco non ha alcun effetto. La molecola (gefinitib ) è disponibile da poco anche nel nostro Paese e,per il momento,viene impiegata per via orale, là dove la chemioterapia non abbia raggiunto gli effetti sperati. Lo stesso avviene per un' altra molecola,l'erlotinib. La tipologia del tumore si accerta con l'esame bioptico ovvero il prelievo e l'esame microscopico di un frammento di tessuto dell'organo stesso.


 

Il dato incoraggiante, ma verso il quale è necessaria una valutazione paziente per paziente in ambito specialistico, è emerso a Roma al convegno dell'Associazione Italiana Oncologia Toracica ( presidente della manifestazione Filippo De Marinis,segretario dell'AIOT,Cesare Gridelli).


 

Il tumore al polmone – si è detto – rappresenta la prima causa di morte per neoplasia nei Paesi industrializzati. L'incidenza si sta dimostrando in costante aumento. In Italia sono coinvolte circa 40 mila persone. Un numero che aumenta con l'età ed in particolare un terzo dei nuovi casi viene mediamente diagnosticato oltre i 70 anni. I principali responsabili sono l'inquinamento atmosferico e l'esposizione ad agenti tossici di origine industriale ma,sopratutto,il fumo di sigaretta il cui consumo non tende a diminuire (attualmente è il 25% della popolazione generale).


 

I forti fumatori ( oltre 40 sigarette quotidiane) presentano un rischio sessanta volte superiore ai non fumatori di sviluppare la malattia. Lo stesso rischio diminuisce in rapporto al numero di anni dalla cessazione del fumo. Mentre per annullare il rischio cardiovascolare legato al fumo sono necessari tre – quattro anni, per portare invece il rischio oncologico quasi pari a quello di un non fumatore, ne sono necessari dieci – quindici ed il rischio viene azzerato se si smettesse di fumare prima dei trentacinque anni.


 

Nel nostro Paese – si è precisato –in un anno si sono registrati oltre 66 mila ricoveri, che hanno interessato nella gran parte gli uomini ( 51 mila ) contro le donne ( quasi 15 mila). La fascia d'età maggiormente colpita è quella oltre i 65 anni.


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)

27 giu 2010



 


 

VIRUS: CON IL CODICE GENETICO CONTRO LA REPLICAZIONE


 


 

Innovative ricerche. La sperimentazione all'Istituto romano d'infettivologia "Spallanzani"


 


 


 


 


 

Se per l'identificazione amministrativa di una persona è indispensabile il codice fiscale,oggi in medicina lo stesso avviene con il codice genetico. A 57 anni dalla sua scoperta è diventato il mezzo più sicuro per riconosce il genoma di una cellula. In pratica, un semplice tampone faringeo,durante la scorsa epidemia influenzale,consentiva di stabilire la presenza del virus H1N1 senza bisogno di coltivarlo in laboratorio.


 

E' una vera e propria svolta per scoprire il segreto della longevità,l'identità appunto di una persona,l'origine di alcune malattie ereditarie e la risposta alle cure nell'ambito di un percorso terapeutico. Per quanto riguarda l'infezione da HIV (il virus dell'aids con 60 mila casi di malattia conclamata in Italia, dalla scoperta del virus negli USA nel 1981)o della tubercolosi ( circa trecento i casi l'anno nel nostro Paese), è possibile ad esempio verificare i motivi degli insuccessi di cura.


 

Ed ancora:la vicinanza dell'uomo a "serbatoi" animali,sia nella fauna selvatica che d'allevamento,da cui nuovi virus possono effettuare il salto di specie ed arrivare all'uomo ed i crescenti flussi migratori da zone dove sono ancora diffuse malattie ritenute completamente debellate in Europa,hanno fatto comparire nuove specie e ripresentare vecchie affezioni.


 

Con crescente preoccupazione,infatti – ha precisato Maria Rosa Capobianchi dell''Istituto "Spallazzani", Centro di riferimento nazionale per le malattie infettive, nella conferenza stampa di Roma – si parla di infezioni emergenti e riemergenti, come la SARS,le pandemie influenzali e la tubercolosi.


 

Per quanto invece riguarda l'aids – ha aggiunto – l'avvento della terapia anti – retrovirale altamente efficace negli anni '90,ha portato ad una drastica riduzione della morbilità e della mortalità dal virus dell'HIV.


 

Da allora,sono stati identificati nuovi farmaci che colpiscono fasi diverse del meccanismo di replicazione virale. I frequenti fallimenti delle cure richiedono,allora, di rivedere di continuo le scelte terapeutiche,sulla base d'informazioni aggiuntive,come il movimento degli stessi virus e le possibili variante resistenti ai trattamenti,che possono indicare se una classe di farmaci sarà efficace o meno. Queste analisi molecolari, ha concluso Capobianchi – possono individuare resistenze che,se attrezzate con altre metodiche,rimarrebbero invece nascoste e permettono al contrario d'escludere per la cura alcuni tipi di farmaci non efficaci,riducendo di fatto gli effetti collaterali,con benefici per i pazienti e la spesa sanitaria.


 


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)



 

 


 

  

Il secolo XVII: Rivoluzione Scientifica. Circolazione del Sangue. La dottrina del Contagio. La caccia alle streghe.

  

 

  


 

Fabrizio Hildanus (1545-1599) sosteneva che non si doveva far venire il pus nelle ferite di seconda intenzione e che si doveva procedere alla legatura dei vasi prima delle operazioni. Gaspare Tagliacozzo imparò il metodo di ricostruzione del naso dai Norcini, che operavano soprattutto nell'Italia meridionale. La ricostruzione del naso era importante, visto che era soggetto a distruzione per via di molte malattie, come la tubercolosi e la sifilide, e per via delle frequenti mutilazioni della faccia dovute alle armi da fuoco.

Il metodo di Tagliacozzo era quello di prelevare un lembo cutaneo dal braccio con cui ricostruire il naso.
Divenne celeberrimo in tutta Europa e venivano da tutto il mondo per farsi curare da lui, la sua opera fu continuata da un allievo, ma per poco tempo, perché la pratica chirurgica decadde. Era l' epoca della Controriforma e dell'Inquisizione, ed alcuni individui, dopo la morte, lo accusarono di essere stato un mago che aveva manipolato ciò che era stato creato da Dio. Così il cadavere del Tagliacozzo fu, sia pure solo per alcuni mesi, estratto dalla tomba e sepolto in zona non consacrata Fu però assolto e la sua salma fu ricollocata nella cappella originaria, demolita nel primo ottocento. Il suo lavoro è comunque rimasto grazie ad un suo trattato sulla chirurgia plastica. (DE CURTORUM CHIRURGIA PER INSITIONEM).

Questa chirurgia venne riscoperta solamente nell'800 inoltrato quando venne usato il sistema della rinoplastica indiana, che era più semplice ma anche molto più deturpante. Consisteva nel togliere dei pezzi di cute dalla fronte e metterli sul naso; in pratica bisognava girare un lembo di cute, ma il problema era che rimaneva una cicatrice molto brutta sulla fronte.

La fine del '500 e il '600 furono caratterizzati dalla rivoluzione scientifica operata in gran parte da Galileo Galilei (1564-1642). Questi era figlio di un famoso musicista pisano ed il padre avrebbe voluto che si laureasse in medicina, ma lui preferì interessarsi di matematica. Fu il primo a introdurre il calcolo matematico negli esperimenti scientifici. Galileo abbracciò la teoria democritea, in contrapposizione alla teoria aristotelica finalistica secondo cui tutto quello che accade in natura ha uno scopo. Democrito sosteneva che l'universo e gli organismi erano formati da atomi in un continuo e casuale movimento, quindi la filosofia democritea si basava sull'osservazione e non sul finalismo come era quella di Aristotele: sul come, non sul perchè.

Galileo diede notizia nel Sidereus Nuncius di essere riuscito a dimostrare sperimentalmente la teoria di Copernico: infatti utilizzando il cannochiale vide i satelliti di Giove e dimostrò che al centro dell'universo era il sole, non la terra; provò quindi che la teoria Tolemaica era falsa. Per queste dimostrazioni Galileo ebbe grossi problemi con l'Inquisizione; quando lasciò Padova, presso la cui Università insegnava, fece l'errore di andare a Firenze, città che allora era molto condizionata dal papato, al contrario di Venezia che invece godeva ancora di una certa autonomia perchè politicamente forte e lontana da Roma. Fu perseguitato dall'Inquisizione.

Galileo ebbe anche il merito di usare i mezzi ottici, non solo per vedere le cose grandi ma anche per vedere quelle piccole, e consigliò ai suoi allievi di usare "l'occhialino". Fu Francesco Stelluti (1577-1652), un suo allievo, a chiamare lo strumento microscopio. C'è una tradizione senza nessuna base storica, secondo cui chi scoprì il microscopio fu l'olandese Zacharius Jansen; in realtà l'unica cosa certa è che costui costruiva lenti. L'uso del microscopio per osservare le cose invisibili è da attribuire solo a Galileo; ciò è documentato in una sua lettera in cui esorta i suoi allievi a usare il microscopio.
Sicuramente l'apporto più importante alla scienza fu l'uso della matematica, necessaria per quantizzare l'esperimento.

Poiché Galileo era un fisico egli aveva elaborato la teoria secondo cui il corpo umano era una macchina e gli organi delle minute macchine: bisognava pertanto ricercare la macchina elementare.

