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13 apr 2011


LA STORIA

Stanchezza cronica: il giallo del virus
«nato» in laboratorio


Una patologia senza spiegazioni,
una scoperta stupefacente, un mix di linee cellulari


MILANO - Sembrava fatta. Sembrava che i ricercatori avessero finalmente scoperto il colpevole della sindrome da stanchezza cronica: un virus chiamato Xmrv, lontano cugino di quello dell'Aids. Non è così e c'è di più: il microrganismo non esiste in natura, ma sarebbe il prodotto accidentale di manipolazioni sulle cellule. Ecco come la storia di un virus, cominciata cinque anni fa, si è rapidamente trasformata in un giallo da laboratorio. Il primo capitolo nasce nel marzo del 2006, quando un ricercatore americano dell’Ohio University, Robert Silverman scrive, sulla rivista PLoS Pathogens , di una scoperta stupefacente: per la prima volta documenta la presenza di un virus, l'Xmrv appunto, nei tessuti di certi tumori alla prostata.

La pubblicazione fa discutere: il virus era conosciuto, ma soltanto perché poteva provocare leucemie nel topo (Xmrv significa appunto: Xenotropic murine leukemia virus- related virus : cioè virus correlato alla leucemia murina virale). Il fatto che possa giocare un ruolo anche nei tumori umani è intrigante e se così fosse davvero, la ricerca sarebbe da Nobel. L'Xmrv andrebbe ad aggiungersi ad altri quattro retrovirus (si chiamano così perché si inseriscono nel Dna delle cellule umane e le sfruttano per la loro moltiplicazione) capaci di infettare l'uomo e cioè: l'Hiv 1 e 2, agenti dell'Aids, e l'Htlv 1 e 2, responsabili di certe forme di leucemia. Il secondo capitolo arriva dopo tre anni. Nell'autunno del 2009, Judy Mikovits, un’immunologa del Whittemore Peterson Institute a Reno, nel Nevada, pubblica uno studio che dimostra uno stretto legame fra il virus Xmrv e la sindrome da stanchezza cronica.

Una notizia che fa scalpore e circola su tutti i mass media, tanto più che il lavoro è stato pubblicato su una delle più autorevoli riviste, Science. La ricercatrice ha trovato il virus nel 67% dei campioni di sangue prelevati da persone malate e solo nel 3-4% di quelle sane. Per spiegare i sintomi sono state fatte varie ipotesi (vedi box in alto accanto al disegno). Ultimo imputato l'Xmrv che ha fatto sperare in nuove soluzioni terapeutiche. La stanchezza cronica interessa, infatti, molte persone: sarebbero 300 mila in Italia, soprattutto giovani. Il terzo capitolo, lo scrivono, nei successivi 24 mesi, gruppi di ricercatori, al di là e al di qua dell'Atlantico, che tentano di riprodurre i risultati della Mikovits. Ed ecco il colpo di scena: i gruppi europei (in Francia, Gran Bretagna, Spagna e Olanda) non riescono a trovare il virus, che sembra presente solo negli Usa. Intanto nasce il sospetto del conflitto di interesse: il Whittemore Peterson Institute ha venduto a un'azienda la licenza per mettere a punto il test per la ricerca del virus e il sito Web indirizza addirittura i navigatori al sito dove possono acquistarlo per 549 dollari. Con il quarto capitolo si arriva ai primi mesi di quest'anno.
In marzo, la rivista Retrovirology pubblica un lavoro di ricercatori dell'University College di Londra e della Oxford University che, confrontando il Dna del virus del topo con quello isolato nei pazienti senza trovare differenze, arrivano alla conclusione che il virus non causa la malattia, ma è il risultato di una contaminazione di laboratorio. I virus, infatti, passando dall'animale all'uomo, si evolvono e mutano le loro caratteristiche. Sempre in marzo a Boston, in occasione della 18ma Conferenza sui retrovirus, l' affaire sembra avviarsi a una conclusione. Vinay Pathak del National Cancer Institute americano dimostra che l'Xmrv non è un vero virus, ma è una chimera accidentalmente creata in laboratorio. Per capire che cosa è avvenuto, occorre fare un passo indietro fino agli anni Novanta. Allora, nei laboratori della Case Western Reserve University a Cleveland, in Ohio, si tentava di creare una linea di cellule cancerose da studiare in laboratorio. Per farlo, i ricercatori avevano più volte trapiantato cellule umane di cancro prostatico nei topi. La linea cellulare (chiamata 22 Rv1), che avevano ottenuto, ha fatto il giro di molti laboratori negli Stati Uniti. Studiando tutti i passaggi che sono serviti per produrre questa linea cellulare, Vinay Pathak scopre, con un collega, due virus, entrambi somiglianti al Xmrv, ma non uguali.

Per farla breve: l'Xmrv è la somma di questi due virus. Un mélange genetico, insomma, che non esisteva in natura e che ha fatto la sua comparsa fra il 1993 e il 1996. Ma come era finito il virus nel laboratorio dell'esperta di stanchezza cronica a Reno? Lo svela lei stessa, martedì 29 marzo 2011, durante un seminario organizzato dalla New York Academy of Science: alcuni dei suoi campioni di sangue, prelevati da persone affette da stanchezza cronica, sono stati esaminati nel laboratorio di Robert Silverman, protagonista del capitolo numero uno, il ricercatore che aveva isolato il virus dai tumori della prostata umani e che il 17 marzo aveva dichiarato al Chicago Tribune che aveva sempre utilizzato la famosa linea cellulare 22Rv1. Quindi, la contaminazione da parte del virus chimera era proprio partita dal suo laboratorio: ecco spiegato il perché il virus è stato trovato sia in tumori umani della prostata, sia nei casi di stanchezza cronica. Fine della storia? Non ancora. Il quinto capitolo, tutto da scrivere, dovrà chiarire perché i campioni di sangue delle persone con sindrome da stanchezza risultano più "contaminati" dal virus rispetto a quelli di soggetti sani. E dovrà accertare se incidenti di laboratorio di questo tipo potranno succedere di nuovo. La fantascienza ci ha sempre creduto.

Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it
10 aprile 2011

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