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20 giu 2012

Sentirsi soli fa morire prima

la solitudine aumenta i tassi di morte per eventi cardiaci

Sentirsi soli fa morire prima

La solitudine pare faccia aumentare il rischio di morire prima del tempo

La solitudine aumenta il rischio di morte prematura per malattie cardiovascolari. Lo studio

La solitudine o il sentirsi soli pare che influisca sulla salute, tanto che chi per esempio ha già problemi cardiovascolari è soggetto a morire prima. Ma non solo.

L’isolamento sociale, l’emarginazione, sono tutte situazioni che possono dunque portare alla morte in generale e per eventi cardiaci – questi ultimi in particolare per i soggetti predisposti o con una storia di patologie cardiovascolari. Questo quanto emerso da uno studio pubblicato sull’Archives of Internal Medicine, di JAMA, e condotto dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital della Harvard Medical School a Boston (Usa).

Secondo i ricercatori l’isolamento sociale influirebbe sulle funzioni ormonali della persona e altera l’azione degli ormoni che sottintendono allo stress emotivo e lo tengono sotto controllo. Questa azione sugli ormoni andrebbe anche a modificare il comportamento delle persone riguardo la propria salute e le cure sanitarie.
Per dunque valutare se e come l’essere soli influisse sulla mortalità, il dottor Jacob A. Udell e colleghi del BWH hanno esaminato i dati relativi ai partecipanti allo studio REACH che comprendeva 44.573 persone, di cui il 19% (8.594) vivevano da sole.

I risultati dell’analisi dei dati ha mostrato che tra coloro che vivevano da soli il rischio di morte entro i quattro anni era del 14,1%, contro l’11,1% di chi viveva in compagnia. Di queste morti premature l’8,6% era dovuto a eventi cardiovascolari in chi viveva solo, contro un 6,8% per chi viveva insieme ad altre persone.
L’aumento dei tassi di morte per le persone sole variava anche in base all’età. Per esempio, un gran numero di decessi, secondo lo studio, si verifica nella fascia di età tra i 66 e gli 80 anni con un 13,2% per chi vive solo, contro un 12,3% per chi vive in compagnia. Nella fascia di età compresa tra i 45 e i 65 anni il tasso di mortalità era del 7,7% per le persone sole e 5,7% per quelle non. A sorpresa, passati gli 80 anni, i tassi di mortalità scendevano al 24,6% per chi è solo e aumentavano al 28,4% per chi viveva in compagnia.

«In conclusione, chi vive da solo è risultato indipendentemente associato a un aumentato rischio di mortalità e morte cardiovascolare in una coorte internazionale di pazienti stabili di mezza età ambulatoriali con o a rischio di aterotrombosi – scrivono i ricercatori – Gli individui più giovani che vivono da soli possono avere un decorso meno favorevole di tutti, rispetto anche agli individui più anziani, in seguito allo sviluppo di una malattia cardiovascolare e questa osservazione giustifica il proseguire con ulteriori studi».
[lm&sdp]

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