I microscopi di Galileo avevano dei grossi problemi perché presentavano dei difetti di rifrazione e riflessione della luce, per cui si vedevano molte immagini illusorie: ciò comportò feroci critiche al microscopio.

Marco Aurelio Severino (1580-1656). Nato a Tarsia (Calabria) fu professore di Anatomia e Medicina a Napoli. Egli abbracciò appieno la filosofia galileiana e usando il microscopio descrisse addirittura l'utero dello scarabeo (che, naturalmente, ne è privo). Dimostrò tuttavia che negli insetti ritroviamo gli organi che ci sono negli animali superiori; sosteneva anche che il microscopio doveva servire a vedere cose invisibili e che l'anatomia non doveva essere considerata come "arte del tagliare" ma servire per scomporre e per andare a ricercare gli atomi. (Anatomia dissutrix non dissectrix).

Severino fu anche un grande chirurgo e pubblicò (1632) il primo trattato illustrato di patologia chirurgica. A Napoli ci fu una epidemia di difterite e lui, praticando la laringectomia, salvò molte vite. In periodo di peste non scappò dalla città, come fecero molti altri medici, ma rimase a curare i malati; purtroppo però si ammalò anche lui di peste e morì.

Lo studio microscopico degli insetti evidenziò che cose che sembravano assolutamente grossolane erano invece molto complicate.

Molti allievi della scuola di Galileo, con degli artifizi, riuscirono a mettere in evidenza delle strutture molto fini, dando perciò il via alla cosiddetta anatomia scompositiva o artificiosa. Per esempio Giovanbattista Odierna (1597-1660) a Palermo, bollì l'occhio di una mosca e dimostrò che era formato da una miriade di cristallini che permettevano alla mosca di vedere a 360°. Oltre al microscopio si poteva usare il microscopium naturae; infatti Auberio, che era un allievo di Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679) a sua volta allievo di Galileo, per dimostrare come era fatto il testicolo studiò quello del maiale, animale che aveva già colpito Galeno proprio perché gli organi vegetativi erano simili a quelli dell'uomo, e mise in evidenza i tubuli seminiferi, la struttura dei tubuli efferenti e l'epididimo, che poi furono comparati con quelli dell'uomo.

Quindi qualsiasi metodo andava bene pur di riuscire a capire come è costruito e come funziona il corpo umano.

Il fatto che la matematica e la misurazione dell'esperimento fossero cose essenziali portò a delle conseguenze qualche volta al limite del possibile; per esempio ci fu un grande scienziato Santorio Santorio (1561-1636), istriano e allievo della scuola galileiana, che trascorse gran parte della sua vita in una bilancia dove si pesava quando mangiava e dopo aver defecato, misurando ciò che rimaneva dopo aver mangiato: ebbe così l'intuizione dell'esistenza del metabolismo. Egli capì anche che la sudorazione serviva all'eliminazione del calore; fu anche il primo a fare la misurazione del polso e ad usare il termometro per misurare la febbre.

La scienza galileiana aveva come base l'esperimento: bisognava dare un significato alle cose solo dopo averle osservate e misurate.

Gaspare Aselli (1581-1626) (scoperta dei vasi chiliferi). Era un medico milanese, professore all'Università di Pavia (a Milano l'Università non c'era). Facendo un esperimento su un piccolo cane, in cui voleva dimostrare come avvenivano le escursioni diaframmatiche e anche come potevano cessare con la resezione del nervo frenico, quando aprì l'addome sotto il diaframma vide una rete bianchissima nelle maglie del mesentere e si rese conto di aver fatto una grande scoperta, cioè di aver scoperto il quarto tipo di circolazione. Quando volle mostrare questa scoperta all'Università di Pavia usò un grosso cane randagio, ma dopo averlo aperto davanti a tutti non vide niente. Così Aselli, dopo un momento di sconforto, pensò che la differenza tra i due cani era che il primo aveva mangiato mentre il secondo cane, che era un randagio, non aveva mangiato. Allora decise di ripetere l'esperimento con un terzo cane, che aprì dopo averlo fatto mangiare. Questa volta finalmente vide la rete dei vasi chiliferi e poté dimostrare la loro esistenza all'Università. In seguito realizzò un atlante che conteneva le prime stampe a colori. Un grosso errore che fece Aselli fu quello di confondere un linfonodo con un organo che lui chiamò pancreas. Ancora non si conosceva il sistema linfatico, che verrà scoperta solo qualche decennio dopo: prima Jean Pequet (1622-1674) scoprì la cisterna del chilo e poi, l'intera circolazione linfatica venne descritta da un medico romano Giovanni Guglielmo Riva (1627-1677), e da Thomas Bartholin (1616-1680). Va ricordato che Bartolomeo Eustachi aveva già descrito il dotto toracico del cavallo nel 1564.

William Harvey (1578-1657). Studiò a Padova dove fu allievo di Fabrizio e di Casserio. Egli si interessò della circolazione del sangue. Innanzitutto misurò la quantità di sangue che c'è nel corpo (prese un animale a cui tagliò una vena e estrasse tutto il sangue) e vide che era molto limitata. Questo fatto era quindi in contrasto col concetto galenico secondo cui il sangue veniva continuamente prodotto per essere assorbito dalle strutture periferiche.

1628: data storica in cui Harvey pubblicò il suo trattato intitolato Exercitatio Anatomica de Motu cordis et sanguinis in animalibus.

Harvey, usando le stesse tavole di Fabrizio d'Acquapendente, dimostrò che nelle vene il sangue non aveva decorso centrifugo, come invece sosteneva Galeno, secondo cui il sangue andava dal fegato alla periferia. Fabrizio aveva interpretato quelle tumefazioni che si vedono quando si comprime una vena (e dovute alle valvole venose) come delle porticine che servivano per rallentare il flusso dal centro alla periferia, Harvey dimostrò esattamente il contrario: infatti aveva visto che, mettendo un laccio ad una vena, che pertanto diventa turgida, e poi chiudendo altri due segmenti, il sangue non va dal centro alla periferia ma dalla periferia verso il centro. Quindi Harvey capì il meccanismo della circolazione venosa, capì che il cuore era come una pompa che metteva in circolo il sangue, ma non riuscì a trovare l'anello di congiunzione tra le arterie e le vene perché non riusciva a vedere i capillari. I capillari vennero poi scoperti, più tardi, da Malpighi negli animali a sangue freddo ed in quelli a sangue caldo da Spallanzani che confermò le precedenti osservazioni di William Cowper (1666-1709).

Questa nuova teoria ebbe diversi consensi ma anche molte critiche, anche perché il concetto della circolazione fu associato a idee politiche sulla circolazione del potere. Perciò Harvey all'inizio fu criticato moltissimo ma poi la sua teoria si affermò declassando il fegato che da organo principale divenne invece solo l'organo che secerne la bile. Addirittura ci fu il famoso anatomico Thomas Bartholin (maestro di Stenone) che pubblicò le exequiae del fegato.


 

Questione del contagio.


 

Nonostante nel '300 e nel '600 ci fosse stata la peste, e nonostante ci fossero molte malattie endemiche come la lebbra e la tubercolosi ( che allora non era considerata una sola malattia ma comprendeva 6 o 7 malattie diverse) non si sviluppò il concetto di contagio da organismi viventi (contagio vivo).

In pratica non si capiva come si trasmettessero le malattie: l'idea più accreditata era che gli odori (miasmi) portassero il contagio, ma non si capiva assolutamente quale fosse la via di trasmissione. Non c'era nessun concetto di igiene, i malati venivano messi su letti con lenzuola sporche che poi venivano riciclate senza lavaggio. Questo portò alla diffusione di malattie, soprattutto nelle zone molto affollate.

In Sardegna c'è il tipico esempio di come malattie come la peste attecchissero soprattutto nelle città, ma non nei villaggi. Il veicolo della peste è una pulce. In realtà sono i ratti che si ammalano di peste, poi la pulce la trasmette all'uomo, quando poi la peste diventa veramente epidemica allora c'è la peste polmonare che permette il contagio diretto uomo-uomo. La peste venne dall'Oriente e pare che sia stata portata a Messina da una nave di genovesi, scappati dalla città che presidiavano perchè era stata assediata dai turchi. Questi però avevano buttato dei cadaveri di appestati nella città, così alcuni marinai si ammalarono e portarono la peste a Messina da dove poi si diffuse in tutta l'Italia e in tutta l'Europa.

La scomparsa della peste fu favorita e dal fatto che intorno alla fine del 600 ci fu un'invasione di ratti marroni che soppiantarono il ratto nero, che era molto più recettivo alla peste, e anche perché si cominciò a evitare di costruire i solai in legno dove potevano albergare i topi (questo accadde soprattutto nelle zone calde). Un'altra ipotesi sostiene che ciò è dovuto alla comparsa di un germe meno virulento che permette l'immunizzazione dei ratti.

Quasi contemporaneamente alla pubblicazione dell'opera di Vesalio (1514-1564), c'era stato un famoso anatomo medico veronese Gerolamo Fracastoro (1478/9-1553), il quale diede il nome ad una malattia endemica che si era appena sviluppata: la sifilide.

La sifilide scoppiò per la prima volta in modo epidemico alla fine del '400 durante l'assedio di Carlo VIII a Napoli (1496); finchè l'Italia fu la nazione leader i napoletani chiamarono la sifilide male francese, mentre, quando l'Italia decadde, i francesi la chiamarono mal di Napoli. La sifilide forse era dovuta ad una recrudescenza di una malattia che ha cambiato fisionomia ma che era già endemica nell'oriente arabo, oppure un'altra teoria dice che venne portata dall'America ad opera dei marinai di Cristoforo Colombo. Si riconobbe subito che la sifilide era dovuta al contagio sessuale e si diceva che si era sviluppata dall'amplesso di una prostituta con un lebbroso.

