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Sarà affrontato anche il campo delle medicine alternative e della psicoanalisi.



Pubblicheremo inoltre interessanti articoli di storia della medicina.

30 apr 2010



 

Il 2 Maggio,"Giornata Nazionale"


 

EPILESSIA:CENTO NUOVI CASI AL GIORNO IN ITALIA


 

Nuove terapie,rimangono ancora tabù e pregiudizi. Non è una malattia mentale


 


 

Cento nuovi casi al giorno,600 mila quelli attualmente presenti in Italia. Ma è solo un aspetto dell'epilessia nel nostro Paese. Tanti,troppi tabù resistono infatti ancora nella cultura della gente (era nota già ai romani che la chiamavono "morbus sacer" o "malattia comiziale" per l'effetto d'immagine quando colpiva la persone in luoghi affollati). Radicata è in particolare credenza si tratti di una malattia psichiatrica e siano coinvolti streghe,maghi e via dicendo.


 

Ecco perché la "Giornata" nazionale che si celebra domani mantiene il proprio ruolo d' informazione e sensibilizzazione. In tante piazze italiane volontari di varie Associazioni di pazienti e familiari,coadiuvati da specialisti neurologi, saranno disponibili per illustrare alla popolazione il problema della malattia ed al contempo rispondere ai quesiti. Lo si apprende dalla LICE,la Lega Italiana contro l'Epilessia.


 

Con il termine di crisi epilettica s'intende una varietà di sintomi neurologici dovuti ad una scarica elettrica anomala,sincronizzata e prolungata di cellule nervose della corteccia cerebrale. Per epilessia,invece, si indica un insieme di crisi epilettiche con varia modalità e cadenza di tempi.


 

Cause ancora non certe comunque,se si parla della predisposizione familiare,di fattori esterni come stress psico-fisici eccessivi,modificazioni del ciclo sonno - veglia,eccessiva assunzione di alcool e droghe,esposizione prolungata a stimoli luminosi (videogames o tv o semaforo, in soggetti più predisposti di altri).


 

La diagnosi ,oltrechè clinica in base ai sintomi,si fa attraverso l'esecuzione dell'elettroencefalogramma,la risonanza magnetica o la tac alla ricerca di eventuali alterazioni e cerebrali ed esami di laboratorio.


 

La terapia è in primo luogo farmacologica,con la somministrazione di specifici farmaci. Là dove sussista una farmacoresistenza ( 25-30% dei casi)si può ipotizzare l'asportazione della zona cerebrale sede dell'origine delle crisi ( nella maggior parte dei casi il lobo temporale). Terza soluzione,la stimolazione del nervo vago. Meno efficace,può rappresentare valida in mancato successo delle altre scelte.


 


Epilessia e donne – L'assunzione di contraccettivi orali non influenza né la gravità, né la frequenza delle crisi. L'efficacia contraccettiva orale può essere ridotta dall'interazione con farmaci antiepilettici,specie quelli di "vecchia "generazione. Le pazienti non presentano minor fertilità rispetto alla media. La malattia non crea problemi durante la gravidanza ed il parto,tranne nelle condizioni di crisi frequenti ed intense. Occorre però monitorare la terapia durante la gestazione. Consigliato è l'allattamento al seno, mentre i farmaci scarsamente influenzano la sua qualità.


 


Epilessia,bambini ed adolescenti – Se non è particolarmente grave,non incide sulle capacità d'apprendimento. Le difficoltà dell'inserimento scolastico sono per lo più legate a pregiudizi culturali e familiari,con atteggiamenti di diffidenza da parte dei compagni di classe.


 

Contro le crisi davanti a tv e videogames, qualcosa si può fare:illuminare l'ambiente circostante,non tenere i bambini troppo vicini agli schermi luminosi,dotarsi di schermi a 100 hz o meglio LCD o al plasma,limitare i tempi d'esposizione.


 


Epilessia e lavoro – Il tasso di disoccupazione è più alto nei soggetti con epilessia. Discriminazione sul lavoro è legata alla scarsa attuazione delle leggi vigenti. Sono comunque controindicati taluni lavori pericolosi per sé e per gli altri. L'impegno lavorativo può inibire le crisi,soprattutto per l'allerta necessaria alla concentrazione psico-emotiva. C'è infine scarsa sensibilità media fra i datori di lavoro e ciò spinge il paziente a nascondere la propria situazione.


 


Pronto Soccorso- Non tentare di aprire la bocca, né di inserire all'interno oggetti morbidi o rigidi,non bloccare braccia e gambe. Se il soggetto è già a terra porre sotto il capo qualcosa di morbido per evitare, in casi di nuove crisi, la possibilità di ulteriori traumi. Terminata la crisi,slacciare colletti e ruotare la testa di lato per favorire la fuoriuscita di saliva e premettere respirazione normale.


 

GIAN UGO BERTI

(riproduzione vietata)


 


 


 


 


 


da TOX.IT - L'argomento del giorno

 

Veleni e avvelenatori

Plus est hominem extinguere veneno, quam occidere gladio, «..è più grave uccidere un uomo con il veleno che con la spada» così recitava un’antica legge romana dell´imperatore Antonino Pio. In effetti, il veneficio (cioè un omicidio commesso con il veleno) è, anche per il nostro codice penale, un´aggravante del delitto di omicidio, con pena dell´ergastolo poiché il veleno, appunto, è considerato un "mezzo insidioso". L´avvelenamento si utilizza quando l´omicidio  non può essere rivendicato. Il veleno è “l´arma di chi agisce nell´ombra e vuole nascondere la propria responsabilità”.


 

La storia, la politica e la vita sono ricche di episodi in cui il ricorso al veleno ha rappresentato la soluzione "ottimale", spesso impunita, di molteplici situazioni.


 

Dal punto di vista storico, non è mai facile definire con certezza i casi di avvelenamento, anche perché le limitate conoscenze mediche dei tempi antichi non sempre permettevano di identificare con certezza le cause dei decessi.


 

Le più antiche sostanze utilizzate per venefici nel bacino del Mediterraneo erano instabili e spesso inefficaci. Si trattava di veleni di provenienza sia animale (cantaridina, sangue fermentato di toro, polveri ricavate da crostacei e salamandre) che vegetale (aconito, oppio, belladonna, assenzio, cicuta). Per questo motivo il veneficio rimase circoscritto a pochi episodi fino alla scoperta dell'arsenico. Le rapide morti dei minatori che ne inalavano le polveri estraendolo dalle miniere del Monte Amiata lo resero "popolare" tra i Romani già nel Terzo secolo avanti Cristo. Era una sostanze estremamente tossica (dose letale nell’uomo 200 mg) e dotato di una caratteristica favorevole al veneficio:  somministrato in piccole e continue dosi, determina un progressivo stato di prostrazione e defedamento che, in assenza di una indagine tossicologica, era interpretato come il decorso di una malattia incurabile ad esito mortale. In ogni caso provocava la morte senza un quadro clinico caratteristico: ciò deve sempre indurre cautela nell’interpretare delle “morti illustri” come dovute ad un avvelenamento; le tracce di arsenico riscontrate nei capelli della salma di Napoleone non sono riuscite a dare una risposta inequivocabile al perché della sua morte. Durante l'Impero romano l'avvelenatore per eccellenza fu Mitridate VI Eupatore, re del Ponto. Forte del suo "consulente tecnico", tale Crateuas, Mitridate (che ogni giorno ingeriva piccole quantità di ogni veleno per immunizzarsi) con una sua misteriosa pozione chiamata “Triaca” riusciva ad avvelenare i pozzi cui si abbeveravano i suoi nemici. La composizione della Triaca, tramandata per più di mille anni, è rimasta segreta: l'ultimo a conoscerne la composizione è stato probabilmente Maimonide Mosè, nome latinizzato di Mosheh ben Maimon, un medico ebreo vissuto a Cordóba e poi al Cairo nel dodicesimo secolo.


 

Nel Medio Evo l'arsenico diviene raro e  anche la "scienza dei veleni" conosce un declino e occorre aspettare il Rinascimento, con la nascita della chimica per assistere all’entrata in scena di nuovi veleni. Speziali, alchimisti, assaggiatori di corte: tutte figure tra la fantasia e la storia legate al problema di offendere con i veleni e di proteggersi dai venefici. L'Italia nel Rinascimento può essere considerata la patria dei veleni tanto da far scrivere a Machiavelli: "i venefici erano diventati una consuetudine così radicata da non suscitare più interesse o indignazione da parte degli italiani". Le lame delle spade venivano avvelenate immergendole nel succo di aconito, mentre per gli "assaggiatori" al servizio di vescovi e cardinali era dedicato un santo protettore e concesse apposite e speciali  indulgenze in caso di morte "in servizio".


 

I Borgia sono passati alla storia per l'uso disinvolto della "canterella", veleno ottenuto facendo evaporare urina in un contenitore di rame e mescolando i sali così ottenuti con arsenico.L'alcalinizzazione e la trasformazione in sale dell'arsenico, attraverso l'ammoniaca contenuta nell'urina, conferisce a questo minerale una elevatissima tossicità.


