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18 ott 2011
Incontro medici-pazienti a Firenze
LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA: SVOLTA NELLA CURA,SVOLTA NELLA VITA
800 nuovi casi all’anno in Italia. Guarigione del 90% a 10 anni dall’inizio. La costanza dell’assunzione di farmaci, elemento centrale della terapia.
FIRENZE - Vivere con la leucemia mieloide cronica, forma tumorale del midollo osseo che produce le cellule del sangue, sono circa 800 i nuovi casi l’anno in Italia, oggi si può. Una realtà che è anche il titolo di un programma di sostegno medico e sociale verso i malati, alla luce di nuovi, importanti farmaci in grado di dare una svolta al decorso della malattia, nell’ultimo decennio. La svolta avviene, infatti, nel 2001 quando si riesce ad identificare una molecola, Imatinib, capace d’inibire l’azione della tirosinchinasi, il prodotto del cromosoma Philadelphia, marker specifico della malattia. Per i pazienti, da quel momento,tutto cambia, soprattutto il loro futuro, fino a quel momento praticamente inesistente.
Come spesso accade, tuttavia, la ricerca non si ferma: già nel 2002 si inizia a lavorare su un nuovo principio attivo, nilotinib, proprio grazie a partire da quanto si è imparato con imatinib. Il nuovo medicinale, che agisce sullo stesso obiettivo e risulta più potente e preciso oltre che avere meno effetti collaterali. Entro fine anno sarà disponibile anche in Italia per il trattamento in prima linea, cioè su persone che hanno appena ricevuto la diagnosi di malattia.
Se n’è parlato ad un incontro fra clinici,pazienti e familiari all’ospedale di Careggi,promosso da Università degli Studi di Firenze,, sezione provinciale AIL (Associazione Italiana contro leucemie, linfomi e mieloma) con il supporto di Novartis.
L’elemento fondamentale della terapia e tema centrale del convegno, è stata la “compliance”, cioè l’aderenza alla cura. L’assunzione di farmaci per essere efficace deve avvenire nei tempi e nei dosaggi corretti. “Se ben curata e seguita – ha precisato Valeria Santini, professore associato all’Unità Operativa Complessa di Ematologia – non fa più paura, ma non deve essere sottovalutata”. Dal canto suo, il direttore della stessa Unità, prof. Alberto Bosi, ha precisato che “Non sono ancora note le cause. Niente però hanno a che vedere possibili infezioni oppure la trasmissione ereditaria. I casi si dimostrano comunque in crescita perché aumentano le diagnosi precoci ed, assieme,il livello d’informazione da parte del medico e d’ educazione sanitaria della popolazione”.
“Prima della svolta – ha aggiunto la Prof.ssa Santini – la malattia aveva decorso progressivo ed inarrestabile. Adesso, è bloccata dall’impiego di questi farmaci specifici. Tutto ciò perché la validità della molecola, imatinib, è legata alla capacità di colpire direttamente la proteina alterata che scatena la malattia. In pratica, un colpo preciso, al centro del bersaglio. E la molecola successiva, nilotinib, da impiegarsi nei pazienti resistenti o intolleranti alla precedente, sta dimostrando una maggiore efficacia e meno effetti collaterali. ” A breve, anche in Italia, sarà possibile utilizzarla nei pazienti di nuova diagnosi.
Ma la loro validità – si è aggiunto – rischia di creare un problema d’aderenza alla cura da parte dei malati. “All’inizio del ciclo di terapia infatti – ha precisato Antonella Gozzini, aiuto dirigente all’UOC di Ematologia –sono timorosi, poi si fanno consapevoli dell’importanza di poter tenere sotto controllo la malattia, infine,traendone beneficio, diventano indisciplinati. 4 capsule al giorno non sono né poche,né molte. Incide però la maturità della persona,lo stato clinico, la corretta informazione del medico”.
“Assumere poi la cura per bocca è una novità che stempera l’immagine della malattia. Ma è proprio lì – sono state sue parole –che bisogna affiancare la persona nella gestione della terapia. I passi avanti ci dicono che siamo sulla strada giusta. Teniamoci stretta l’opportunità e quelle che verranno”.
Positivi sono i commenti dei malati. Felice Bombaci, del GRUPPO AIL Pazienti LMC, ha spiegato come “sia oggi una realtà convivere con questa leucemia. Malati e familiari, grazie alle nuove terapie possono guardare al futuro con maggiore serenità e pensare ai progetti di vita. Il Gruppo, creato nel 2009, vuole essere il tramite fra i pazienti e gli altri attori coinvolti come sanità pubblica,ricercatori,specialisti e case farmaceutiche, per garantire una migliore qualità di vita e giungere all’eradicazione di tale patologia”.
GIAN UGO BERTI
(riproduzione vietata)
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