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21 nov 2011




Il ritorno dello scorbuto
Per una dieta sbagliata

Il caso di una dottoressa che si diagnostica la malattia «dei marinai» e dell'unica collega che le crede



I limoni da sempre rappresentano un antidoto naturale allo scorbuto
MILANO - Non molti erano disposti a credere a Simona Ghiozzi quando le balenò in testa che la causa di tutti i suoi guai potesse essere lo scorbuto, la carenza di vitamina C che un tempo affliggeva i marinai che per mesi navigavano senza toccare terra e senza perciò mangiare frutta e verdura fresche. Possibile che quella ragazza milanese, medico di poco più di trent'anni, nel 2010 avesse una malattia tanto "antica"?

La sua storia inizia quando ha tre anni e si scopre che è allergica a noci e frutta secca. «Eliminandole dalla dieta tutto è andato bene fino all’adolescenza — racconta —. Poi, dopo i vent'anni, ho iniziato a stare di nuovo male. Non riuscivo a capire che cosa mi desse fastidio, nel tempo ho eliminato moltissimi cibi, finché, due anni fa, il verdetto: mi dicono che sono allergica a frutta e verdura. Così ho smesso di mangiare anche i pomodori, gli ultimi vegetali che continuavo a concedermi».

Nel gennaio del 2009 Simona sta di nuovo bene, non ha disturbi. Ma nel giro di un paio di mesi arrivano nuovi problemi: le gambe si riempiono di petecchie, macchie rosse segno di piccole emorragie sotto l'epidermide. Gli ematologi e i dermatologi pensano a un disturbo dei vasi sanguigni, ipotizzando una vasculite; poco tempo dopo la ragazza comincia a perdere sangue con le feci e gli specialisti le danno una cura per l'infiammazione dei vasi, somministrandole cortisone ad alte dosi assieme a farmaci per proteggerle lo stomaco (la melena, così si chiama la grossa perdita di sangue con le feci, dipende di solito da emorragie allo stomaco). A questo cocktail aggiungono un supplemento di ferro e vitamina C, sempre utili in caso di emorragie: il ferro contrasta l'anemia dovuta alla perdita dei globuli rossi, la vitamina C rinforza i vasi sanguigni.

Simona risolve i suoi disturbi, ma tutti danno il merito al cortisone e nessuno può immaginare che il miglioramento abbia a che fare con la vitamina C. Dopo qualche mese, nel dicembre del 2009, si decide di sospendere la terapia perché tutto sembra sotto controllo. Di nuovo, nel giro di un paio di mesi Simona torna a stare malissimo: la pelle si copre ancora di lividi e petecchie. Riprende solo il cortisone, ma stavolta non funziona e con il passare dei mesi le sue condizioni si aggravano finché, a novembre, non riesce più a respirare bene: le viene il fiatone solo a fare due passi, è costantemente in affanno. Viene ricoverata all'ospedale Sacco di Milano e qui incontra la cardiologa e internista Maria Teresa Landoni, che prende a cuore il suo caso. La dottoressa Landoni scopre che Simona è gravemente anemica (ha un tasso di emoglobina nel sangue pari a 7 grammi per decilitro, il limite è 12) e, per chiarire la causa della mancanza di respiro, la sottopone a un'ecocardiografia che rivela una grave ipertensione polmonare: la pressione nei polmoni è a 75 mmHg (il valore soglia è 25), in queste condizioni il sangue non arriva bene ai polmoni, non viene ossigenato a sufficienza e il cuore si affatica, non pompa più il sangue in circolo come dovrebbe.

«L'elettrocardiogramma di Simona però era normale e, alla TAC polmonare, non si rilevavano emboli che potessero spiegare il suo problema. Così l'abbiamo trasfusa e dimessa dopo 5 giorni — racconta Landoni —. Dopo due settimane tuttavia è tornata, stavolta con un’emoglobina a 4 grammi per decilitro: abbiamo temuto il peggio, era piena di ecchimosi e perdeva sangue nelle feci, dalle gengive. A quel punto però Simona si era documentata e aveva cominciato a supporre che la sua dieta senza frutta e verdura potesse averle causato un deficit importante di vitamina C e quindi lo scorbuto. Tutti i sintomi tornavano: i vasi sanguigni debolissimi, le emorragie, l'anemia, l'ipertensione polmonare e lo scompenso cardiaco, che arrivano quando la malattia è in fase avanzata e in passato uccidevano i marinai».

«A un certo punto è stato come fare due più due — dice Simona —. Quando, quasi due anni prima, avevo avuto le prime manifestazioni, un collega mi aveva suggerito di prendere un po' di vitamina C assieme al cortisone, perché, anche se allora si pensava a una vasculite su base autoimmune, "di certo - mi aveva detto - non può farti male". E io ero stata bene solo allora». Maria Teresa Landoni ricorda ancora i colleghi che guardavano Simona molto perplessi, ma la cardiologa si convince che la sua paziente potrebbe avere ragione e la sottopone al dosaggio della vitamina C nel sangue. «I livelli normali vanno da 460 a 1940 milligrammi per decilitro, lei non arrivava a 100 — spiega —. Simona ha quindi cominciato ad assumere 20 gocce al giorno di vitamina C ed è rifiorita: tutto si è risolto in pochi giorni, l'ipertensione polmonare è scomparsa, il cuore è tornato a lavorare al meglio, i sintomi sono spariti. Ora continua a prendere vitamina C e sta benissimo».

La sua vicenda, secondo la cardiologa, dovrebbe farci riflettere: i casi di scorbuto oggi sono per fortuna rari e quasi sempre riguardano persone indigenti, che non riescono ad alimentarsi come dovrebbero, o gli alcolisti, perché l'alcol aumenta l'eliminazione della vitamina C. Sono però tantissimi quelli che si imbarcano in diete sbilanciate, e di rado per motivi medici, come nel caso di Simona: i più rinunciano a nutrienti di varia natura per dimagrire o "purificarsi", o magari perché si convincono di essere "intolleranti" a una serie di alimenti; poi ci sono i tanti pazienti con disturbi del comportamento alimentare come l'anoressia. Tutti sono esposti al rischio di carenze che possono portare a malattie vere e proprie.

Così, ad esempio da circa un decennio si parla di recrudescenza del rachitismo in Europa e Usa, con casi in aumento soprattutto nei bambini immigrati: poca vitamina D dai latticini (se la mamma in gravidanza non ne consuma abbastanza la carenza si ripercuote sul piccolo), scarsa esposizione al sole ed ecco che le ossa si indeboliscono, specialmente quelle delle gambe. E chissà che non tocchi rivedere casi di pellagra, molto diffusa anche in Italia fino alla metà del secolo scorso e provocata da uno scarso apporto di niacina (vitamina PP), o perfino il beri-beri, una malattia che provoca seri sintomi neurologici ed è dovuta alla carenza di vitamina B1. La niacina è abbondante in carne, pesce, legumi e frutta secca; la vitamina B1 si trova nei cereali integrali e nei legumi. Qualsiasi regime alimentare ragionevole non dovrebbe provocare deficit, ma la fantasia di chi sta a dieta non conosce limiti e così Simona conclude: «Se una persona si alimenta in modo inconsueto e ha sintomi insoliti è bene pensare anche all'ipotesi di uno stato carenziale o una malattia da malassorbimento. Scorbuto e simili non sono solo malattie del passato».

Elena Meli

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