Si racconta anche (?) che Lucrezia Borgia offrisse pietanze a base di Funghi cortinari ai suoi sudditti e cortigiani cui aveva fatto dono di terre e possedimenti. Il Cortinarus Orellanus è un fungo nefrotossico che causa un grave danno renale dopo molti giorni dall’assunzione; in questo modo la morte del cortigiano non poteva essere ricollegata al cibo consumato alla corte dei Borgia e Lucrezia rientrava in possesso delle terre che aveva regalato.

Altri storici veleni del rinascimento sono l’"acquetta di Perugia", ottenuta dalla carcassa di un maiale impregnata di arsenico, o l'"acqua di Napoli", composta da una soluzione di anidride arseniosa addizionata con un alcoolato di cantaridina.


 

Altri antichi italiani esperti di veleni erano Valentina Visconti, la sposa del duca d´Orleans, e la regina Caterina de Medici, nota per il suo armadietto dei veleni ancora oggi visibile nel castello di Blois.


 

Esempi invece di “avvelenati” illustri (più o meno provati) del passato remoto sono il Re di Napoli Ladislao il Magnifico, il Carmagnola, cardinale Ascanio Sforza, il cardinale Ippolito de´ Medici, il cardinale Giovanni Micheli, Arrigo VII.


 

Queste pratiche iniziano ad essere abbandonate dopo l´enorme emozione suscitata in tutta Europa dall´assassinio d´Enrico IV: i venefici diventano meno frequenti e la loro condanna più netta. Il responsabile dell´omicidio di Enrico IV, François Ravaillac, fu sottoposto ad un supplizio atroce, a riprova della riprovazione assoluta che la società esprimeva nei confronti del suo gesto.


 

Nel Diciassettesimo secolo Robert Boyle getta le basi dell'analisi chimica che porterà ben presto alla identificazione dei veleni. Nasce anche la  "tossicologia" e dai primi metodi e apparecchiature rudimentali e talvolta poco affidabili, si giunge ad una disciplina universitaria: la tossicologia forense che risponde alle esigenze sempre più pressanti di soddisfare la giustizia stabilendo l´impatto dei danni provocati dalla "noxa chimica".


 

Verso la metà dell'Ottocento, viene messa a punto una procedura per identificare tracce di arsenico nei cadaveri. Gli “avvelenatori” devono quindi ricercare nuove sostanze. La stricnina, un alcaloide presente in piccole quantità nei semi di Strychnos nux vomica, un albero indigeno dell'India, fu sintetizzata  nella metà dell'Ottocento e prodotta in grande quantità. La stricnina a causa delle sue proprietà eccitatorie del sistema nervoso centrale, veniva assunta come droga d’abuso soprattutto tra le classi abbienti di Londra e Parigi. Persone vennero incriminate per avere avvelenato soggetti che, invece, avevano semplicemente ecceduto con la dose giornaliera di veleno. Quasi certamente, fu questo il caso di Florie Maybrick, condannata a morte nel 1890 per l'uccisione del marito James (abituale consumatore di stricnina e arsenico) che, secondo un controverso diario scoperto qualche anno fa, avrebbe, sotto l'effetto dei veleni, assassinato a Londra cinque prostitute guadagnandosi il nome di "Jack lo Squartatore".


 

Veleni e avvelenatori sono anche storia dei tempi nostri. Un aspetto particolare del problema è costituito dalle così dette "Pillole per agenti segreti". La prima pillola per il suicidio di agenti segreti catturati dal nemico fu sviluppata agli inizi del secolo e conteneva cianuro di potassio, un veleno sintetizzato nel 1850; il cianuro di potassio uccide dopo un'insopportabilmente lunga (in realtà breve, pochi minuti) e atroce asfissia. Si trattava, quindi, di una pillola poco popolare tra gli agenti segreti che in qualche caso si erano rifiutati di ingerirla, finendo per spifferare al nemico inconfessabili segreti.


 

Anche (ma non solo) per questo motvo nei laboratori militari è continuata la ricerca di nuovi veleni con particolare attenzione a quelli del mondo animale e vegetale: le tossine biologiche. La produzione di tossine sembrerebbe essere un privilegio concesso a quegli animali destinati altrimenti a scomparire dalla faccia della Terra: serpenti poco prolifici e scarsamente dotati fisicamente, come il cobra, gracili pesci quali l'Arothron hispidus o l'Arothron meleagris, minuscole rane quali la Phyllobates aurotaenia, o la Taricha torosa, insignificanti molluschi quali il Mytilis californianus, o il Conus magus, devono la loro sopravvivenza a queste prodigiose sostanze da millenni utilizzate dall'uomo per avvelenare la punta delle frecce o delle lance.


 

Anche i microrganismi producono velenosissime tossine. Per esempio una microscopica alga rossastra che occasionalmente popola le coste delle isole Hawaii  battezzata dagli indigeni Limu make o Hana nel dicembre 1961 provocò la fulminea morte di alcuni sub americani che si erano graffiati sulle scogliere coralline nel mare popolato da questo organismo. La creatura venne classificata nel genere del Palithoa e, quindi, la sua tossina, chiamata palitossina, trovò il suo posto negli arsenali dei servizi segreti non solo occidentali. Nell'agosto 1978 il dissidente Georgi Ivan Markov venne verosimilmente assassinato dai servizi segreti bulgari a Londra con un minuscolo dardo, "sparato" da un falso ombrello e avvelenato (palitossina (?) ricina (?))


 

Un'altra tossina studiata dai servizi segreti è stata quella prodotta in natura da un protozoo marino appartenente ai Dinoflagellati: la saxitossina che garantiva alla persona che l'avesse ingerita una morte istantanea. La produzione di questa sostanza è però estremamente complessa: ci vogliono 100 chilogrammi di rarissimi crostacei che vivono nelle gelide acque dell'Alaska per produrre appena un grammo di saxitossina.


Esempi di suicidi con cianuro di potassio del recente passato sono: Hermann Göring, Joseph Goebbels, Adolf Hitler (??), Heinrich Himmler, Erwin Rommel. Più recentemente nel 1959, Stefan Bandera, nazionalista ed esule ucraino fu ucciso dal KGB con acido cianidrico spruzzato in faccia. Si è parlato di un possibile avvelenamento di Arafat  (ricina ?) e di Sindona (cianuro ?): nulla è stato mai provato.  Ancora più fumose, inconsistenti e fantasiose le ipotesi di una morte non naturale di Giovanni Paolo I.

Nel Dicembre 2004 il candidato alla presidenza ucraina Yushchenko
 sviluppa una sindrome dermatologica facciale che ricorda il cloracne, la classica alterazione cutanea causata da alcune diossine. Anche in questo caso ipotesi di avvelenamento da parte dei servizi segreti russi.


 

E’ storia d’oggi l’uccisione in seguito a deliberata esposizione interna a Polonio 210 dell’ex agente del KGB e dissidente russo Alexander Litvinenko. Semanticamente è improprio definire "avvelenamento" la lesività, anche letale, sia immediata sia a lungo termine, causata da sostanze radioattive. Ingerire dosi elevate di un alfa emittente come il Polonio 210 causa una malattia acuta da raggi in cui il danno cellulare è legato al forte potere ionizzante delle particelle alfa. Non si tratta cioè di un interazione “chimica” tra sostanza e organismo come avviene invece nei casi di avvelenamento propriamente detti.


 

29 apr 2010



 


 

E' una malattia genetica rara. 10 mila italiani colpiti


 

ANGIOEDEMA:SCAMBIATO PER ALLERGIA O APPENDICITE


 

I tessuti si gonfiano. Se la lesione è alla laringe compaiono difficoltà respiratorie.C'è una nuova cura con siringa pre-riempita


 


 


Scambiato spesso per una reazione allergica della pelle ( bolle a diffusa e rapida insorgenza) oppure per disturbi tipici di un attacco d'appendicite acuta, con quanto consegue per le conseguenti cure,l'angioedema ereditario è invece una malattia definita "rara",che colpisce circa diecimila italiani.


 

Tutto ruota attorno alla proteina C1-INH, la cui formazione è impedita da una alterazione genetica. Con effetto "domino" si determina così un massiccio di liquidi dal sangue ai tessuti,che cominciano a gonfiarsi. La gravità sta nell'estensione dell'edema reattivo,ma anche nella sede della nuova lesione:solitamente arti e labbra,poi le localizzazioni più gravi all'intestino,appunto,alla laringe con improvvise difficoltà respiratorie (un terzo dei casi).


 

Sulle cause si possono fare soltanto ipotesi come il ruolo di stress,infezioni,traumi (lesioni,interventi odontoiatrici o chirurgici),stanchezza eccessiva da attività fisica. Con il gonfiore,compare al contempo il dolore, mentre non è presente prurito come avviene invece solitamente nelle reazioni di tipo allergico.


 

L'andamento si dimostra rapido,nell'arco cioè delle 12-36 . Se il tutto non viene bloccato si può protrarre per 2-5 giorni. Esistono al contempo sintomi premonitori che variano da sede a sede come pelle e mucose,formicolii,per l'intestino invece crampi e nausea,vomito o diarrea,per bocca e laringe,tosse,raucedine e progressiva difficoltà respiratoria. Da qui,l'importanza di un intervento sollecito ed efficace.


