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9 mag 2011



La nascita? Ancora un lusso per pochi Cinquanta milioni di mamme a rischio

Save the Children pubblica la graduatoria del benessere di madri e figli in 164 Paesi In testa la Norvegia, ultimo l’Afghanistan. L’Italia scivola al 21esimo posto



MILANO - La nascita è ancora un «lusso» nella stragrande maggioranza dei Paesi in via di sviluppo: mille donne e duemila bambini continuano a morire ogni giorno per complicazioni al momento del parto, facilmente evitabili e risolvibili se ad assistere alla nascita ci fosse anche una sola ostetrica. Ma così non è ancora per 48 milioni di donne nel mondo, di cui 2 milioni partoriscono in totale solitudine, senza neanche un familiare. Sono questi alcuni dei dati che danno la misura delle abissali distanze che ancora separano i Paesi industrializzati da quelli del Terzo e Quarto mondo, con la Norvegia in cima alla classifica delle nazioni dove mamme e bambini stanno meglio e l’Afghanistan all’ultimo posto nel mondo per benessere materno-infantile, secondo l’Indice delle madri diffuso dall’associazione Save the Children all’interno del 12esimo «Rapporto sullo stato delle madri nel mondo», una graduatoria del benessere materno-infantile in 164 Paesi stilata sulla base di vari parametri: dagli indici di mortalità infantile e materna, all'accesso delle donne alla contraccezione, dal livello di istruzione femminile e di partecipazione delle donne alla vita politica, ai tassi di iscrizione dei bambini a scuola.

«PICCOLE MAMME»- Alla pubblicazione, che tradizionalmente viene diffusa alla vigilia della festa della mamma per fare il punto sulla condizione delle madri e dei bambini nel mondo, quest’anno Save the Children affianca anche la ricerca «Piccole mamme», un’analisi sulle madri teen ager in Italia. «A guardare i dati e le classifiche si rischia di farsi prendere dallo sconforto perché da un anno all'altro — spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia —. La scala di alcuni problemi rimane grande soprattutto in molti paesi subsahariani e asiatici, per esempio Niger, Ciad, Eritrea, Sudan, Afghanistan, Yemen, dove l'esperienza della maternità e della nascita restano una sfida, a volte mortale, per madre e bambino. E anche guardando a casa nostra non si può nascondere una certa preoccupazione nel vederci scivolare nell’Indice delle madri dal 17esimo al 21esimo posto fra i Paesi industrializzati per benessere materno-infantile, con alcuni indicatori - come la presenza delle donne in parlamento o il ricorso alla contraccezione - che ci vedono al di sotto di alcune nazioni in via di sviluppo».

LA CLASSIFICA MONDIALE - Secondo l’indice della madri, Afghanistan, Niger, Guinea Bissau, Yemen, Chad, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Mali, Sudan, Repubblica Centro Africana sono i 10 paesi dove i livelli di salute materno-infantile e le condizioni di madri e bambini sono i peggiori al mondo. All'estremo opposto della classifica, i 10 paesi dove il benessere di madri e bambini è massimo: Norvegia, Australia, Islanda, Svezia, Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia, Belgio, Paesi Bassi, Francia. La distanza fra la prima della lista, la Norvegia, e l’ultimo paese in graduatoria, l’Afghanistan, è abissale: in Norvegia ogni parto avviene in presenza di personale qualificato mentre in Afghanistan questo accade solo nel 16% dei parti. Una donna norvegese in media studia per 18 anni e vive fino a 83. L’83% delle donne norvegesi fa uso di contraccettivi e 1 su 175 perderà il proprio bambino prima che compia 5 anni. All’estremo opposto, una donna afghana studia per meno di 5 anni e vive mediamente fino a 45. Meno del 16% di donne ricorre alla contraccezione, 1 bambino ogni 5 muore prima di arrivare al quinto anno di età il che significa che ogni donna, in Afghanistan, va incontro alla perdita di un figlio nell’arco della sua vita. Prendendo in esame altri Paesi in fondo alla classifica, i confronti non sono meno drammatici: 1 donna ogni 14 in Ciad e Somalia rischia di morire durante la gravidanza o il parto. In Italia il rischio di mortalità materna è inferiore a 1 donna ogni 15.000.