Fracastoro diede il nome alla sifilide in un famoso poemetto, dedicato a Pietro Bembo, e parlò anche del legno santo che era uno dei principi terapeutici di allora: si trattava di un legno (guaiaco) che provocava una grande sudorazione. Si pensava che anche la sifilide fosse una malattia da curare secondo i principi ippocratici, per cui bisognava eliminare la materia peccans: in questo caso si doveva togliere l'eccesso di flemma con l'uso di farmaci che provocassero la sudorazione, come il legno guaiaco e il mercurio. La sifilide è una malattia che fece la fortuna dei medici perché nel 30% dei casi guariva da sola e, quando un malato guariva, il medico sosteneva che era merito delle sue cure, anche se in realtà non era così. Per combattere la sifilide si somministrava il mercurio che essendo tossico per le ghiandole salivari e per quelle sudoripare, provocava una secrezione potentissima. Al tempo, il trattamento proposto per ovviare a ciò era quello di mettere un ferro incandescente sulla testa del malato, perché si credeva che la saliva ed il sudore derivassero dal cervello. Un altro effetto del mercurio era quello di annerire i denti, costringendo le nobildonne a limarsi i denti per nascondere il fatto che stavano facendo la terapia mercuriale contro la sifilide. Fracastoro sosteneva che esistessero degli organismi viventi invisibili, da lui chiamati seminaria, che portavano il contagio. Questi seminaria si potevano trasmettere non solo per contatto diretto ma anche con vestiti, lenzuola, oggetti.

Un'altra malattia che allora era endemica era la lebbra. La lebbra in Sardegna attecchì proprio perché è una malattia ad incubazione molto lenta (simile alla tubercolosi anche se i due microrganismi sono rivali, infatti dove c'è la lebbra non c'è la tubercolosi e viceversa). La lebbra è una malattia che si sviluppa nel giro di decenni, e in Sardegna c'erano molti focolai che andarono avanti fino all'età moderna (infatti è uno degli ultimi posti dove ci sono stati i lebbrosari). Occorre un contagio prolungato per prendersi la lebbra, quindi è difficile che le persone che girano molto la contraggano. La lebbra era considerata una malattia da temere, oltretutto aveva dei risvolti sociali molto particolari; infatti quando si scopriva che uno era lebbroso (siamo nel tardo medioevo e all'inizio dell'età moderna) gli veniva fatto addirittura il funerale e perdeva qualsiasi diritto. I lebbrosi venivano tenuti in luoghi appartati, ma venivano mantenuti a spese della comunità; questo spiega il perché di persone indigenti che per sopravvivere si dichiaravano lebbrosi, in modo da avere l'assistenza pubblica.

L'infame fenomeno della caccia alle streghe si è sviluppato tra la fine del XIV_secolo e l'inizio del XVIII secolo nell'occidente cristiano (sia in ambito cattolico che protestante). I criteri utili a riconoscere le streghe e a perseguirle come eretiche erano specificate nel famigerato libro: Malleus Maleficarum, scritto nel XV da due fanatici Domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, che ebbe una diffusione enorme (ben 34 edizioni ed oltre 30000 copie). Le "caccie alle streghe" si verificarono soprattutto tra la fine del 1400 e la prima metà del 1600. Le presunte streghe appartenevano in genere alle classi popolari ed erano per lo più donne sole o vedove, levatrici, erboriste, fattucchiere o prostitute. Molte "streghe" vennero ferocemente torturate e bruciate vive, con le motivazioni più varie e le "confessioni", estorte con la tortura, utilizzate per incriminare altre disgraziate. Il fenomeno fu, con qualche eccezione, confinato al sesso femminile. I due ultimi processi in cui le "streghe" vennero condannate e arse vive avvennero uno nella Svizzera protestante (1782) e l'altro nella Polonia cattolica (1793).


 

    

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25 giu 2010


ATTENZIONE ALLA LINEA: MA LA PILLOLA E' O.K.


 


 

In crescita i rimedi "fai da te". La ritenzione idrica e l'aumento di peso sono una fissazione nel Belpaese, le sarde guidano la classifica delle ricerche dedicate nel web. Gli ormoni aiutano: col drospirenone 1,7 kg in meno in 6 mesi . Congresso a Cagliari,presieduto dal prof.Gian Benedetto Melis


 


 


 

CAGLIARIPer mantenersi in forma le italiane si "allenano" su internet: per loro ingrassare è un vero e proprio incubo, che le ha portate nel 2010 in vetta alla classifica di chi ricerca di informazioni nel web. Parole chiave: cellulite, dieta, dimagrire, peso. Precedono le francesi, le svizzere, le canadesi e le statunitensi e, dal 2004 ad oggi, si sono moltiplicati i siti e i blog "nostrani" dedicati a come prevenire e curare i più diffusi inestetismi. I più cliccati sono i rimedi fai da te, come l'impacco a base di fondi di caffè. "Ma fra tante bufale si impongono per fortuna anche informazioni certificate – afferma il prof. Gian Benedetto Melis, Direttore Clinica ostetrica e ginecologica dell'Università di Cagliari - e, anche grazie alla rete, è cresciuta la fama della pillola anticoncezionale a base di drospirenone apprezzata soprattutto per l'effetto simil-diuretico che contrasta la ritenzione idrica ".


 

E non solo: questo progestinico
gestisce il peso corporeo e in alcuni casi addirittura lo riduce in media di 1.7 kg dopo 6 mesi di assunzione. "Caratteristiche che la rendono la preferita dalle neo-utilizatrici e dalle giovanissime – ha commentato la prof.ssa Vincenzina Bruni, ginecologa dell'Università di Firenze – le più preoccupate dalle conseguenze estetiche degli estroprogestinici. Lo schema che prevede 24 confetti, tre in più rispetto alle pillole "tradizionali", massimizza i benefici extracontraccettivi, come confermato negli studi clinici che hanno valutato il miglioramento dei sintomi premestruali,
come mal di testa, gonfiore, irritabilità, dell'acne e dell'irsutismo". I dati sono stati presentati a Cagliari nel Congresso nazionale "L'evoluzione ventennale delle scienze ginecologiche ed ostetriche", presieduto dal prof. Melis.


 


E proprio le donne del capoluogo sardo detengono il duplice record di attenzione al tema linea

(seguite da quelle di Brescia, Rimini, Perugia e Genova) e del consumo di pillola. "Le nostre isolane, biologicamente, sono più ricche di testosterone – ha aggiunto Melis, - per questo hanno imparato per prime ad apprezzare i molti vantaggi della contraccezione ormonale sul fronte del controllo del peso, della bellezza della pelle, sui capelli. Le risposte ai tanti dubbi e ai falsi miti non vanno cercate in internet ma nel confronto con il proprio ginecologo di fiducia. Sono le preoccupazioni con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno e non vanno sottovalutate: è soprattutto da questi aspetti che dipende l'adesione ad un metodo contraccettivo e di conseguenza la salute sessuale delle nostre pazienti". Il Congresso, ha affrontato anche gli sviluppi terapeutici su menopausa, sterilità, gravidanza.


 

Il tasso di utilizzo di pillola nel nostro Paese è fermo da anni a 16,3%, ma vi è qualche debole segnale di miglioramento: secondo sondaggi eseguiti dai ginecologi, oggi il 35% delle italiane è al corrente che esistono formulazioni estroprogestiniche in grado di contrastare la ritenzione idrica e il 63% considera l'impatto corporeo prioritario per la scelta del metodo. "È più che comprensibile: un buon anticoncezionale non deve solo proteggere ma garantire il benessere complessivo della donna – ha confermato la prof.ssa Bruni –. In clinica è ormai ampiamente confermata la capacità del drospirenone di antagonizzare gli ormoni mineralcorticoidi prodotti dal rene. Questa azione permette di controbilanciare il minimo effetto ritentivo dell'estrogeno contenuto nella pillola, con un miglior controllo del peso corporeo. Si è visto inoltre che questo progestinico è capace di contrastare l'accumulo di grasso all'interno delle stesse cellule adipose. È fondamentale illustrare nel dettaglio queste caratteristiche quando si propone alla donna la pillola. Altrettanto importante però è la personalizzazione, in modo che a ciascuna venga fornita la risposta migliore per le sue specifiche esigenze".


 

Altre ricerche dimostrano che è particolarmente efficace anche sull'acne. Un dato confermato da diversi studi clinici, che hanno valutato non solo la riduzione oggettiva delle lesioni, ma anche la percezione soggettiva di miglioramento. "Il tutto – ha concluso la Bruni – con una notevole riduzione del disagio psico-emozionale che, nelle ragazze affette può essere notevole. Le relazioni con i coetanei ne possono risentire fino allo sviluppo di vere e proprie forme di ansia sociale".