 

Come si cura ,dunque?In un incontro promosso a Milano dall'Associazione dei malati e dalla Shire Italia spa Human Genetics Therapies,la cura d'attacco si è fin'ora basata sulla somministrazione per via endovenosa di un concentrato della proteina mancante,estratto e purificato dal plasma di donatori sani.


 

In tema di novità,oggi è invece disponibile una siringa pre-riempita e la somministrazione avviene per via sottocutanea nell'addome. Al momento,le disposizioni delegano all'operatore sanitario la somministrazione. Il principio attivo della molecola si chiama "icatibant". Agisce rapidamente ed il sollievo generale si manifesta entra una trentina di minuti circa,con risoluzione completa nell'arco di alcune ore.

L'impiego della molecola è fattibile al contempo –si è appreso nell'incontro di presentazione – anche nei soggetti nefro od epatopatici,mentre particolare attenzione deve essere posta per cardiopatia ischemica od angina instabile. A totale carico del Servizio Sanitario Nazionale è il costo del prodotto.


 


 


 

GIAN UGO BERTI


 

Riproduzione vietata

28 apr 2010



 

La SALVIA è un arbusto suffrutice  sempreverde appartenente alla famiglia delle Labiatae.

Come si presenta
I fusti sono eretti, di sezione quadrangolare e ramificati, e possono raggiungere i 60-70cm di altezza. Le foglie sono di forma lanceolata, picciolate, persistenti e tormentose. I fiori sono blu violetto ed appaiono dalla primavera all'estate, raccolti in spighe terminali. Originaria della zona mediterranea, si trova spesso negli orti e meno di frequente allo stato selvatico. E' molto amata dalle api e il pollineentra nella composizione del miele.

Gli USI

E' una preziosa pianta aromatica il cui principio attivo si ricava dalle foglie e dalle sommità fiorite. Le foglie vengono raccolte a partire da luglio, fino a giugno, mentre le infiorescenze vengono essiccate all'ombra e conservate in sacchetti di tela o carta. Le foglie vengono anche conservate fresche in vasetti di vetro riparati dalla luce.


CURE COLTURALI

La salvia è una pianta rustica, che si adatta anche a zone a clima rigido. Nonostante questo ama il sole e la troviamo prosperosa in luoghi caldi e riparati. Non necessita di terreni particolarmente ricchi, infatti la troviamo rigogliosa anche su suoli poveri e calcarei. In primavera va concimata con fertilizzante ternario.
Si riproduce per talea,  margottao divisione in cespi: tale pratiche si svolge in autunno. Può anche venire seminata, in Aprile. Il ciclo produttivo medio è di 4-5 anni, trascorsi i quali le piante vanno rinnovate.
Per favorire la ramificazione della pianta consigliamo di cimare le piante più giovani.


Un po' di STORIA..

Nota sin dall'antichità per le proprietà salutari, tanto che il suo nome deriva dal latino "salvus" che significa sano, proprio a rivelare la sua capacità di salvare e guarire.

I Galli la consideravano una pianta in grado di guarire tutte le malattie, tanto che i druidi la usavano contro febbre, tosse, paralisi, epilessia, ma anche per favorire il concepimento e il parto. Le era attribuito anche il potere di resuscitare i morti ed entrava come in gradiente in numerosi incantesimi.

I Romani la consideravano una pianta sacra, e per questo si pensava che potessero raccoglierla solo pochi fortunati, abbigliati in modo particolare e dopo avere fatto sacrifici.

Un trattato che si data nel medioevo recita che "Il desiderio della Salvia è di rendere l'uomo immortale" e pare che in un antico erbario si racconti che quando la Vergine Maria dovette fuggire col Bambino chiese aiuto a tutte le erbe, e solo la salvia le dette riparo sotto il fogliame e la difese dagli uomini di Erode. Per questo Maria, grata alla pianta, le disse che per l'eternità sarebbe stata la preferita dagli uomini perché li avrebbe salvati da qualsiasi malattia e anche dalla morte.

Molto apprezzata dai Cinesi che la ritenevano capace di donare la longevità, nel 1600 un cesto di foglie di salvia veniva scambiata dai mercanti olandesi con tre cesti di Tè.

Nella medicina popolare, già nel medioevo, la usava come cicatrizzante su ferite e piaghe difficili da rimarginare e le si attribuivano poteri magici per cui la troviamo nelle pozioni afrodisiache e nei riti magici.


PROPRIETÀ terapeutiche

Le proprietà della salvia sono disparate e note da tempo: dalla pianta si ricava l'olio essenziale, tannini, saponosidi e colina.

Ha proprietà antinfiammatoria, balsamica, digestiva, espettorante.
E'anche chiamata Estrogeno naturale perché cura sia le sindromi mestruali dolorose che i disturbi legati alla menopausa: per le signore che vivono questo delicato momento è molto efficace contro le noiose "caldane".

E' anche indicata contro la ritenzione idrica, gli edemi, la gotta, i reumatismi e le emicranie. C'è chi la raccomanda contro le gengiviti, la carie, gli ascessi e le affezioni alla gola, tra cui la afonia.

E' antidiabetica, depura il sangue, serve contro i sudori notturni e la successiva debolezza e contro le punture di insetti. Guarisce le ferite, ne arresta il sangue e ne accelera la cicatrizzazione.


In COSMESI

Con la salvia si può preparare un ottimo dentifricio o più semplicemente si possono strofinare i denti con una foglia fresca. Risciacqui di infuso di salvia ridonano ai capelli il colore scuro. Le vaporizzazioni al viso e le lozioni a base di salvia sono astringenti e detergenti.

Tonico astringente alla salvia
- 4 cucchiai di salvia essiccata e di alcool etilico - un pizzico di borace - 3 cucchiai di amamelide- 10 gocce di glicerina
Macerare la salvia nell'alcool per due settimane e filtrare. Sciogliere il borace nell'amamelide e aggiungervi l'alcool. Unire la glicerina e travasare in una bottiglia con tappo sotto vuoto. Agitare prima dell'uso.

La salvia è impiegata per fabbricare saponi, detersivi, creme, lozioni e profumi. Con le foglie di salvia nell'acqua si fa un bagno odorato.


In ERBORISTERIA

Si utilizza sotto forma di Infuso, Decotto, Tintura e Olio essenziale. Essendo un erba potente, non va assunta in quantità per lunghi periodi.


In MEDICINA

Nei casi di irritazioni e di infiammazione delle gengive e della bocca in genere, soprattutto nel mal di gola occorre fare sciacqui, lavaggi, gargarismi con un infuso così preparato: 4 g. di salvia in 100 ml. di acqua.

Per combattere stati depressivi, stanchezze fisiche e mentali l'infuso è costituito da: 15-30 g. di foglie di salvia per 1 l. d'acqua. Occorre prenderlo prima di andare a letto o nei momenti di crisi.
L'infuso di semi di salvia toglie corpi estranei dagli occhi.


Quando rimanete senza voce

fate bollire per 5 minuti una grossa manciata di foglie di Salvia in circa ½ litro di acqua. Filtrate e fate intiepidire, aggiungete 2 cucchiai di miele e 1 cucchiaio di aceto, mescolate e travasate in una bottiglia di vetro che potete conservare alcuni giorni in frigorifero. Usate l'infuso per fare gargarismi.


VINO alla SALVIA.

Potete preparare un eccellente vino per rimettere in forze un convalescente o come tonico e stimolante della digestione: fate macerare otto giorni 100 gr di foglie e fiori essiccati in un litro di vino o, se lo avete, di Marsala. Un bicchierino dopo i pasti


In CUCINA

In cucina si usano le sue foglie fresche o essiccate per insaporire primi piatti, secondi di carne e pesce, focacce e torte salate. Il fumo di Salvia elimina odori di cucina e di animali.


Le RICETTE:

Frittelle di salvia

Una ventina di foglie di salvia grosse e sane
Farina 200 gr. c.a
Acqua minerale gasata fredda q.b.
Sale
Olio per friggere

Preparare la pastella con la farina, l'acqua e un pizzico di sale. Lavare e asciugare delle foglie di salvia fresche e grandi. Quando l'olio è caldo, intingere le foglie nella pastella, tenendole per il picciolo, e friggerle. Sgocciolarle sulla carta assorbente e spolverare di sale. Servirle calde e fragranti con un buon vino bianco secco e fresco.



Piccoli CONSIGLI UTILI da non dimenticare nell'uso della salvia
Controindicata per i soggetti nervosi e pericolosa per le donne che allattano, non deve essere posta a contatto con recipienti di ferro. Rispettate scrupolosamente le dosi.
L'olio essenziale è velenoso, tossico per il sistema nervoso può causare crisi epilettiche anche in dosi minime. Non utilizzare la tisana per lunghi periodi in dosi elevate.


SALVIA OFFICINALIS

Erba salvia

Famiglia: LABIATAE

Proprietà:

calmante, digestivo, antisettico, antisudorifero, carminativo, emmenagogo, ipoglicemizzante, stomachico.