LA SITUAZIONE IN ITALIA- Nel confronto fra zona alta e la zona bassa dell’Indice, quest’anno il nostro Paese non è nel gruppo di testa e neanche più nella seconda fila, perché dal 17esimo posto è scesa al 21esimo. «La discesa di qualche posizione non è confortante perché riguarda soprattutto i parametri relativi alla condizione della donna e al suo ruolo e riconoscimento sociale — dice Raffaela Milano, responsabile dei programmi Italia-Europa di Save the Children— . Risulta per esempio in flessione la percentuale delle donne sedute in parlamento (20%) a fronte di percentuali più alte in paesi come lo stesso Afghanistan (28%), Burundi (36%), Mozambico (39%). Stabili appaiono altri indicatori, come quello sull’utilizzo della contraccezione che coinvolge il 41% delle donne italiane. Una percentuale inferiore a quella di paesi come Botswana (42%) Zimbabwe (58%), o ancora Egitto (58%) e Tunisia (52%), e molto distante dall’82% della Norvegia». Save the Children ha voluto puntare i riflettori, in particolare, sulle mamme adolescenti italiane, realizzando la ricerca «Piccole mamme» in collaborazione con le associazioni CAF Onlus di Milano, Il Melograno di Roma e L’Orsa Maggiore di Napoli. Le mamme teen sono quelle di età compresa fra i 14 e i 19 anni. Sono oltre 10.000 in Italia, di cui circa 2.500 minorenni: fra queste ultime il l’82% è costituito da mamme italiane, il restante 18% da mamme straniere. Il 71% delle mamme teen risiede nel Mezzogiorno e nelle isole, in particolare in Sicilia, Puglia, Campania, Sardegna e Calabria. Nell’Italia meridionale e nelle isole i nati da madri minori di 20 anni rappresentano il 3% del totale delle nascite nell’area a fronte dell1,3% nell’Italia nord orientale e nord occidentale, dell’1,1% dell’Italia centrale. Guardando al rapporto fra mamme teen straniere e italiane in 3 città campione (Milano, Roma e Napoli), a Milano si rileva una percentuale più consistente delle prime (pari al 2,62% sul totale delle mamme straniere) rispetto alle seconde (lo 0,97% sul totale delle madri italiane). Anche a Roma il rapporto è più sbilanciato a favore delle mamme straniere (1,82 a fronte dello 0,74 delle madri italiane). A Napoli invece la situazione si ribalta: la percentuale di madri italiane è più alta (3,46%) in confronto a quella delle mamme teen non italiane (1,41%). L'età media in cui le giovani mamme hanno un bambino è di 16-17 anni. Circa il 60% delle mamme adolescenti ha un marito o un compagno, mediamente giovane (fra i 18 e i 21 anni). Solo una piccola parte (il 19%) delle giovani madri ha un lavoro; per quanto riguarda il titolo scolastico, molte si sono fermate alla scuola dell’obbligo o hanno successivamente interrotto gli studi. «Il numero delle mamme adolescenti è rimasto più o meno costante e contenuto negli anni ma non per questo il fenomeno può essere ignorato — spiega Raffaela Milano —. Le mamme adolescenti sono ragazze doppiamente vulnerabili, poiché al delicato momento rappresentato dall’adolescenza si aggiunge l’esperienza della maternità. Il risultato è spesso un sentirsi impreparate e inadeguate sia a livello emotivo, sia sociale ed economico. Talvolta poi la gravidanza precoce si inserisce in un quadro già multiproblematico sia della ragazza che della sua famiglia di origine. Ne consegue la necessità di costruire intorno alla giovane mamma e al suo bambino una rete di supporto, da parte dei servizi sociali e sanitari, prevedendo anche una formazione ad hoc per gli operatori coinvolti, che tenga conto della provenienza non italiana di tante di queste mamme e delle particolari dinamiche culturali e familiari in cui esse vivono».