 


 

GIAN UGO BERTI


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


SANGUE CORDONALE:ITALIA IN TESTA NELLE DONAZIONI


 

Il punto sulla situazione del ginecologo Fedele Mario Nuzzi,dell'ospedale Pistoia


 


 

PISTOIA - Oggi sono 320 i punti nascita in cui si può donare (15 in più rispetto all'anno prima) e le unità di sangue cordonale "bancate" in una delle 21 banche italiane sono 28.464, un numero che ci colloca già tra i primi posti in Europa. Un network che funziona.Inoltre si sta cercando di ovviare al problema degli orari notturni e dei week end, in cui spesso il sangue cordonale ancora non viene raccolto malgrado la disponibilità della mamma. "Le sacche effettivamente conservate sono il 25% del totale, soltanto quelle che hanno una cellularità (cioè il numero di staminali contenuto nell'unità di sangue) più alta, oltre un miliardo, a garanzia di una maggiore efficacia terapeutica, ed è importante però sapere che quelle scartate non vengono buttate via, ma donate alla ricerca scientifica dove c'è sempre una lunga lista d'attesa".

Solo alta qualità in alternativa al trapianto di midollo

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche (sia quelle dal sangue periferico che da cordone, in grado di trasformarsi in globuli bianchi, rossi e piastrine) si afferma sempre più come alternativa valida se non preferibile a quello di midollo osseo in caso di malattie del sangue. In particolare, i casi trattati nel 2009 con le cellule di un cordone sono stati 112 su 1474 trapianti. "Rappresentano un po' meno del 10% del totale, ma si stanno rivelando una fonte sempre più preziosa per curare malattie del sangue come la leucemia, talassemia, linfomi, malattie mataboliche e disordini del sistema immunitario". Queste cellule, denominate CD 34+, hanno la stessa efficacia di un trapianto di midollo e il grande vantaggio di essere subito disponibili, soprattutto in caso di malattia acuta. A patto però che abbiano una cellularità molto elevata, altrimenti non possono essere utilizzate. Da un paio d'anni a questa parte, la donazione di midollo da parte dei consanguinei è inferiore a quella di midollo o di sangue cordonale da parte di donatori estranei. Colpa del calo delle nascite: i trapianti all'interno della famiglia sono destinati a diventare sempre più rari. Nel contempo, però, i donatori di midollo (330 mila in tutta Italia) stanno calando fortemente: nel 2009 la forbice tra i nuovi iscritti al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo e quelli che stanno per uscire (il limite di età è di 55 anni) è ulteriormente aumentata. Al contrario, il trapianto con le staminali del cordone sta ampliando le sue possibilità di applicazione clinica. Mentre in passato veniva utilizzato più che altro nei bambini, nel 2009 sono stati più numerosi i trapianti su pazienti adulti. Sono queste le tre ragioni per cui è sempre più importante che le mamme donino il cordone per un uso solidale e non lo conservino per sé spedendolo all'estero.conclude il dr. Nuzzi. Le caratteristiche delle sacche di sangue cordonale donato alle banche pubbliche vengono inserite nello stesso registro dei donatori di midollo, e sono dati disponibili per chiunque al mondo stia cercando un donatore compatibile.

La membrana amniotica per ridare la vista

Al di là delle staminali emopoietiche, il cui utilizzo è ormai entrato nella routine, oggi vi sono anche altre possibilità di donare al momento del parto. Ancora pressoché sconosciute. Si tratta di altri "annessi fetali" e in particolare della membrana amniotica. Nel 2007 in Italia vi sono stati 219 prelievi di membrana amniotica e 1277 trapianti dei suoi frammenti per la ricostruzione oculare. In Toscana è il Centro Conservazione Cornee dell'Azienda ospedaliera Perelli di Lucca a gestire l'intero processo: donazione della placenta, bancaggio e trapianto. Si può già donare in 3 punti nascita (al Campo di Marte di Lucca, a Pescia e a Pistoia). Unico neo, possono farlo soltanto le mamme sottoposte a taglio cesareo programmato, allo scopo di evitare contaminazioni batteriche durante il passaggio della placenta attraverso il canale del parto. "In questo campo manca ancora del tutto l'informazione e quindi la materia prima scarseggia, ma l'efficacia terapeutica della membrana amniotica è ormai ampiamente dimostrata: costituisce un'impalcatura ideale per la ricrescita dei tessuti, il substrato perfetto per l'adesione e la crescita delle cellule staminali", spiega il ginecologo Fedele Mario Nuzzi, dell'Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale di Pistoia dove si raccolgono le placente. Durante il cesareo, dopo l'estrazione del feto, il ginecologo provvede al secondamento preservando il più possibile l'integrità della placenta. L'unica difficoltà consiste nel separare le due membrane, quella amniotica da quella coriale. Ma ogni membrana amniotica, un sottile foglietto trasparente, elastico e straordinariamente resistente, può servire anche per 8 trapianti. "Ha la caratteristica di non indurre risposta immunitaria, quindi non presenta alcun problema di rigetto e le sue cellule producono persino effetti antinfiammatori. E' quindi ideale nel campo dell'oculistica per le malattie della superficie oculare come l'ulcera corneale ma anche in chirurgia plastica, per la rigenerazione epidermica nei grandi ustionati", aggiunge Nuzzi. Sebbene il trapianto di tessuti sia un intervento cosiddetto "migliorativo" e non propriamente "salvavita" come avviene invece per quello di organi, costituisce comunque un'importante soluzione terapeutica che ha visto negli ultimi anni una forte espansione. Sul sito del Centro Nazionale Trapianti, alla voce "Tessuti" si possono trovare informazioni anche sulla donazione della membrana amniotica (www.
www.trapianti.salute.gov.it Numero Verde 800-333033). Gli altri annessi fetali, come il liquido amniotico ricco di cellule staminali mesenchimali (prelevato durante le amniocentesi e che di norma viene buttato) non hanno invece ancora un impiego clinico su larga scala.

BOX – I NUMERI del CORDONE OMBELICALE

16.207 unità donate in modo solidaristico in Italia nel 2009

14.000 circa le unità conservate per sé e spedite all'estero nel 2009

116 le unità rilasciate dalla rete italiana nel 2009

246 le donazioni "dedicate" per un familiare malato

28.464 le unità conservate nelle biobanche pubbliche italiane

320 i punti nascita dove si può donare oggi

(Fonte: Centro Nazionale Sangue)

BOX – CRESCE ANCHE L'ESPORTAZIONE NELLE BIOBANCHE ESTERE

Nonostante la campagna del Ministero della Salute a favore della donazione solidale, continuano ad aumentare anno dopo anno le coppie che decidono di conservare per sé il cordone. Si è passati dalle 10.458 del 2008 (a fronte delle 12.348 richieste) alle circa 14 mila nel 2009 (a fronte di 18 mila richieste). Tutte famiglie che l'hanno inviato a proprie spese in una biobanca estera. In Italia, infatti, continua ad essere vietato tenere per sé il cordone (a meno che non si tratti di una donazione "dedicata" nel caso vi sia già un malato in famiglia). Lo ha stabilito una volta per tutte il decreto legge di fine 2009, sulla base dell'opinione di una commissione di esperti in materia. "Si sta facendo marcia indietro anche negli Stati Uniti, dove oggi si è giunti al paradosso di avere 400 mila cordoni conservati privatamente e appena 100 mila donati in modo solidaristico. In Italia l'iter legislativo è terminato e il decreto prevede un'eventuale revisione della materia solo se emergeranno evidenze scientifiche su un concreto utilizzo per sé del cordone, prove che per ora non esistono. Al momento, quindi, chi vuole conservare il suo cordone ombelicale può farlo con una richiesta di esportazione da presentare – a partire dal primo settembre – alla propria Regione di residenza e non più al Ministero della Salute.


 

GIAN UGO BERTI

(riproduzione vietata)

24 giu 2010


L'OPPIO E I SUOI DERIVATI

 
 

L'oppio e' il succo lattiginoso, condensato all'aria ed estratto per incisione dalle capsule non mature del Papaver somniferum album (papavero sonnifero). Il suo nome deriva dal termine greco opos: succo. L'oppio grezzo e' la sostanza base di tutti gli stupefacenti, contiene circa 20 tipi di alcaloidi, composti organici azotati dotati di elevata azione farmacologica a livello del sistema nervoso.

L'oppio:

 
 

         

                       
 

 
 

STORIA DELL'OPPIO  

 
 

L'uso dell'oppio e' attestato sin nei primi documenti scritti prodotti dall'uomo. Hul gil, l'ideogramma con cui i Sumeri indicavano, già nel 4000 a.C., il papavero da oppio, stava per pianta della gioia. L'oppio era l'ingrediente principale del pharmakon nepenthes che Elena versa nel vino durante il banchetto con Telemaco alla corte di Menelao, raccontato da Omero nell'Odissea (IV, 219-228). Nella mitologia greca e romana l'oppio era una presenza ricorrente. Un mito raccontava come Demetra, la dea della terra feconda, sorella di Zeus, usasse il papavero per alleviare il dolore provocatole dal rapimento della figlia Persefone. Il papavero è spesso presente nelle mani di Morfeo, dio del sonno, mentre Nyx, dea della notte, dispensava papaveri agli uomini. In talune rappresentazioni, anche Hermes si fa avanti con un papavero, quando arriva a recare il sonno ristoratore e la fantasia dei sogni. L'oppio era presente in moltissimi tipi di pozione (teriaca) messi a punto dai medici greci e romani. La teriaca più famosa ed usata era il galenos (soave) elaborata dal cretese Andromaco il Vecchio, medico alla corte di Nerone. Il più grande medico dell'antichità romana, Galeno, prescriveva tale pozione diluita in alcool per una serie incredibile di disturbi, tra cui sintomi di avvelenamento, cefalee, problemi di vista, epilessia, febbre, sordità e lebbra. Con questa pozione, stemperata in abbondanti dosi di miele, Galeno curò l'imperatore Marco Aurelio, sino a farlo divenire dipendente dall'oppio, come testimoniano i resoconti clinici compilati dal medico.