Uso medicinale:

l'infuso calmante in tutte le manifestazioni nervose: vertigini, blocco allo stomaco, crisi d'asma, vomito, diarrea. Si prepara con due manciate di foglie secche in un litro di acqua bollente. Filtrare dopo 10 minuti e bere al bisogno o la sera prima di andare a dormire. Questo infuso giova anche in caso di forte sudorazione dovuta a stress. Bevuto dai diabetici lontano dai pasti (due tazze al giorno) abbassa il livello di zuccheri nel sangue. Per via esterna, le foglie fresche di salvia sfregate sui denti e sulle gengive fanno le veci del dentifricio

Uso culinario:

come il rosmarino è amico dell'olio, così la salvia è spesso in compagnia del burro fritto o fuso. Aromatizza i primi piatti (riso , ravioli, pizzoccheri valtellinesi ecc.) , i nodini di vitello, i "saltimbocca". Sgrassa e profuma le carni di maiale, d'oca e di cinghiale e avvolge con la pancetta le quaglie e i tordi.

 
 

 
 

 
 

 
 

 
 

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27 apr 2010

The Deadly History of Public Health



 


AI MEDICI CONDOTTI
NELLA CLINICA DI SANT'ORSOLA

DISCORSO PRONUNCIATO NELL'AULA DI AUGUSTO MURRI
IL 4 MAGGIO 1908


 

Cari e valorosi cittadini,

Voi per pochi giorni siete tornati alla fonte, vi siete riabbracciati alla madre, vi siete ricongiunti alla vostra giovinezza. E la fonte vi mescé ancora la pura limpida salubre bevanda, e la madre vi mise a parte, con l'antico affetto, de' suoi umani studi, e la giovinezza, se non aveva, ahimè! più le volate speranze e i labili sogni d'un tempo, vi rinsaldò e rinvigorì tuttavia nei nobili cuori i severi e alti propositi dei vostri principii. Vi siete rifatti, con umiltà che vi sublima, scolari; e sono comparsi avanti voi i maestri d'una volta e maestri nuovi, maestri meno giovani di voi, e più; e questi hanno chinato avanti voi il capo più biondo o più bruno dei vostri, e quelli, negli occhi più che i vostri stanchi e languenti, hanno alla vostra vista accesa, forse in una lagrima, una improvvisa fiamma; rispettando, gli uni e gli altri, i maestri, voi scolari, ammirando, venerando, amando. E quegli che è più intensamente e compiutamente il maestro, è venuto esso incontro a voi, vi ha pôrto esso il primo saluto, vi ha detto esso: «Avanti! e gioia con voi», esso che non sa più gioia che sia, esso che fulminato da tutte le sventure unite in una sola immane indicibile impensabile sventura, si vede, ogni tanto, privo anche di ciò che la sventura porta con sé, forse perché l'uomo possa tollerarla, di ciò per cui noi saremmo alle volte tentati di benedirla, quasi di invocarla, la sventura; alla quale consegue, con tutti i peggiori mali, il più grande e il più dolce dei beni: la pietà, l'amore accresciuto dei nostri simili, la riverenza nuova dei consapevoli del comune destino.

Ma ben più profondo e più alto dei sussurri e delle vociferazioni dell'odio, sonò in questi giorni per bocca tua, o nobilissimo Umberto Brunelli, l'amore dei tanti ch'egli educò al bene e sparse per le terre d'Italia a recare a gli afflitti la parola e l'opera della scienza che consola e salva. Della quale scienza qui vi trasse il memore culto, e vi adunò a dare a tutti un esempio incomparabile di devozione al santo Dovere, e ora di nuovo vi separa e vi licenzia e vi rimanda ognuno al vostro posto... E a che sono io avanti a voi? Voi siete per ripartire. Che cosa vengo a dirvi io? Compagni... Sono tra voi alcuni che ebbi cari compagni negli anni degli studi, e che ho continuato ad amare di fraterno affetto. Consentitemi che io chiami tutti nel modo che chiamo quei pochi. Compagni! Fratelli! Ecco quello che ho a dirvi; a dirvi, non in mio nome soltanto, ma per tutti quelli che voi aveste compagni nell'Università, per quelli che studiavano e lettere e leggi e scienze. Noi vedevamo voi, dopo appena alcuni mesi di allegra spensieratezza, divenir gravi, severi, meditabondi. Da un momento all'altro sembrava che la cara giovinezza si fosse involata dai vostri occhi ventenni. Era che codesti occhi avevano letto la prima pagina del libro. La prima pagina del vostro libro tiene impressa la morte. La serietà suprema del vostro còmpito nella vita vi appariva d'un tratto col suo carattere sacro. Vi si dava a leggere il cadavere nudo dell'uomo, perché vi studiaste il segreto della vita. Non a pascere, ad abbellire ad arricchire la vita vostra, sentivate che gli studi intrapresi dovevano principalmente giovare; ma a custodire, difendere, rivocare la vita degli altri. Vi accorgevate che a voi si chiedeva ben più di quel che si prometteva. Sapevate che per agiatezza, onore e gloria che foste per raccogliere dall'arte futura, v'era in essa sempre spazio per il sacrificio. E così nei vostri giovanili aspetti si stendeva un'aria di ponderatezza, come un segno di assenso, ormai sereno, ma non dato senza lunga esitazione e lotta, a una voce che vi avesse proposto una grande dubbia ancipite prova; una milizia di più pericolo che guadagno, in cui fosse non facile la lode altrui e più difficile l'intimo appagamento suo. E noi si sciamava allegramente, volando qua e là per l'Italia a foraggiare per la nostra vita e a beccar fuscelli per il nido del nostro amore; e voi, vi lasciavamo vicini ai letti delle cliniche, più pensosi e severi di noi, ma non tuttavia dottori: tanto più gravi di noi, restavate ancor per due anni studenti. Ebbene, io che vi amava e ammirava e singoli e tutti insieme (c'è tra voi chi sa che io non m'infingo e non esagero), io dopo più di un quarto di secolo di esercizio e di studio, ho riveduto alcuni di quei molto da me amati ed ammirati. E con l'antico amore e con l'accresciuta ammirazione ho chiesto a loro di lor novelle, salutando la lor compagna, accarezzando i loro figlietti. E ho saputo che io e i miei compagni di lettere e di scienze - non parlo di altri - io - parliamo anzi soltanto di me - io, non tuttavia de' più fortunati, ricevevo come compenso del mio lavoro, grave quanto si voglia, ma che non è di vita e morte, come compenso del mio lavoro, che aveva pure tre mesi di rispitto e di riposo ogni anno, lavoro che mi lasciava libera gran parte del giorno e tutta la notte, tutta la dolce ambrosia notte, ricevevo, più di venticinque anni fa, tanto e anche più di ciò che dopo venticinque anni ha ora il compagno che studiò due anni di più, che ha dato e dà al suo lavoro il giorno e la notte, che non ha vacanze lunghe e fisse, che non è solo utile ma necessario, non legge solo libri ma brancica morti, non insegna latino e greco, ma guarisce, ma redime, ma salva. Oh! profondamente io riverii quelle donne non vestite di seta, e baciai con doloroso rispetto quei visetti non sempre rosei e paffuti, sebben figli di medici, e guardai con angoscia i capelli grigi come i miei, di quei miei vecchi compagni; e pensai con tutte le lagrime del mio cuore: «Io ero biondo, quando avevo lo stipendio di questo uomo tanto più degno di me! Biondo... e solo!». Questo sono venuto a dirvi, o compagni! o fratelli! A dirvi che mi vergogno, o nobili ministri della più nobile arte del mondo, d'aver cominciato dove molti di voi finiscono, a umiliarmi avanti a voi a nome dei vostri compagni delle altre facoltà, a portarvi, nel tempo stesso, la riprovazione solidale, che valga a purificarne, di questa ingiustissima tra le ingiustizie sociali, che ha per punto di partenza (non, s'intende, per causa) l'Università, sede del dritto, fonte della luce, strumento massimo dell'umana uguaglianza e concordia. L'Università, nostra alma comune madre, leva la sua augusta voce denunziando l'onta che ai suoi più operosi figli, a quelli da cui ella esige più lungo studio, più austera disciplina, più fermo animo, più sicure prove, a quelli dalla società si diano minori compensi, minori guarentigie, meno d'onore si faccia, meno di fiducia si accordi. E che importa, se di tutti i miei colleghi io sia il meno degno di far sentire la parola della madre alma? Io sono un testimone; e ai testimoni non si chiede altezza d'ingegno e abbondanza di dottrina: si chiede se ha veduto e sa. Ora io ho veduto, udito, toccato con mano; e so. Non ci può essere parola più alta di quella che esprime la verità.