L’ANALISI DI THE LANCET E IL RAPPORTO AMREF - A corroborare i dati di Save the Children, uno studio sulla mortalità neonatale appena pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet che mette in rilievo il preoccupante dato sul lento calo dei decessi. Ogni giorno 7.200 bambini, nel mondo, muoiono poco dopo aver visto la luce. Nel 2009 sono morti 2,6 milioni di bimbi entro il primo anno di vita, soprattutto nei Paesi a basso reddito. Nel 1995 si erano registrati 3 milioni di casi, nel 2009 si è arrivati a 2,6 milioni. Una sottile percentuale al ribasso, solo l'1,1% all'anno. Il 98% delle morti si verifica nei Paesi a basso e medio reddito ma anche quelli sviluppati non sono immuni dal fenomeno. Nelle zone ricche del pianeta, il rapporto con quelle povere è di 1 caso a 320. Cinque, le principali ragioni di mortalità: complicazioni del parto, infezioni materne in gravidanza, disturbi della madre (soprattutto ipertensione e diabete), restrizione della crescita fetale e anomalie congenite. Secondo un'analisi dell'Oms, adottando alcune misure di prevenzione sulle madri e sui bambini si potrebbe salvare oltre un milione di neonati all'anno. Quasi la metà delle morti neonatali, 1,2 milioni, avviene quando la donna è in travaglio. Si tratta di episodi direttamente connessi con la mancanza di assistenza qualificata in un momento critico per madri e bambini. Due terzi dei casi avviene nelle zone rurali, dove il personale ostetrico e i medici non sono sempre disponibili per le cure essenziali durante il parto e per le emergenze, come la necessità di effettuare un parto cesareo. Il 66% dei decessi, in base all'analisi di Lancet, riguarda soli 10 Paesi: Afghanistan, Bangladesh, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, India, Indonesia, Nigeria, Pakistan e Repubblica Unita della Tanzania. Secondo Amref (African Medical and Research Foundation), ogni giorno muoiono mille donne per complicanze legate al parto, il 99% nei paesi poveri e la metà concentrate nell'Africa Sub-sahariana, dove è a rischio una futura mamma ogni 31. «Donne e neonati poveri — sottolinea Amref — muoiono molto più degli altri perchè non hanno accesso all'assistenza sanitaria di base che in altre parti del mondo è scontata, gratuita e accessibile a tutti e passa in primis per la disponibilità di ostetriche per l'assistenza al parto. Peraltro, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che sono necessarie 334 mila ostetriche per assicurare l'accesso universale a personale ostetrico qualificato entro il 2015 e si calcola che almeno il doppio siano quelle necessarie per assicurare l'accesso a un pacchetto completo di servizi di salute sessuale e riproduttiva».

LE CAMPAGNE DI SOSTEGNO - Save the Children rilancia la campagna Every One con lo slogan «Siamo tutti mamme» (www.savethechildren.it) per finanziare soluzioni a basso costo, semplici e sperimentate che garantiscano la salute delle madri prima, durante e dopo il parto e abbattano così la mortalità materna e infantile sia al momento della nascita che nei primi mesi e anni di vita del bambino. Fino al 25 maggio è di nuovo possibile contribuire alla campagna Every One, donando 1 euro con un sms al 45599 da cellulare personale TIM, Vodafone, Wind, 3, Coopvoce e Tiscali; 2 o 5 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa Telecom Italia, Infostrada, Fastweb, Teletu e Tiscali. Sarà possibile sostenere Every One in anche in tutti i negozi OVS d’Italia, acquistando una shopper direttamente alle casse e fino al 28 maggio si potrà effettuare con facilità una donazione per la campagna di Save the Children in tutte e 45 mila le ricevitorie SISAL sul territorio nazionale. Con i fondi raccolti Save the Children continuerà a sostenere programmi di salute e nutrizione nei 36 paesi in cui si sta dispiegando la campagna, in 6 dei quali – Egitto, Etiopia, Mozambico, Malawi, Nepal, India – i programmi sono direttamente sostenuti da Save the Children Italia. Con Every One, Save the Children si sta impegnando concretamente a salvare 2 milioni e 500.000 bambini entro il 2015, a raggiungere con programmi di salute e nutrizione circa 50 milioni di donne in età fertile e bambini, e a mobilitare 60 milioni di sostenitori in tutto il mondo. Amref lancia invece una raccolta di fondi legata alla Festa della mamma. Con lo slogan «Nessuna donna dovrebbe rischiare la vita per dare la vita», l’organizzazione no profit propone di festeggiare la propria madre donando una visita ginecologica, un corso premaman o un vaccino a una mamma africana (www.occasionidelcuore.it).

Ruggiero Corcella

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