L'oppio era un principio curativo fondamentale della farmacopea araba e da questa passò quindi nella medicina europea. Il famoso alchimista Paracelso mise a punto un preparato a base d'oppio destinato ad avere una straordinaria diffusione: il laudano.

 A partire dal Cinquecento l'oppio divenne d'uso comune nel nostro continente, con la rivoluzione industriale esso era ormai prodotto in larga scala, diventando una merce acquistabile a basso prezzo. Gli inglesi disponevano delle enormi piantagioni d'oppio dell'India, la cui produzione, data la quantità e dato il basso costo della manodopera, poteva essere commercializzata a prezzi estremamente concorrenziali. L'abitudine di fare uso dell'oppio si diffuse anche tra gli intellettuali e tra i letterati, soprattutto inglesi: George Byron, Percy Shelley, Walter Scott, John Keats, Wilkie Collins e Charles Dickens, Samuel T. Coleridge facevano ricorso, saltuario o sistematico, al laudano per curare i mal di capo, l'insonnia,l'ansia.  Anche la cultura francese produsse originali posizioni sul problema dell'oppiomania come quelle illustrate da Honorè de Balzac nel racconto Massimilla Doni e quelle discusse da Charles Baudelaire nei famosi saggi raccolti ne "I paradisi artificiali". L'oppiomania della Rivoluzione industriale è un esempio eloquente di come sia l'offerta delle droghe a creare la domanda, e non viceversa. La facile disponibilità di tale droga, sia in termini di diffusione al minuto che in termini di prezzo, contribuì  in maniera determinante all'origine dell'epidemia d'abuso del secolo scorso.

L'oppiomania divenne un grave problema nell'Europa dell'Ottocento e molti intellettuali denunciarono i pericoli derivanti dall'uso del succo di papavero.  Ne I paradisi artificiali , ad esempio, Baudelaire scriveva: "Quanti cercano il paradiso con l'oppio si costruiscono un inferno, lo preparano, lo scavano con un successo la cui previsione forse li spaventerebbe".


  

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

 
 