E tuttavia... Tuttavia anche per un'altra ragione mi sono indotto a parlarvi. Il vostro vecchio compagno si aggira, come i suoi più stretti colleghi, nei campi dell'imaginazione e del sentimento: «campi che hanno intorno un più largo cielo azzurro, e sanno un proprio lor sole, lor proprie stelle». A quella luce noi torniamo a veder vivo ciò che morì, e ciò che così rivive è agli occhi umani grande e bello. Quella luce nasconde le piccolezze, appiana le imperfezioni, nobilita ogni atteggiamento, fa più lunghe le ombre, fa delle lagrime perle iridate, fa del sangue fiori purpurei. È quello il luogo sacro ove il dolore ha il suo sorriso, il martirio il suo premio, la morte la sua immortalità. È il mirabile luogo che si trasmuta per mille guise e ora è il lido dell'Ellesponto, donde Achille tende soletto le mani alle onde e alle nuvole; ora il verde paese, nelle cui praterie pascolano i bianchi cavalli, ed è salutato - Italiam! Italiam! - da una nave di profughi dell'oriente, al chiaror dell'alba; ora una tetra valle, donde si propaga per trenta leghe tre volte terribile lo squillo del corno di Rolando; ora l'empireo cielo, dove l'uomo che sentì nell'essere suo l'inerte vegetar della pianta, e poi il gracidare, il latrare, il grugnire, l'ululo e il ruggito delle bestie, e si rifece umano attraverso il dolore e il pianto, s'affisa, ora serafino dalle sei ale, in Dio uno e trino. È il mondo, insomma, dei poeti e degli eroi. Ed io che sono un peregrino smarrito, selvaggio del mirabile loco, pur da tal mondo a voi mi presento. Donde venite o uomini? venite da un mondo ben reale, o compagni miei! Venite da tutte le miserie umane, che voi cercate di prevenire, di curare, di lenire almeno, tutte, negli altri, essendo destinati assai spesso a soffocare in voi la peggiore: l'umana ingratitudine. Mal retribuiti, assai spesso, mal conosciuti, sorvegliati, cinti di divieti, irretiti di sofismi, soffocati di diffidenze, da persone che interpretano come servizio di schiavi un'arte esercitata liberalmente a loro profitto, fischiati (s'è vista anche questa!), ingiuriati, persino espulsi, da gente che profittava delle nuove libertà contro i benefattori del presente e apostoli dell'avvenire, voi venite qui... A che fare? A rifornirvi di nuove armi per la vostra assidua battaglia contro il malore, a costo di darne e aguzzarne una contro voi in man di quelli che credono o mostrano di credere che un medico, da loro così ben pagato e trattato, deve saper tutto sin dal giorno della laurea. Oh! mala sorte della vostra battaglia, o medici, nella quale avete a fronte, oltre la macilenta coorte delle febbri, la dura ferrea prosperosa legione dell'ignoranza! Un vostro grande maestro osservava che nella medicina si ha a volta a volta troppa fede o troppo poca. La formula è forse questa: si crede, da molti o dai più, che la medicina tutto può, il medico nulla vuole. Dicono: «Al medico, con la laurea, fu consegnata la coppa della immortalità perché non ce l'accosta alle labbra?». Or voi l'avete serenamente sfidata questa mala voce; avete socraticamente detto a questi detrattori, che voglio credere ormai radi e poco ascoltati: «L'accusa d'ignorare è pure un riconoscimento di sapienza!». E, crollando sapientemente le spalle siete venuti ad accrescere la vostra cultura, a riconfermare la vostra scienza, a perfezionare l'arte vostra in pro' di tutti, anche dei detrattori. E ora ritornate... Su, inforca il tuo cavallo, rasenta i precipizi, attraversa i torrenti; misura col biroccino le lunghe strade assolate o fangose, gira la città di catapecchia in catapecchia. Riposerai la notte. E la notte, sussulta allo squillo imperioso del campanello, balza giù, va magari a far da levatrice in una casupola lontana lontana, dove manca tutto. E all'alba ricomincia, e qua, in una remota stamberga, improvvisa un'operazione, improvvisando prima, con trespoli e sgabelli e cenci, il letto operatorio; e là, forse in una bella casa, ascolta senza dar segno di cruccio, che la famiglia ha creduto di dover ricorrere a un altro e che tu sei ringraziato e licenziato; e altrove leggi in un amaro sogghigno, odi anche da una bocca sibilante l'accusa d'aver lasciato o d'aver fatto morire, tu, tu che vuoi alla natura strappare il poter della vita, ma toglierle il poter della morte non puoi; e altrove, dove il male è il mal della miseria, il male il cui bacillo specifico è l'egoismo umano, fa tu l'ammenda di tutti quelli che sbriciano sotto la tavola il pane che là manca, e mettiti le mani in tasca, o ben pagato, e manda al misero un po' del brodo e della carne preparati per la tua famigliola! E rassegnati a passar ancora gli esami ogni giorno della tua vita, a esser giudicato, a esser classificato da tutti i buoni uomini della tua condotta, i quali sembrano credersi in diritto d'aspettarsi da te il miracolo e nel tempo stesso pensano e dicono d'essere in grado di far l'arte tua meglio di te. E rassegnati, tu che un giorno forse non avevi che amici sorridenti, a non vedere che cipigli di nemici, a sentirti di noia di peso di troppo, dove ti recasti avvolontato di bene, dove sognavi che ben ti volessero per il ben che facevi. E rassegnati a volerlo fare, il bene, senza poterlo fare; a vedere o sapere che manca l'acqua per lavarsi, e abbonda l'alcool per avvelenarsi, e che i bimbi poppano latte scarso o infetto, e che i fanciulli avvizziscono nelle scuole senza aria e senza luce. Rassegnati: che cosa puoi far tu, servo di tutti e d'ognuno, arbitro di nulla?

Ed ecco che prima che ritorniate, io, misero contemplante del mondo ideale, vi dico: «Voi siete della vita quotidiana, ma vi conosco, vi ho veduto altrove, sì, tra l'odoroso bosco dei lauri, con quelli

iuventas aut qui vitam excoluere per artes,

quique sui memores alios fecere morendo,

AEN. VI, 663-4

che lasciano di sé memoria per il ben che fecero agli uomini. Voi siete della realtà, o compagni; ma io, che prima mi sono umiliato avanti voi, ora di voi mi esalto, perché vi chiamate EROI! Eroi, che non fanno alle braccia, non trattano armi, non domano cavalli; ma cantano, nell'Elisio virgiliano, in coro, un inno al Dio della sanità e della poesia; della luce». E vi dico inoltre: «Coraggio e avanti! Voi lo sapete da voi qual è per essere, qual è già il vostro compito nella società che si trasforma. Io non avrei che ripetere le parole eloquentissime del vostro presidente Umberto Brunelli. Voi lo sapete, dunque. E dunque assumete, con tranquilla baldanza, l'autorità che nessun potere di stato o di comune, nessun volere di maggioranza di suffragi può togliervi. Parlate alto, o seimila custodi della pubblica salute, contro le spese inutili e anche dannose nei paesi che non hanno acqua e non hanno scuola. Stendete la vostra mano, usa a non tremare, sul capo dei fanciulli d'Italia. Proteggete le nostre speranze, salvate il nostro avvenire. Siate de' maestri e delle maestre i consiglieri, i cooperatori, i difensori. E ricordate la fanciulletta orfana del medico condotto, che si offrì notturna, per alimentare i suoi fratellini, al generoso proscritto Luigi Casati, e gl'ispirò l'istituzione benefica per gli orfani come lei... Ricordate la vostra piccola santa, la vostra eroica martire, e in nome di lei difendete e redimete. Denunziate, con voce d'apostoli, i morbi che il vizio tramanda di generazione in generazione, e i morbi che il lavoro diffonde a tutta una classe di lavoratori. Collaborate a ogni riforma sociale, abolite in Italia la perdurante tuttora barbarie igienica». Ma che vi esorto? Tutto questo voi lo fate, io ripeto, e le parole che io ho detto, sono tutte, tutte vostre, o combattenti della buona battaglia contro il male e la morte, o voi che stanchi delle visite fatte, scrivete il fervido ammonimento nei giornali, componete il chiaro e savio manualetto per le famiglie, pronunziate con l'eloquenza di chi è convinto e vuol persuadere le mirabili orazioni al popolo. Siete voi principalmente che promovete l'umanità di passo in passo o di volo in volo. Siete voi, o medici, che avete fatto cadere le catene negli ergastoli, voi che spezzerete le manette e le gabbie di ferro, voi, proprio voi, con l'esempio che deste, di abolire ogni legame per i dementi anche furiosi, con le parole, che ben potete dire «Se costui lo incatenate e ingabbiate, è segno che non lo credete uomo e perciò soggetto alle umane leggi: oh! datelo, codesto infelice, a noi che sappiamo richiamare la ragione fuorviata o fuggita, solo con la parola, solo con un'occhiata, d'amore!». Siete voi, o medici, ben consapevoli della vanità delle distinzioni sociali avanti il dolore e la morte comuni, e ben convinti perciò della vanità dell'odio nei sociali dissidi, siete voi che formate la «Croce Rossa» della grande lotta. Oh! quando verrà il Calendimaggio dell'umana concordia ? Quando ritorneranno tra gli uomini le due divine essenze, che gli uomini sembra tuttora non vogliano tutte e due insieme, e che tuttavia l'una non può stare senza l'altra? Voi, o nobile schiera della Croce Rossa sociale, voi, o compagnia de' seimila (e non siete, credo, ancora tutti: quali mai e quanti di voi si negano alla difesa non solo della piccola classe, ma della grande causa, classe sua e causa di tutti?), voi invocate l'una e l'altra, l'una con l'altra: Libertà e Giustizia. Come è possibile che una parte del genere umano persista a voler vivere tra i morti di fame, a vivere anzi del loro lavoro, a vivere e per giunta godere? Scendi, o siderea Giustizia, nella terra donde fosti bandita! E come è possibile che un'altra parte del genere umano sogni e si diletti del sogno, di abolire per sé e per tutti l'unico mezzo di vivere socialmente amando i suoi simili, che è quello di appartarsene a quando a quando, e rifugiarsi nella sua casa, di là della sua siepe, nella cara ombra dove ha i suoi figli, i figli che vogliono l'ombra per nascere, come i fiori per isbocciare il sole? O Libertà, con cui «ogni tugurio appaga l'alma», non disertare la terra di cui puoi fare un cielo, se vi dimorerai abbracciata alla Giustizia! Questo mi pare abbia a essere il supremo voto del nostro animo, e io non mi stanco mai di ripetere a me stesso, che questa era l'aspirazione dei poeti di Roma, ed è, in certa guisa, un socialismo latino, arcaico bensì, di duemila anni fa, e tuttavia dell'avvenire. Dell'avvenire, forse di domani, se i popoli si avvieranno, come a me pare che s'avviino, a volere grande, sempre più grande, il bilancio collettivo: commune magnum. Dal che verrà sempre più esigua, brevis, la proprietà privata. E che bisogno c'è che sia grande? Quando questo aumento e questa diminuzione avvengono sensibilmente e lietamente, io penso d'intravedere la dea che accenna a scendere dal cielo e la dea che mostra di voler rimanere in terra, tra le rose di maggio. È o non è? Ma certo non si deve parlare di esaurita potenzialità tributaria. Io credo, insomma, che se la proprietà vuol conservarsi, debba rinunziare ad essere ricchezza.

