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8 mar 2011




Paul Klee, quando la malattia
ispira nuovi capolavori

La produzione del pittore svizzero mutò profondamente dopo che fu colpito dal morbo che «indurisce la pelle»


Paul Klee, "Gezeichneter"
MILANO - Due occhi profondi come abissi, che ci guardano dalla tela con aria interrogativa e spaesata. Le due linee nere che attraversano del tutto il dipinto segnano il viso, lo "marcano" con una X, come a volerlo cancellare. I colori sono autunnali, sofferti. È "Gezeichneter", conosciuto come "L'uomo segnato": il primo quadro dipinto da Paul Klee dopo la diagnosi di sclerodermia, nel 1935. Un autoritratto dell'uomo di fronte alla malattia, l'avvio di una nuova fase nella vita e nell'arte del grande pittore svizzero. Tutto, secondo alcuni storici dell'arte e della medicina, iniziò due anni prima, nel 1933. Klee, dopo aver vissuto la giovinezza a Berna dov'era nato, ai primi del '900 si era trasferito in Germania, diventando, nel 1930, professore all'Accademia d'Arte di Düsseldorf. Apprezzato e seguito dai suoi studenti, Klee era felice; ma nel 1933 il Partito Nazionalsocialista lo incluse nel novero degli artisti "degenerati". Rimosso dal suo incarico, nel dicembre del 1933 Klee tornò in Svizzera, deluso e amareggiato. Depresso, si direbbe oggi. Tanto che questo, secondo molti, contribuì a scatenare la malattia, un anno e mezzo dopo: nell'estate del 1935 Klee fu colpito da una violenta broncopolmonite, si indebolì, vide cambiare l'aspetto del suo viso. La pelle si fece più tesa e rigida, la bocca parve assottigliarsi, il naso più affilato.


Paul Klee in una foto del 1921
LA DIAGNOSI - Klee andò da Oskar Naegeli, dermatologo all'Università di Berna, e fui lui probabilmente il primo a riconoscere la sclerodermia, senza però rivelarlo all'artista. Ma davvero Klee può essersi ammalato per colpa dello stress? «Non ci sono dati certi, ma l'esperienza ci insegna che un forte stress, pur non essendo la causa diretta della sclerodermia, può far "esplodere" la malattia e accelerarne il decorso - commenta Raffaella Scorza, responsabile del Centro di riferimento regionale per le Malattie autoimmuni sistemiche all'Ospedale Maggiore di Milano -. Una separazione, un lutto, anche una grossa difficoltà finanziaria o un licenziamento in tronco sono tutti elementi che spesso si ritrovano nella storia dei pazienti, poco prima dell'esordio della sclerodermia». La malattia, pur essendo grave, risparmiò le mani del pittore, consentendogli di continuare a dipingere. Solo nel 1936 la produzione artistica ebbe una battuta d'arresto: appena 25 quadri, perché la patologia lo aveva sfinito. Poi però, dal 1937 e fino alla morte, nel 1940, il pittore lavorò con un rinnovato impeto, tanto che un quarto dell'intera produzione artistica di Klee arriva dagli anni di convivenza con la malattia. Che cambiò, e molto, i suoi quadri.

LE OPERE - Abbandonata la musicalità e i colori vibranti di acquerelli come "Scheidung abends" (Separazione di sera) o "Fraulein" (Signorina), negli ultimi tre anni di vita Klee mise su tela una lunga analisi sul dolore, la morte, l'abisso dell'ignoto. Ecco irrompere rossi drammatici, linee nere perentorie e misteriose. Anche i titoli seguirono il percorso di riflessione intrapreso: "Pensando al futuro", "Catastrofe della Sfinge", "Maschera: dolore". Nel 1938 la sclerodermia costrinse il pittore ad alimentarsi di cibi liquidi o semiliquidi: non riusciva più a inghiottire, perché la malattia "indurisce" gli organi interni e nel suo caso aveva colpito l'esofago. E i polmoni: bastava pochissimo movimento per provocargli il fiatone. Il pittore si sentiva in equilibrio su un filo sottile, come l'omino ritratto con poche linee in "Des Ubermutes", "Gli spiriti elevati": un punto esclamativo marca la soddisfazione nel riuscire a combattere la battaglia contro la malattia, ma c'è anche l'acuta consapevolezza che basta un minimo errore per cadere. Pochi comprendevano l'arte di Klee, anche in quegli ultimi anni: i critici, in Svizzera, lo bollarono come schizofrenico. Lui rispose tenendo una sorta di diario pittorico della malattia e dipingendo tele come "Ein Doppel-Schreier", "Doppio grido", un urlo disperato di fronte al crepuscolo della vita e del mondo (i sussulti della seconda guerra mondiale erano alle porte); come "Weinende Frau", "Donna che piange", una sinfonia di colori freddi; o come "Tod und Feuer", "Morte e fuoco", uno degli ultimi dipinti. Bocca, occhi e naso di un teschio grigiastro disegnano la parola TOD, morte; il fuoco della guerra si avvicina e anche Klee si prepara alla fine.

ADDIO TRISTE - Alcuni degli ultimi quadri ritrovano la natura, i fiori, i colori, in un addio alla vita triste ma consapevole. A maggio del 1940, durante una vacanza a Locarno, il pittore peggiorò e venne ricoverato. Morì il 29 giugno, dopo appena cinque anni dall'esordio della sclerodermia. Fino a trent'anni fa per questa malattia c'era ben poco da fare. «Soprattutto per le forme più aggressive come quella dell'artista - osserva Scorza -. Oggi le cose sono molto cambiate e il 90% dei malati può sopravvivere oltre 20 anni. La malattia compare spesso fra i 50 e i 60 anni, ma c'è un picco anche fra i più giovani, tuttavia i pazienti in cui porta velocemente a insufficienza respiratoria, ulcere e problemi gravi sono meno dell'1%. Fondamentale per migliorare le prospettive di vita è stata anche la diagnosi precoce: oggi è raro che la malattia venga riconosciuta tardi, quando ci sono già i sintomi cutanei o a carico degli organi interni». A Paul Klee non è andata così: chissà, altrimenti, quanti quadri avrebbe potuto ancora regalarci.



Elena Meli

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