ANTONIO GARGANO

Freud e la nuova razionalità

Sigmund Freud, nato nel 1856 a Freiberg, in Moravia, da una famiglia ebrea di lingua tedesca, trascorse l'infanzia e la giovinezza a Vienna, dove si formò in un'atmosfera di cultura positivistica e materialistica e dove si laureò in medicina nel 1881. Nei primi anni dopo la laurea in medicina, Freud si occupò degli effetti chimici degli anestetici e della cocaina; da queste ricerche passò allo studio dei disturbi mentali. Collaborando con il collega Josef Breuer, Freud giunse a capire che l'isteria non è causata da un tessuto che si è necrotizzato, da una lesione del sistema nervoso, da un fatto fisico, ma da tutt'altro. Freud e Breuer studiarono pazienti affette da isteria che, indotte a cadere in un sonno ipnotico, riuscivano a liberarsi del loro malessere, ad alleviare i loro sintomi e a dare segni di guarigione. Essi iniziarono ad applicare il loro metodo, che chiamarono catartico (dal greco catarsi=purificazione) riscontrando anche su altri tipi di pazienti che il ricordare gli episodi traumatici che hanno portato alla sofferenza libera dai sintomi stessi; piú precisamente, se il paziente non semplicemente ricorda l'episodio traumatico, ma riprova «l'affetto che lo aveva accompagnato», il sintomo scompare. Freud studiò le dinamiche dell'ipnosi anche in Francia, presso la clinica parigina della Salpêtrière insieme a Charcot. Tornato a Vienna, dovette difendersi dagli attacchi della medicina ufficiale, ispirata a principi positivistici, convinta della natura puramente organica, fisica, dei disturbi mentali. Nel 1895 Freud e Breuer pubblicarono un libro intitolato Studi sull'isteria, che raccoglieva i risultati delle loro esperienze terapeutiche.
Successivamente Freud si rende conto che l'ipnosi non è un metodo affidabile per diversi motivi: prima di tutto perché non tutti i pazienti possono venir ipnotizzati, in quanto l'ipnosi implica una sorta di stato di inferiorità, di debolezza del paziente, inoltre perché si riscontrano fenomeni di ricaduta, ma soprattutto Freud si convince del fatto che il paziente ipnotizzato, proprio perché si trova in una condizione di soggezione nei confronti dell'ipnotizzatore che gli comanda di ricordare, racconta traumi, afferma di essersene liberato, ma lo fa soltanto perché pensa che il medico abbia piacere di sentirsi dire questo. Freud ricorre all'espressione "ricordi di copertura" per indicare ricordi che il paziente inventa, sia pur inconsapevolmente. Per questo Freud sostituisce il metodo ipnotico con quello delle libere associazioni. Egli si accorge che il paziente, anche senza essere ipnotizzato, se posto in uno stato di rilassatezza, mediante libere associazioni di parole e di ricordi fa emergere l'evento che lo opprime: il paziente viene sollecitato a esprimere immediatamente e liberamente tutto ciò che pensa; con le libere associazioni si mette in movimento una catena di ricordi, di pensieri che penetra in profondità nella psiche ed arriva di anello in anello alla causa del malessere. Freud si avvicina cosí alla scoperta dell'inconscio.
Freud esplicita con chiarezza un'idea che era stata già presente nel Romanticismo, in Schopenhauer e in una parte della cultura dell'800. I romantici tedeschi avevano parlato del sogno come un luogo in cui si manifestano verità diverse da quelle della vita reale, cosciente. Schopenhauer parla della coscienza come della superficie di un lago, lasciando intendere che sotto la superficie c'è qualcosa d'altro. Freud perfeziona queste intuizioni e, grazie alle sue esperienze terapeutiche, perviene alla formulazione della teoria dell'inconscio, delineata nel celebre libro L'interpretazione dei sogni, apparso nel 1900, che si può considerare l'inizio della psicoanalisi, di una nuova consapevolezza dell'uomo. Freud sostiene che non solo nello stato di rilassatezza, ma a maggior ragione nel sogno, i contenuti che urgono all'interno dell'individuo e che causano il suo malessere riescono a manifestarsi, sia pure parzialmente. L'interpretazione dei sogni mostra che la nostra vita cosciente è solo la punta di un iceberg. Come in un iceberg la parte emergente è minima rispetto a quella sommersa, cosí nella nostra vita psichica il conscio è un materiale minimo rispetto al materiale inconscio che si trova nella profondità della nostra psiche. L'inconscio è un intero mondo di forze che premono dal nostro interno e mantiene dentro di sé contenuti respinti dalla coscienza in quanto per le sue convinzioni morali l'individuo non li riconosce come congrui, come ammissibili. Questi contenuti rimossi dalla coscienza vengono tenuti sotto controllo da una censura, che impedisce loro di emergere, ma che in stato di rilassatezza, e soprattutto durante il sonno, si indebolisce, consentendo ai contenuti inconsci di manifestarsi parzialmente. La censura si indebolisce, ma non si annulla del tutto: durante il sonno l'inconscio manifesta nei sogni, i suoi contenuti, ma in maniera parziale, distorta, per cui è necessaria un'interpretzione dei sogni. In questa grande opera Freud decodifica il linguaggio dell'inconscio attraverso l'analisi dei sogni dei suoi pazienti (e dei propri) e riesce a capire quali sono i meccanismi fondamentali attraverso cui la censura modifica il contenuto inconscio, il contenuto latente del sogno e lo fa diventare contenuto manifesto, cioè quello che noi ricordiamo. Imparando a decifrare il contenuto manifesto del sogno si può risalire al contenuto latente (nascosto) e quindi agli impulsi dell'inconscio.
I meccanismi fondamentali attraverso i quali impulsi, desideri, emozioni del nostro inconscio vengono tradotti in immagini di sogno sono:
- la condensazione, per la quale un'idea, un'immagine del sogno può fondere insieme vari pensieri e ricordi; dice in proposito Freud: «Il sogno è stretto, misero e laconico in paragone alla estensione e alla ricchezza delle idee del sogno»;
-lo spostamento, processo per cui la carica emotiva (attrazione erotica, aggressività, etc) è separata dal suo oggetto reale ed è riferita a un oggetto differente;
-la drammatizzazione, che è la «trasposizione in immagini visive»; la maggior parte dei sogni sono composti da immagini vivide, mentre il pensiero concettuale è in essi spesso debole o assente; i pensieri e le emozioni alla base del sogno si presentano in successione densa e movimentata, come se il sognatore fosse allo stesso tempo spettatore e attore in un dramma misterioso;
-la simbolizzazione, che consiste nell'utilizzo da parte dell'inconscio di simboli sostitutivi delle cose. Riccorriamo in proposito alle parole e a qualche esempio dello stesso Freud: «Il simbolismo è forse il capitolo più strano della teoria dei sogni [...] i simboli realizzano in certo qual modo l'idea dell'interpretazione onirica degli antichi e del popolo [...]. Per il genitale maschile il sogno conosce un gran numero di figurazioni che si possono dire simboliche, nelle quali il lato comune a tutti i paragoni è per lo più evidente: in primo luogo oggetti lunghi e sporgenti come per esempio bastoni, ombrelli, stanghe, pali, alberi ed altro. Poi da oggetti che abbiano con esso l'attitudine comune di poter penetrare nel corpo e di ferire, come per esempio armi appuntite di ogni sorta, coltelli, pugnali, lance, spade, ma anche armi da fuoco come schioppi, pistole e rivoltelle, che per la loro struttura si adattano ottimamente a questo simbolo [...]. Il genitale femminile viene rappresentato simbolicamente con tutti quegli oggetti che hanno in comune con esso la qualità di rinchiudere uno spazio vuoto atto ad accogliere qualche cosa. Dunque con pozzi, fosse o caverne, con recipienti e bottiglie, con scatole, barattoli, bauli, astucci, casse, borse, ecc. Anche la nave appartiene a questa serie [...]».
-l'elaborazione secondaria: nel contenuto manifesto (quello che ricordiamo al risveglio) durante il sogno è già avvenuta un'elaborazione degli impulsi inconsci da parte della censura, ma un'ulteriore trasformazione avviene nell'elaborazione secondaria nel momento in cui ci si risveglia, cioè quando la censura, rientrata in azione con tutte le sue forze, ostacola il ricordo della trama del sogno e induce a dare un senso al ricordo del sogno.
Tutto il complesso "lavoro onirico", cioè il lavoro della censura durante il sonno, è volto a mascherare i reali contenuti dell'inconscio. Il sogno si presenta dunque come l'espressione travestita e deformata di un desiderio represso, non accettato dall'io cosciente. Dal punto di vista psicologico, la funzione del sogno è quella di scaricare la tensione generata da desideri repressi, desideri che spesso riguardano la vita sessuale. «Quanto più ci si occupa dell'interpretazione dei sogni - scrive Freud - tanto più si è disposti a riconoscere che la maggior parte dei sogni degli adulti tratta di materiale sessuale ed esprime desideri erotici». Un'ulteriore scoperta di Freud è che il sogno è sempre collegato a una dinamica affettiva, a un fatto emotivo della primissima infanzia sprofondato nell'inconscio. Su questa strada Freud tra l'altro ricostruisce la reale dimensione della vita infantile, che nel 1905 teorizza nel libro Tre saggi sulla teoria della sessualità. Quest'opera provoca uno scandalo generale, una rottura con Breuer e con i suoi primi discepoli, tra cui Jung, in quanto Freud vi dimostra che la vita del bambino non è quale è sempre stata dipinta, cioè ingenua e innocente, ma è invece animata da fortissime tensioni sessuali.
Freud cosí difende la propria scoperta dell'inconscio: «Molti ci contestano il diritto di presupporre l'esistenza di qualcosa di psichico che è inconscio e di usare tale presupposto ai fini scientifici. A costoro possiamo rispondere che la nostra presupposizione dell'inconscio è necessaria e legittima, e che abbiamo numerose prove della sua esistenza. È necessaria perché i dati dalla coscienza presentano moltissime lacune: tanto nelle persone sane quanto in quelle malate avvengono spesso atti psichici che si possono spiegare solo presupponendone altri di cui, tuttavia, la coscienza non dà alcuna prova. Questi non comprendono solo gli atti mancati e i sogni delle persone sane, e tutte le cose definite come sintomi psichici o ossessioni in quelle malate: la nostra personalissima esperienza quotidiana ci informa di idee che ci vengono in testa, non sappiamo da dove, e di conclusioni intellettuali a cui siamo giunti, non sappiamo come. Tutti questi atti consci restano slegati e inintelligibili se insistiamo ad affermare che ogni atto psichico che si verifica in noi deve essere passato prima attraverso la coscienza; d'altro canto, essi presentano evidenti legami se li interpoliamo con gli atti inconsci che abbiamo dedotto [...]. Quando, poi, appare chiaro che la presupposizione dell'esistenza dell'inconscio ci mette in grado di costruire un valido procedimento attraverso cui possiamo esercitare un'effettiva influenza sul corso dei processi consci, avremo una prova incontrovertibile di quanto supposto. Stando cosí le cose, è insostenibile l'affermazione secondo cui tutto ciò che avviene nella mente deve essere anche noto alla coscienza».