Commune magnum... E tuttavia voi formate, o medici condotti, l'esempio della ritrosia che c'è in questo primo dei paesi latini, in questa Italia erede di Roma, a fare grande, cioè convenevole, la spesa pubblica. Parrebbe che ciò che meno importa a noi, sia la nostra salute, l'esistenza stessa. Ma giova sperare.

Sperare! Diamo un pensiero alla nostra patria, o amici! Qualche cosa ha ella pur fatto, la cara patria nostra, con tante traversie e sventure, con tale doloroso retaggio! Ella, per esempio, ha forse ora tre volte tanti medici, e pagati tre volte tanto di quello che ai suoi inizi. L'aumento non è in proporzione; ma sarà, deve essere. E un «fatale andare» questo. Che cosa guadagnava sullo scorcio dei passati governi un medico? Ecco, il padre di Renato Fucini (mi è dolce ricordare avanti a voi questo perfetto scrittore, il più arguto e insieme più affettuoso novelliere nostro, figlio di un medico condotto) guadagnava, quando il figlio «era ragazzetto, cinque paoli il giorno, che oggi sarebbero due lire e ottanta centesimi. Coi miseri incerti di qualche consulto, di qualche operazioncella e di qualche visita fuori della condotta, si può calcolare che il suo guadagno arrivasse circa a quattro lire, piuttosto meno che più...».

Ma m'interrompo. Oh! questo è anche oggi, diciamo ironicamente, il guadagno di qualche medico condotto in Italia! Mezzo secolo di storia fu dunque in vano? Si trova ancora in qualche parte dell'Italia redenta da cinquant'anni il babbo di Renato Fucini? Mi par di vederlo. Egli rende al figlio la mesata, che il figlio aveva perduto al gioco. È mattina. «Era buio, freddo e nevicava forte...». Il figlio corre sulla porta e alla luce di una lanterna vede suo padre «già a cavallo, immobile, involtato nel suo largo mantello carico di neve. "Tieni", mi disse, parlando rado e affondandomi ad ogni parola un solco nell'anima. "Prendi... Ora è roba tua... Ma prima di spenderli... Guardami!" e mi fulminò con un'occhiata fiera e malinconica. "Prima di spenderli, ricordati come tuo padre li guadagna". Una spronata, uno sfaglio, e si allontanò a capo basso nel buio, tra la neve e il vento che turbinava».

Sì. Il medico condotto li guadagna ancora così, i suoi danari, e spesso ancora così pochi, ed è ancora così buono, così forte e così... malinconico.

Ed ecco, per finire, un altro ricordo, più lontano. Quest'altro era medico in Maremma, dove viveva quasi come esiliato o confinato. «Viveva coi contadini, e, nelle ore di riposo e di sosta, con alcuni pochi libri di storia e letteratura che, oltre i non pochi dell'arte sua, aveva raccolti ed amava». Ma le ore di riposo e di sosta erano scarse. Per una desolata campagna quasi incolta, popolata di bufali e di cinghiali... il povero medico, sempre a cavallo, correva da un casolare all'altro a curare i contadini febbricitanti. Guadagnava (era prima del quarantotto)... assai poco: non molto più di due lire codine (di ottanta centesimi l'una) al giorno. Guadagnava assai poco, se, dopo un venticinque anni di professione, poteva lasciare a suo figlio in eredità... dieci di codeste lire codine. Era anch'esso fiero, diritto, soldatesco nel piglio e nella voce, e castigava i figli con non altro che un'occhiata! Ma li istruiva anche, e bene. Mancavano nel selvaggio borgo maestri: era esso il maestro dei figli «nelle ore di riposo e di sosta». Insegnò, tra l'altro, latino, e uno di quei figli particolarmente lo imparò bene; ché andato poi a Firenze fu ammesso in una scuola pubblica con quella sola istruzione paterna, che parve sufficiente e commendevole. Quel giovinetto era Giosue Carducci.

Desti nei vostri cuori una lunga eco di gloria il nome di Giosue Carducci pronunziato nell'aula di Augusto Murri! Entrambi provarono la dura vita di sacrificio che voi provate, o medici condotti, ed entrambi ne furono nobilitati, ed entrambi toccarono gli alti fastigi dell'arte e della scienza. Io ripenso l'ultima volta che s'incontrarono i due alunni del Dio della luce, del Peana musico e salutifero. Un giovinetto si recò dall'un maestro dicendogli che l'altro maestro - avo di quel giovinetto - era infermo grave. Augusto Murri... non rispose; indossò il mantello, e venne al letto di Giosue Carducci. Io non so nulla del supremo incontro; e chi potrebbe parlarne? Nuvole erano stese sulla psiche del Poeta morente. Non forse ella mandò un raggio improvviso che illuminò quella dell'altro grande accorso al suo transito? Che vide ella? qual saluto le mandò? qual augurio le lasciò? Nessuno vide: nessuno udì: tutti sanno. Chi partiva pianse su chi restava. La morte disse PACE! alla vita.

E «Pace!» e «Coraggio!» diciamoci a vicenda, o Compagni, o Maestro! Voi conoscete i mali inseparabili dalla natura umana, eppure sovrumani sforzi fate contro essi. Più facile opera, anzi gioconda e felice parrebbe dovesse essere quella diretta contro i mali non necessari, non naturali, non umani. Eppure gli uomini si trascinano dietro ancora, dopo millenni e millenni, questa ingrata compagnia che non chiede se non d'essere lasciata nel cammino. Ma voi, o buoni, o forti, o soccorrevoli, come combattete il morbo, come attenuate lo spasimo, come allontanate la morte, così predicate la giustizia, la tolleranza, la pietà.

Per questo vi amo, o antesignani dell'Era nuova.


 


Il discorso che qui ripubblichiamo è tratto dal volume di Giovanni Pascoli «Pensieri di Varia Umanità» nell'edizione di Arnoldo Mondadori, che ne ha cortesemente concessa la riproduzione.

QUESTO VOLUME FUORI COMMERCIO, EDITO DA «IL GIARDINO
DI ESCULAPIO», STATO IMPRESSO DALLE INDUSTRIE GRAFICHE
NICOLA MONETA IN MILANO IL 28 MAGGIO 1955.

26 apr 2010


La contraccezione orale compie 50 anni


 

ANCHE UN MEDICO CATTOLICO INVENTO' LA "PILLOLA"


 


 

Con l'aiuto di una femminista,di una ricca ereditiera e del dottor Frankenstein. I primi studi sono però tedeschi nel 1935


 


 


 

I primi studi su questa grande svolta nel controllo della fertilità sono tedeschi ( a Berlino,la Schering), già dal 1935. Da quel giorno,prima d'arrivare alla commercializzazione, passeranno ben 25 anni,grazie comunque agli studi del suo effettivo scopritore,l'americano Gregory Pincus,iniziati nel 1950.


 

A lui mancavano soprattutto i fondi. I soldi giunsero dalla donazione di Kathe McCormick che,all'epoca,stanziò due miliardi di dollari. Le esperienze tedesche avevano preso il via dall'urina di cavalla ed il loro utilizzo era solo terapeutico. Quelle americane furono fatte sulle donne portoricane con pillole a base di estroprogestinico e dosaggi superiori di 40 volte agli attuali.