A partire dalla scoperta dell'inconscio Freud elabora una teoria topica dell'apparato psichico. Egli sostiene che la psiche si divide in tre luoghi (topos in greco significa luogo): il conscio (che comprende tutti i contenuti psichici di cui siamo consapevoli), l'inconscio (i contenuti che sono nel profondo e sfuggono alla consapevolezza) e il preconscio, dove si trovano tutti quei contenuti che non abbiamo presenti, ma che possiamo facilmente richiamare alla memoria (per esempio che cosa abbiamo mangiato a pranzo, oppure che giorno della settimana è oggi). La vita per andare avanti ha bisogno di una certa dose di dimenticanza, l'oblio è funzionale alla vita, come Nietzsche sostiene in Sull'utilità e danno della storia per la vita. L'apparato psichico ha tantissimi contenuti e un'unica energia, la libido, di caratterizzazione sessuale, che muove la nostra esistenza. La libido è un'energia che spinge all'autoconservazione, al piacere. Freud vede tutta la vita psichica svolgersi sotto la costellazione della libido e del principio del piacere. Libido significa in latino "desiderio". Freud ne parla in questi termini: «Libido è un'espressione proveniente dalla teoria dell'affettività. Noi chiamiamo cosí l'energia [...] delle pulsioni che hanno a che fare con tutto ciò che è compreso nella parola amore». La libido non può trovare realizzazione in maniera immediata perché ciò provocherebbe una continua tendenza all'autoaffermazione, impedendo la vita sociale. Pertanto essa viene in parte deviata. C'è un tipo di deviazione positiva, che Freud chiama sublimazione, che dà luogo alle creazioni artistiche. Per Freud le opere d'arte nascono da una deviazione della libido: in alcuni individui di particolare struttura psichica la libido non riesce a indirizzarsi verso la sua meta, devia e cerca mondi di sogno in cui il piacere si realizza, ma a un livello sublimato. In molti altri casi se la libido non riesce a trovare sfogo si presentano sintomi nevrotici in quanto, perché l'energia soffocata nell'inconscio può mandare segnali che disturbano la vita cosciente. La libido, anche nei casi piú felici, non si può esprimere direttamente perché, spinta a cercare la sua realizzazione secondo il principio del piacere, deve gradualmente sottomettersi a un altro principio, il principio di realtà, per cui ogni individuo non può realizzare il soddisfacimento dei propri bisogni immediatamente, ma deve abituarsi a controllarli tenedo conto degli altri, delle esigenze della vita sociale, deve imparare a rinviare la scarica della pulsione, la soddisfazione del desiderio.
Subito dopo la scoperta del nuovo continente dell'inconscio Freud nel 1901 pubblica Psicopatologia della vita quotidiana. A differenza de L'interpretazione dei sogni, che aveva avuto scarso successo editoriale, quest'opera ha una grande diffusione e contribuisce alla popolarità di Freud anche in America. La tesi che viene qui sostenuta è che tutta una serie di fatti che ci capitano ogni giorno: lapsus linguae (scambio di un termine con un altro), paraprassie (atti mancati o sbagliati), ecc. non sono casuali, ma dipendono da un insieme di cause psichiche precise. Si profila cosí il determinismo psichico: nel mondo psichico niente avviene a caso, ma tutto avviene per necessità e ha una causa (come secondo Democrito o Spinoza, per i quali tutto nella natura è necessità). In quest'opera Freud inoltre teorizza la continuità fra normalità e malattia, fra fisiologia e patologia mentale: egli sostiene che l'inconscio invia di continuo segnali che possono disturbare la vita quotidiana senza ostacolarla in maniera grave, mentre gli stessi meccanismi inconsci, se piú intensi, possono generare la malattia mentale, la nevrosi. I medesimi meccanismi che operano nella nevrosi sono presenti nella vita di tutti i giorni (per questo il libro si chiama Psicopatologia della vita quotidiana). Freud analizza in questo volume i lapsus linguae, le paraprassie, gli errori, gli atti mancati e dimostra che in questi eventi che capitano a ognuno di noi tutti i giorni è all'opera uno stesso meccanismo di interferenza, di disturbo dell'incoscio che, se opera invece in modo intenso, porta alla nevrosi, alla difficoltà di rapporto con la realtà. L'esempio più banale è quello dei lapsus linguae: quasi inevitabilmente, leggendo anche una sola pagina, facciamo due, tre errori, scambiando una parola o una lettera con un'altra. Quando leggiamo ad alta voce, molto spesso infiliamo una parola al posto di un'altra. Abbiamo sotto gli occhi sul foglio una parola e invece ne pronunciano un'altra. Il motivo è che c'è qualche cosa che ci ossessiona, c'è un tabú, c'è qualche cosa che per noi non è accettabile, e per questo tendiamo a non leggerle quella parola: entra in azione un meccanismo di disturbo dell'inconscio che ci porta a non pronunciare quel termine, un meccanismo simile a quello per cui, per esempio, c'è un'abitudine abbastanza diffusa a dire "una brutta malattia" oppure, come si diceva fino a qualche tempo fa, "il male del secolo" invece di "tumore". Freud usa proprio questo tipo di esempi per dire che vediamo con inquietudine un certo termine, una certa parola, che per noi si riconnette a qualche significato morboso, oscuro, torbido, sgradevole: noi non la enunciano e ne pronunciano un'altra. Oppure semplicemente urge in noi un pensiero, un evento emotivamente carico, e allora l'inconscio ci manda un segnale di disturbo e ci distrae. Oltre ai lapsus linguae, Freud analizza le paraprassie, gli atti sbagliati; per esempio: prendo la metropolitana, dovrei scendere alla tale fermata, invece non me ne accorgo, scendo alla fermata successiva, e perdo per esempio un appuntamento. Il problema è che non volevo andare a quell'appuntamento: l'inconscio per qualche motivo non mi ci voleva far arrivare. Oppure, ho l'ombrello, lo lascio a casa di un amico, poi non lo trovo piú e non mi riesco a ricordare dove lo abbia lasciato. Freud sostiene che per esempio in quei casi posso provare una forte aggressività verso quell'amico, che non sento piú come amico e, per non ricordarmene, non mi ricordo neppure di avere lasciato l'ombrello presso di lui. Si tratta di fatti della vita di tutti i giorni, ma in cui è operante un disturbo dell'inconscio. I piú interessanti fra gli atti sbagliati sono quelli che ci procurano danni, le paraprassie che ci danneggiano, come per esempio scivolare e farsi male: c'è la classica buccia di banana per strada, dieci passanti la vedono, la scansano e continuano a camminare tranquillamente, io non me ne accorgo, scivolo su quella buccia di banana e mi faccio male. Qual è la spiegazione? Che probabilmente ho un complesso di colpa, che é inconscio, di cui quindi non mi rendo conto, ma mi voglio punire per qualcosa e mi punisco facendomi male. Oppure perdo il portafogli pieno di soldi, perdita fastidiosa: volevo incosciamente punirmi di qualche cosa e mi sono punito perdendo il portafogli. I meccanismi sono vari, alcune perdite - lo ricordo solo per segnalare che la psicanalisi non si presta a regolette facili - possono dipendere per esempio da questo: ho una persona cara ammalata, temo che possa morire, l'incoscio allora mi fa fare questo ragionamento di tipo superstizioso (la superstizione è guidata dall'inconscio): meglio che perdo il portafogli piuttosto che perdere la persona cara; offro al destino il portafogli, oppure l'anello, il gioiello, la cosa cara, pur di non perdere invece la persona cara. Sono quindi molto diversi tra loro i meccanismi che ci portano ad errori, a paraprassie, ad atti sbagliati. Freud con questo tipo di ragionamento fonda - come abbiamo accennato - un'altra grande categoria della psicanalisi: il determinismo psichico. I fatti di cui abbiamo parlato, il leggere una parola al posto di un'altra, lo scendere alla fermata sbagliata della metropolitana, il dimenticare l'ombrello a casa di un amico, il perdere il portafogli, lo scivolare sulla buccia di banana, di solito vengono attribuiti al caso. Si dice: "ho dimenticato", "è capitato per caso". come se questa fosse una giustificazione. Per Freud invece nella vita psichica il caso non esiste, al contrario tutto è necessario, c'è sempre un motivo preciso per ogni evento, c'è sempre un rapporto di causa ed effetto. Non ce ne accorgiamo in quanto la causa spesso è sprofondata nell'inconscio, e l'inconscio, per definizione, non lo abbiamo presente, quindi imputiamo certi nostri comportamenti al caso.
Nel 1920 Freud imprime una svolta decisiva alle sue teorie sulla base nuove osservazioni: studiando le "nevrosi di guerra" di combattenti del primo conflitto mondiale osserva che soldati che avevano subito traumi nelle trincee tutte le notti sognavano qualcosa di doloroso, di penoso. Secondo le concezioni elaborate ne L'interpretazione dei sogni questo non si dovrebbe verificare in quanto il sogno è la realizzazione di un desiderio. Nello stesso periodo Freud pone l'attenzione sul gioco di un bambino, un suo nipotino. Tutti i bambini si divertono a gettare via un oggetto e a farselo riportare; la psicoanalisi spiega questo gioco in maniera semplice: il bambino ha bisogno di sentirsi rassicurato del fatto che la madre, se si assenta, ritorna, e trova questa rassicurazione nel ripresentarsi dell'oggetto da cui si è separato; invece questo bambino gettava via un oggetto a cui teneva senza recuperarlo, si fermava a metà del gioco, pur essendo questa la metà dolorosa. Dallo studio di questi casi Freud ricava una revisione delle sue teorie. Egli sdoppia l'energia psichica fondamentale, la libido, e pone ora la vita psichica sotto l'egida di due forze: la pulsione di vita (Eros) e la pulsione di morte (Tanatos). È vero che l'uomo tende all'unione, alla procreazione, alla creazione (Eros), ma è altresí vero che c'è in lui una forza antagonista di egual portata (Tanatos). L'uomo non è dominato soltanto dalla ricerca del piacere, ma anche da tendenze a regredire, a tornare indietro fino a quella situazione che era l'unione con la madre, quindi all'indistinzione dal mondo, e fino allo stadio della vita inorganica, cioè all'unione col tutto. In Al di là del principio del piacere (1923) Freud teorizza la presenza nella psiche umana di una tendenza all'autodistruzione, al dissolvimento di se stessi. Siamo negli anni in cui si verifica la grande rinascita di Kierkegaard, nasce l'esistenzialismo, e si può scorgere in queste teorie di Freud una qualche consonanza con la concezione dell'esistenza come colpevole distacco dal tutto: nell'uomo c'è una fortissima tendenza a espiare questa colpa e a voler ritornare a essere una sola cosa con il tutto.
Rientrano nel campo delle pulsioni di morte una serie di fenomeni che tendono non ad affermare l'individuo, bensí a farlo regredire, a fargli perdere i confini della propria individualità, riportandolo verso la indistinzione dal tutto, che portano al superamento dei propri confini fisici, per esempio l'ubriachezza, la droga, oppure la tendenza a voler affrontare il rischio, le situazioni estreme. C'è in qualche modo un aspetto dionisiaco nell'uomo (il notturno, l'indistinto), una volontà di superare il principium individuationis. La pulsione di morte è molto simile al dionisiaco di Nietzsche. Nell'uomo c'è una forza che lo spinge verso l'indistinzione, l'oblio di sé, il notturno, il perdere i propri confini, una tendenza che al limite estremo vuol dire volontà di morire: nell'uomo c'è un impulso distruttivo e autodistruttivo.
Freud vede questi due principi come ineliminabili, ma soprattutto inscindibili. Questa teoria viene delineata nella risposta che egli dà ad Albert Einstein, il quale nel 1932 gli pone una pensosa domanda sulla possibilità che l'uomo metta fine alla guerra. Freud risponde in maniera sfumata, sforzandosi di giungere a una conclusione possibilistica e ottimistica, ma riaffermando che odio e amore, Eros e Tanatos, sono due forze che non possono manifestarsi l'una senza l'altra. Leggiamo l'argomentazione centrale che Freud offre alla riflessione di Einstein: «Presumiamo che le pulsioni dell'uomo siano soltanto di due specie, quelle che tendono a conservare e a unire — da noi chiamate sia erotiche (esattamente nel senso di Eros nel Simposio di Platone) sia sessuali, — e quelle che tendono a distruggere e a uccidere; queste ultime le comprendiamo tutte nella denominazione di pulsione aggressiva o distruttiva. Ella vede che propriamente si tratta soltanto della dilucidazione teorica della contrapposizione tra amore e odio, universalmente nota, e che forse è originariamente connessa con la polarità di attrazione e repulsione che interviene anche nel Suo campo di studi. Non ci chieda ora di passare troppo rapidamente ai valori di bene e di male. Tutte e due le pulsioni sono parimenti indispensabili, perché i fenomeni della vita dipendono dal loro concorso e dal loro contrasto. Ora, sembra che quasi mai una pulsione di un tipo possa agire isolatamente, essa è sempre legata — vincolata, come noi diciamo — con un certo ammontare della controparte, che ne modifica la meta o, tavolta, solo cosí ne permette il raggiungimento. Per esempio, la pulsione di autoconservazione è certamente erotica, ma ciò non toglie che debba ricorrere all'aggressività per compiere quanto si ripromette. Allo stesso modo la pulsione amorosa, rivolta a oggetti, ha bisogno di un quid della pulsione di appropriazione, se veramente vuole impadronirsi del suo oggetto. La difficoltà di isolare le due specie di pulsioni nelle loro manifestazioni ci ha impedito per tanto tempo di riconoscerle [...]. Vorrei tuttavia intrattenermi ancora un attimo sulla nostra pulsione distruttiva, meno nota di quanto richiederebbe la sua importanza. Con un po' di speculazione ci siamo convinti che essa opera in ogni essere vivente e che la sua aspirazione è di portarlo alla rovina, di ricondurre la vita allo stato della materia inanimata. Le si addice il nome di pulsione di morte, mentre le pulsioni erotiche stanno a rappresentare gli sforzi verso la vita. La pulsione di morte diventa pulsione distruttiva allorquando, con l'aiuto di certi organi, si rivolge all'esterno, verso gli oggetti. L'essere vivente protegge, per cosí dire, la propria vita distruggendone una estranea. Una parte della pulsione di morte, tuttavia, rimane attiva all'interno dell'essere vivente e noi abbiamo tentato di derivare tutta una serie di fenomeni normali e patologici da questa interiorizzazione della pulsione distruttiva. Siamo perfino giunti all'eresia di spiegare l'origine della nostra coscienza morale con questo rivolgersi dell'aggressività verso l'interno. Noti che non è affatto indifferente se questo processo è spinto troppo oltre in modo diretto; in questo caso è certamente malsano. Invece il volgersi di queste forze pulsionali alla distruzione nel mondo esterno scarica l'essere vivente e non può non avere un effetto benefico. Ciò serve come scusa biologica a tutti gli impulsi esecrabili e pericolosi contro i quali noi combattiamo. Si deve ammettere che essi sono più vicini alla natura di quanto lo sia la resistenza con cui li contrastiamo e di cui ancora dobbiamo trovare una spiegazione». La speranza di arrivare a una società in cui l'aggressività non si manifesti è una speranza vana. In quest'affermazione c'è un indiretta critica a Marx: nel comunismo si prospetta una società egualitaria in cui, non essendoci la proprietà privata, l'uomo non avrebbe più aggressività; invece per la psicanalisi la proprietà privata può incrementare l'aggressività, ma non è l'unico movente di questa forza nell'uomo. Per Freud, Marx si illude nel prospettare una società comunista in cui l'abolizione della proprietà privata porti l'estinzione dell'aggressività. Cosí si esprime Freud in proposito: «Con l'abolizione della proprietà privata si toglie al desiderio umano di aggressione uno dei suoi strumenti, certamente uno strumento forte, ma, altrettanto certamente, non il piú forte».
Siamo arrivati quindi al punto in cui la libido si scinde in principio di Eros e principio di Tanatos e dalla teoria topica dell'apparato psichico si passa alla teoria strutturale cioè alla nota tripartizione dell'apparato psichico in Es, Io e Super-io: l'Es (Es è in tedesco il pronome neutro) rappresenta «la parte oscura, inaccessibile della nostra personalità», l'insieme dei contenuti mentali, fortemente legati a Eros e Tanatos che l'uomo non vuole riconoscere ; l'Io è la consapevolezza di se stesso da parte dell'individuo, la sua concezione di se stesso e insieme è un'istanza di mediazione fra le altre componenti psichiche e di guida del comportamento; il Super-io comprende l'insieme delle proibizioni, dei divieti, dei tabú che introiettiamo nella prima infanzia attraverso l'educazione che riceviamo; qualche divulgatore della psicoanalisi lo ha definito un "poliziotto interiore". È utile considerare la definizione che Freud stesso dà delle forze componenti l'apparato psichico. Dell'Es Freud afferma: «Suo contenuto è tutto quanto è ereditato, acquisito con la nascita, fissato costituzionalmente, prima di tutto dunque gli istinti derivanti dall'organizzazione del corpo, i quali trovano qui una prima espressione psichica a noi sconosciuta nelle sue forme». L'Io invece «rappresenta ciò che chiamiamo ragione e giudizio in contrapposizione con l'Es che contiene le passioni». «Il Super-io è il successore e rappresentante dei genitori (ed educatori) che avevano vegliato sulle azioni dell'individuo durante il suo primo periodo di vita; quasi senza modificarle, esso perpetua le loro funzioni». Da una parte abbiamo quindi le spinte dell'Es dall'altra le proibizioni del Super-io, mentre l'Io deve mediare tra queste due forze. Ma l'Io deve fare i conti anche con la realtà esterna, che manda i suoi stimoli; l'Io è quindi una struttura in continuo riequilibrio in quanto deve evitare che uno di questi tre fattori: Es, Super-io, stimolo esterno, prenda il sopravvento, il che porterebbe alla nevrosi. Si può dire che Freud riprenda con un linguaggio moderno e scientifico la visione della psiche presente già in Platone e Aristotele, che la vedono tripartita. Platone descrive l'anima come una biga alata in cui la ragione, l'auriga deve tenere due cavalli, uno bianco (anima irascibile) e uno nero (anima concupiscibile) sotto controllo. La funzione di mediazione dell'Io fra le varie istanze dell'apparato psichico è vista da Freud in termini drammatici: «La richiesta piú pesante per l'Io è probabilmente quella di tenere a bada le pretese istintive dell'Es, al quale scopo esso deve mantenere grandi quantitativi di contro-cariche. Ma anche la pretesa del Super-io può essere cosí forte e inesorabile da far sí che l'Io rimanga come paralizzato di fronte agli altri suoi compiti».
Giunto a questa visione dinamica dell'apparato psichico e delle pulsioni fondamentali, Freud si lancia in una teorizzazione della civiltà e della società che per gli psicanalisti che lo avevano seguito fino ad allora costituí una forte sorpresa in quanto comportava un'estrapolazione filosofica e sociologica delle sue teorie fuori dal contesto strettamente medico. L'indagine antropologica era stata iniziata nel 1914 con Totem e tabú a partire dalla sua scoperta del complesso di Edipo, cioè di quella fase dell'infanzia caratterizzata dall'attaccamento per il genitore di sesso opposto e dall'ostilità per il genitore dello stesso sesso. Freud sostiene che questo tipo di ostilità si è manifestato anche agli inizi della storia della società. Gli inizi della società sono inizi tribali, in cui prevale la figura del padre-padrone. Il passaggio dalla tribú alla società avviene attraverso l'assassinio del padre primitivo. La società nasce dunque con un'assassinio. All'autorità esteriore del padre, che è stata eliminata fisicamente, si sostituisce il totem, cioè una divinità venerata e sentita come una potenza interiore. All'autorità esterna si sostituisce l'autorità interna, che è qualcosa di molto piú minaccioso in quanto avvertito come innafferrabile, sacrale. Questo avviene perché l'assassinio comporta un complesso di colpa. La figura minacciosa del totem impone anche tabú, cioè proibizioni assolute, piú categoriche di quelle date dal padre. L'autorità, la proibizione diventano cosí qualcosa di fantastico, che può essere elaborato in senso morale o religioso, e diventano forze interne che non si riescono a controllare. Queste forze sono nate nel momento in cui c'è stato il passaggio dallo stato tribale allo stato societario, che si porta dietro quel complesso di colpa implicante un disagio per l'individuo. Freud sviluppa queste intuizioni in Il disagio della civilità (1929) in cui sostiene che il vivere civile è incomparabilmente superiore alla vita animale, la civiltà è un bene a cui non si può rinunciare, ma comporta un disagio in quanto essa nasce sulla base di un complesso di colpa, sulla base di proibizioni e divieti imposti all'individuo. Gli uomini hanno sempre sognato la beatitudine di una situazione pre-civile (età dell'oro per il mondo greco, Eden del mondo cristiano, il buon selvaggio di Rousseau) in quanto la civiltà viene vista come qualcosa che toglie libertà all'individuo. Con il procedere della civiltà tende dunque a crescere il disagio, matrice di nevrosi. L'uomo moderno deve abituarsi a livelli sempre piú stretti di interdipendenza e interazione con gli altri e quindi a dosi sempre maggiori di disagio. Una conclusione pessimistica, dunque. Freud è morto nel 1939, venti giorni dopo l'inizio della seconda guerra mondiale, in cui ci sono state esplosioni di follia collettiva, di sadismo di massa, che sembrano devastanti espressioni di reazione irrazionale al "disagio" da lui diagnosticato.
Il pensiero freudiano può essere interpretato come una «mappa delle interferenze che deformano la coscienza» (come afferma il filosofo Remo Bodei). La psicanalisi, cioè, è un tentativo di prendere in considerazione le stratificazioni, le interferenze, le intermittenze, i piani di frattura del pensiero logico. Il concetto di razionalità deve essere ampliato, fino a comprendere anche ciò che apparentemente è refrattario alla logica e alla coscienza: le credenze, le superstizioni, ma anche i sogni, i contenuti fantastici dell'arte, i quali non presentano verosimiglianza, devono essere sottoposti ad analisi per scoprirvi i nuclei di verità che contengono. La razionalità cui siamo abituati è quella cartesiana, fondata sul principio di evidenza e sulla "chiarezza" e "distinzione" delle idee, che viene articolata mediante il ragionamento e la rigorosa deduzione. Emblema della razionalità occidentale è l'atteggiamento illuministico: la ragione è equiparata alla luce, che si diffonde sulle tenebre dell'ignoranza e della superstizione e le dissipa. Per Freud invece anche all'interno delle tenebre si celano nuclei di verità, anche se di una verità deformata, che si può manifestare nella fantasia o nella patologia, e che va decodificata, trasponendola dal linguaggio dell'inconscio in quello della coscienza. Per Freud la verità non è qualcosa che si presenta con evidenza, bensí qualcosa che «nasce da forze in lotta e da forme di compromesso: non vi è una evidenza puntuale della verità, bensí questa viene sagomata in un processo non lineare, si profila al termine di un tragitto tortuoso», come afferma ancora Remo Bodei.
Il delirio, le nevrosi ossessive e altri fenomeni psichici analizzati da Freud presentano un persistere del paziente nelle sue fantasie, che non vengono scalzate dall'ostentazione di una verità percettibile. La logica dell'evidenza si trova in questi casi in contrato con qualcosa di altro, con "interessi" che si annidano nel soggetto fino a fargli negare ostinatamente l'evidenza. I sogni, le fantasie, le nevrosi, le esperienze di turbamenti nella percezione della realtà considerati da Freud portano a concludere che al di sotto della sfera del "logico" si annidano in noi "gruppi di interessi", "nuclei di verità", incapsulati al di sotto della coscienza, come i resti di Pompei sono sommersi da strati di cenere. Portarli alla luce, renderli coscienti è in fondo il compito che Freud e la psicanalisi si propongono, decodificando, "traducendo" il linguaggio in cui questi contenuti sono espressi, il linguaggio dell'inconscio, e allargando cosí il campo della nostra razionalità. Si può concordare con quanto scrive in La missione di Sigmund Freud un grande psicoanalista, Erich Fromm: «Nella sua fede nel potere della ragione, Freud era un figlio dell'età dell'Illuminismo, il cui motto "Sapere aude", "osa sapere", è impresso in tutta la personalità di Freud e in tutta la sua opera».

 

nella foto Breuer