 

Ma la storia della pillola è piuttosto contrastata,dati i tempi. Nell'America degli anni '50 il controllo delle nascite era proibito dalla Chiesa Cattolica,in alcuni Stati addirittura illegale. Addirittura era proibito diffondere materiale informativo sulla contraccezione, tipo volantini e simili. Il divieto venne abolito nel '53. Inoltre, le case farmaceutiche si rifiutavano di fare ricerca sugli anticoncezionali per non rovinarsi la reputazione e quelle che volevano condurre la ricerca non riuscivano ad ottenere finanziamenti. Una nota industria, che oggi produce pneumatici, negava di fabbricare preservativi,anche se ne vendeva per un fatturato pari a 150 milioni di dollari all'anno.


 

Margaret Sanger,un'attivista per i diritti delle donne, assieme alla McCormick cominciarono a creare la "pillola magica". La McCormick aiutò,in particolare, la Sanger nel contrabbando di diaframmi nel Paese,un reato molto grave all'epoca.


 

Grazie ai fondi lasciati in eredità dal marito della McCormick, le due donne entrarono in contatto con Gregory Pincus,un biologo soprannominato dai media "Dr.Frankenstein",per aver effettuato con successo una fecondazione in vitro di un coniglio nel 1934. L'altro uomo con cui lavorarono era John Rock,un dottore cattolico e conservatore,specialista in fertilità:aiutava le donne a rimanere incinte.


 

Ognuno aveva una propria esperienza ed una mentalità individuale ,ma li univa uno stesso principio:l'impegno d'assegnare ad ogni donna il diritto di decidere quando avere figli.


 

Il progetto,tecnicamente illegale,fu portato avanti con la copertura di uno studio contro i disordini mestruali. Ma molti test furono appunto eseguiti a Puerto Rico ed in Messico per evitare provvedimenti giudiziari.


 

Nel 1957, i risultati delle loro ricerche furono venduti negli Stati Uniti come "trattamento medicale contro i disturbi mestruali". In particolare,una dicitura sulla confezione avvertiva:"Attenzione. Questo medicinale eviterà l'ovulazione". Così, in meno di due anni,più di mezzo milione di donne americane soffrivano improvvisamente di disordini mestruali. Fu subito chiaro che l'effetto indesiderato della pillola aveva scosso l'opinione pubblica.


 

La prima ad entrare in commercio (9 maggio 1960) si chiamava Enovid. Nel 1964 si contava che una coppia americana su quattro già l'usava. Ma dovranno trascorrere altri sette anni perché il prodotto sia disponibile anche in Italia ed unicamente per fini terapeutici. Occorrerà giungere addirittura al 1971 per ottenerne la vendita anche quale contraccettivo.


 

Oggi, una donna su dieci in Italia mediamente ne fa ricorso (in testa Trentino Alto Adige e Sardegna,in coda la Basilicata). In Gran Bretagna la percentuale sale al 25%,in Germania all'80%.


 


 

GIAN UGO BERTI


 

Riproduzione vietata

25 apr 2010


QIGONG:CONSERVAZIONE DELLA SALUTE E PROLUNGAMENTO DELLA VITA SECONDO LA MEDICINA CINESE

È una pratica di autocoltivazione. Utilizza procedure miranti a coltivare la persona nel suo insieme di energia più sostanziale (il corpo) e più sottile (emozioni, sentimenti, pensiero, spirito).

A cosa serve il qigong

Si pone come obiettivo sì la conservazione della salute e il prolungamento della vita, ma anche, e in alcune pratiche soprattutto, la crescita umana e spirituale dell’individuo. Sicché la persona che pratica il qigong nella completa gamma delle sue valenze non solo giunge a godere di buona salute,  invecchiare meglio e vivere più a lungo, ma vede anche crescere la proprioa ricchezza spirituale, sviluppando il suo pieno potenziale umano. Grazie a una pratica consapevole non cambia solamente la quantità di vita, ma la qualità stessa si trasforma. E non perché il praticante lo voglia, ma perché semplicemente impara a fluire con la vita e a “lasciare accadere”.

Qigong è dunque una metodologia di lunga vita, nella duplice accezione di rallentare l’invecchiamento e favorire il processo di maturazione dell’essere umano sul piano spirituale.


Il qigong è, non a caso, definito  la via dell’armonia del corpo e dello spirito. Si tende verso uno stato di armonia con la natura1, con gli altri esseri viventi e prima ancora con se stessi.


L’espressione
qigong è composta di due ideogrammi qi e gong.



Il termine qi, benché comunemente tradotto come energia, esprime di  fatto un concetto più ampio che va dal materiale all’immateriale: può manifestarsi come sostanza, compatta e strutturata, che si può vedere e toccare (i tessuti, gli organi, il sangue e i liquidi corporei), o come energia, anche la più rarefatta  e sottile, che non si può vedere ma di cui si sentono gli effetti. Questa energia, animata da una forza dinamica che la porta a muoversi e a trasformarsi in continuazione da un estremo all’altro delle sue manifestazioni sostanziali/non sostanziali, è tutto ed è dappertutto. Il termine gong, il cui significato letterale è esercizio, indica l’allenamento.

Il termine gong, il cui significato letterale è esercizio, indica l’allenamento necessario per apprendere come  preservare, nutrire e fare circolare l’energia;

l’importanza di queste attività  risulta evidente se si considera che dall’energia dipende la qualità e la durata della vita di un individuo. Ma gong è anche apprendimento  di come ‘sentire’ e ‘lavorare’ l’energia per
condurla’ e ‘raffinarla’ in modo da realizzare una migliore qualità di forza vitale. A tanto si giunge  attraverso un duplice livello di attività; la prima è quella del perfezionamento del Cuore spirituale (più il Cuore è chiaro, più l’energia è pura), la seconda quella della pratica degli esercizi.

Qigong nel suo insieme indica l’abilità nel relazionarsi consapevolmente con ’energia vitale per proteggerla, raccoglierla, condurla, e più in generale utilizzarla.

Waigong (wai = esterno, gong = esercizio)  e neigong (nei = interno, gong = esercizio)  indicano due orientamenti contrapposti: nel  primo prevale l’attività di tipo somatico e di movimento, nel secondo quella respiratoria, di concentrazione e meditazione.
In Cina il termine waigong indica prevalentemente il qigong finalizzato all’utilizzo e rafforzamento della forza esterna per il combattimento, mentre si ricorre al termine neigong quando obiettivo della pratica è l’autoperfezionamento dell’individuo, sul piano psicofisico e/o spirituale.
Nella realtà il confine tra waigong e neigong non è mai netto, dal momento che l’uno è variamente mescolato con l’altro.

La terminologia

L’espressione
qigong è relativamente nuova, essendo entrata nell’uso comune negli anni cinquanta, con un significato generico, indicando, nella traduzione letterale, semplicemente l’atto di sottoporre ad allenamento l’ energia.

Essa ha sostituito le vecchie terminologie che, in modo più esplicito e appropriato, designavano le caratteristiche proprie dei vari tipi di pratica, qui di seguito elencate.

Daoyin (dao = condurre, yin = estendere), espressione di epoca Han,  indica esercizi di “conduzione” dell’energia vitale, mediante la respirazione, il movimento, il pensiero. Ne sono un esempio “gli otto esercizi di broccato” e “il gioco dei 5 animali2.

Originariamente indicava esercizi di movimento finalizzati sia al raggiungimento di forza ed elasticità  del corpo, sia a favorire la circolazione dell’energia.

Successivamente fu usato in modo più estensivo per  indicare ogni tipo di allenamento psicofisico utile a salvaguardare la vitalità della persona.

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Tuna
è la forma abbreviata di tugu naxin  buttar fuori il vecchio e tirar dentro il nuovo”: strumento di integrazione con il mondo della natura, tramite l’inspirazione di aria pulita e l’espirazione di aria carica di tossine metaboliche. Ne è un esempio il set di esercizi “I sei suoni”, introdotto in epoca Tang  (608-907 d. C.) dal medico Sun Si Miao e descritto nel testo. Si utilizzano l’aria inspirata e i suoni emessi con l’espirazione per stimolare l’energia degli organi ed armonizzare sincronicamente l’interno e l’esterno.

Yangsheng3 nutrire le forze della vita, ovvero “nutrire il principio vitale”.L’essere umano è dotato di tre tesori, - l’essenza, l’energia, lo spirito/mente.
Il coltivare con consapevolezza, attraverso pratiche di meditazione, questi ‘tre tesori’ agevola la piena realizzazione dell’individuo.

La  Piccola Circolazione Celeste’ può essere considerata una pratica yangshen.

Xingqi
muovere il qi
Ne è un esempio il set di esercizi denominato “I sei passi per muovere il qi.
Consiste in una fase statica in cui si raggiunge lo stato di ‘Vuoto della mente e calma del Cuore’,  e, grazie all’intenzione, si raccoglie l’energia, per arrivare all’unione dell’energia personale con quella cosmica e favorire la circolazione armoniosa di energia e sangue in tutto il corpo.

Gongfu
- allenamento, abilità; indica gli esercizi terapeutici, ma anche le tecniche di combattimento.

Wushu

indica le arti marziali e le tecniche di combattimento.

Neidan
- alchimia interna
Neidan (nei = interno, dan = cinabro, il mercurio che gli alchimisti tentavano di trasformare in oro): l’espressione indica il lavoro dell’alchimia interna, ovvero della ricerca interiore volta al perfezionamento di se stessi come individui.

Pratiche raccolte sotto il termine qigong

Esse possono essere, per ragioni classificative, ricondotte a 3 tipologie principali:
Jinggong: “esercizi della quiete”. Si tratta di esercizi statici, che possono essere praticati in posizione eretta, seduta o sdraiata, comprendenti:

  • esercizi di nutrimento interno
    neiyang gong
  • esercizi di rafforzamento
    qiangzhuang gong
  • esercizi di conservazione della salute
    baojiang gong

Donggong:
pratica in movimento”, che raccoglie gli esercizi dinamici come:

  • wuqinxi
    – gioco dei 5 animali
  • taijiquan
    – esercizi del Grande Uno
  • xinbu gong
    – esercizi di deambulazione

Dongjinggong: associazione di esercizi statici e dinamici.

La matrice delle diverse scuole di qigong

I vari tipi di qigong fin qui menzionati hanno le loro origini in epoche più o meno lontane e tutti hanno una ben definita matrice teorica (che può essere fatta risalire a cinque diverse correnti di pensiero) che nel corso dei secoli ha dato origine a vere e proprie scuole.

La scuola taoista
Considera il qigong una filosofia di vita più che una ginnastica di “lunga vita” e insegna che  benessere, salute, longevità si raggiungono non solo con la pratica degli esercizi, ma anche, e soprattutto, dando valore al porsi in uno stato di armonia con la natura e  alla capacità di conformarsi alle sue leggi, ‘semplicemente’ accettando di sentirsi parte di un disegno più grande di quello che ognuno può tratteggiare per se stesso.

La scuola buddhista
Essa è molto interessata alle pratiche di qigong interno neigong, note come meditazioni Chan (Zen)  finalizzate a disciplinare la mente, calmare il Cuore e nutrire lo spirito. Soprattutto importante è il conseguimento dello stato di non-mente, detta  Vuoto’.
Le mille mani del Buddha’, pratica di origine buddhista descritta in questo libro, bene esemplifica il tipo di lavoro e i suoi effetti sul praticante.
Ma non manca l’interesse per il benessere del corpo e la sua salute, sicché esistono anche pratiche, come ‘Il
qigong del Bodhisattwa’ in cui i movimenti del corpo sono caricati  di un forte significato simbolico e sono finalizzati alla prevenzione e cura delle malattie.

La scuola confuciana
Attribuisce molta importanza  al rispetto per il proprio corpo e per  la propria salute.
Kong Zi - Confucio invitava ad  ...allenare il corpo fino alla perfezione e a coltivare i suoi doni naturali”. Il controllo delle emozioni, il rispetto dell’etichetta, lo sviluppo dei propri doni naturali  e del proprio temperamento sono temi ricorrenti di questa scuola, secondi soltanto al coltivare la virtù e la serenità del Cuore.

La scuola medica
Ha origine dalla scuola taoista ed è  specialmente interessata a utilizzare il qigong per prevenire e curare le malattie.
Hua Tuo (?-208), celebre medico della dinastia degli Han orientali (25- 220 d.C.) è famoso per avere messo a punto due pratiche ancora oggi in uso: ‘Gli otto pezzi di broccato’ – Ba Duan Jin e ‘Il gioco dei cinque animali’ –
Wu Qin Xi, che hanno lo scopo di prevenire le malattie, specie dell’apparato muscoloscheletrico.

Sun Si Miao, medico di epoca Tang (618-907 d. C.) inventò la pratica denominata Qigong dei sei suoni’ Liu Yin Gong per curare le disarmonie dei cinque organi e del Triplice Riscaldatore.

La scuola marziale
Ha origini locali e popolari. Lo scopo è quello di rafforzare il corpo sia per l’autodifesa che per l’esibizione nei combattimenti sportivi.


7mila nuovi casi e 1500 decessi ogni dodici mesi in Italia


 

MELANOMA: OGNI ANNO 6% IN PIU'


 

L'importanza della periodica visita dermatologica


 


 

Sono oltre settemila i nuovi casi di melanoma,il più diffuso tumore della pelle,ogni anno in Italia,mentre ammontano a ben 1500 i decessi. La sopravvivenza media è di circa sei mesi.


 

La chiave per affrontare il problema,oltre al diffondersi della conoscenza e delle pratiche preventive,è l'uniformità delle cure,attraverso terapie personalizzate (target therapy). Lo scopo è di rendere cronico l'andamento della malattia,con l'aiuto di più farmaci,come già avvenuto con successo per il virus HIV dell'aids,in modo da poterci convivere tutta la vita.


 

Lo spiegano sul Journal of Translational Medicine, Paolo Ascierto dell'Università di Napoli,Howard Streicher del National Cancer Istituite di Bethesda e Mario Sznol della Yale University Scool of Medicine.


 

Per esempio,spiega Ascieto, l'immunoterapia stimola il sistema immunitario per combattere la malattia. La target therapy,agendo su determinati interruttori,blocca infatti la crescita neoplastica. Ma spesso devono essere utilizzati altri farmaci. Da qui, la necessità che le diverse case farmaceutiche interessate collaborino con gli studi clinici. E' un cambio di mentalità anche per i ricercatori:non limitarsi alla sola risposta al trattamento,ma comprendere il meccanismo d'azione delle diverse possibilità di cura per superare la resistenza che sovente si determina.


 

L'incidenza del melanoma è cresciuta come un altro importate tumore, quello maligno del polmone nelle donne,con un incremento di dieci volte nell'ultimo mezzo secolo ed uno annuo del 6% dal 1970.


 

"E' particolarmente difficile infatti da curare quando si sia diffuso oltre la lesione primaria – conclude Ascieto –e per le persone che presentano metastasi a distanza la prognosi è infausta:solo meno del dieci per cento dei pazienti con melanoma maligno sopravvive a cinque anni."


 

Queste parole cadono alla vigilia dello "Skin Cancer Day" che si celebra, nel mese di maggio, in tutto il mondo. Un'occasione per sensibilizzare la gente e ricordare quanto importante sia,almeno una volta l'anno,eseguire un esame dei propri nei presso un Centro specializzato. In questo percorso, è particolarmente importante il ruolo informativo del medico di famiglia.


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)

24 apr 2010


900 nuovi casi all'anno in Italia


 

TUMORE ALLA MAMMELLA: LUI LO SCOPRE FACENDO LA DOCCIA


 

Utile prevenzione: utile è palpare il capezzolo. Il parere della senologa Manuela Roncella dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana


 


 


 

PISA - Fare la doccia per prevenire il tumore della mammella nell' uomo ( 900 in Italia, a fronte dei 4 mila casi annui nella donna) può sembrare strano e fuori luogo. Non lo è,invece, secondo gli esperti. Durante questa consuetudine sostanzialmente giornaliera,infatti,si indulge sovente ad accarezzare il proprio corpo,sopratutto il torace:ebbene,qualche attimo d'attenzione ai capezzoli può facilitare la palpazione di un'eventuale,piccola massa,al di sotto della areola mammaria,intorno all'ordine di un centimetro od anche meno.

 
 

  Sta dunque nella ripetitività del gesto consueto, la maggiore sicurezza di non dimenticarsene."E' il modo più efficace - spiega Manuela Roncella, direttore della Unità Operativa di Senologia - per ottenere una diagnosi precoce. Il decorso clinico è lo stesso rispetto al sesso femminile e dunque identica è la possibilità di impostare un percorso diagnostico ed anche terapeutico nei tempi più solleciti. Spesso però purtroppo la diagnosi è tardiva, vuoi per la mancanza di una cultura senologica nel maschio, vuoi per l'assenza di prevenzione organizzata."

 
 

 "Il problema è che praticamente quasi nessun uomo sa di questa eventualità. Non è un'abitudine particolarmente diffusa - aggiunge - ma non è tutto qui:anche avvertendolo, il più delle volte non ci si fa caso o lo si sottovaluta,senza considerare nel giusto modo quella minima pallina. Vi è poi una componente psicologica che fa rimuovere un problema considerato femminile, o ne impedisce la condivisione con gli amici ed i parenti, quasi come se fosse una vergogna."

 
 

 "In seguito - precisa - la mammella può produrre una secrezione ed il segno più evidente può essere una macchia sulla canottiera o la camicia che rivestono la pelle. Anche in quelle occasioni, la scarsa informazione e l'insufficiente attenzione fanno perdere tempo prezioso. Far finta di niente è quantomeno pericoloso".


 

Il nuovo percorso verso il tumore alla mammella in generale – conclude – riguarda la necessità di concentrare a livello anche logistico le singole specialistiche interessate dall' andrologia, alla radiologia diagnostica,alla chirurgia,all' oncologia,alla riabilitazione. Il rischio è infatti disperdere una serie di paletti importanti,senza i quali il soggetto (donna od uomo) potrebbe essere fuorviato e distratto,perdendo tempo prezioso.

 
 

GIAN UGO BERTI