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15 apr 2010



 


 

Il gruppo coordinato dall'endocrinologo Daniele Barbaro


 

TIROIDE: UNA RICERCA TUTTA ITALIANA

PER LA DIAGNOSI E LA CURA


 

Sfrutta l'avidità delle cellule tumorali verso il glucosio,ma impiega ferro e oro per identificarle poi alla risonanza magnetica. Prospettive di cura con l'ipertermia endogena


 


 


 

Dallo zucchero e dal ferro potrebbe nascere una speranza per scoprire e curare i tumori della tiroide. La novità prende corpo da un gruppo di studio italiano coordinato dall'endocrinologo Daniele Barbaro (ospedali di Livorno e Pisa) e presentati al congresso internazionale di Pechino ("Annual International Congress of Antibodies 2010).


 

La ricerca,che quest'anno dovrebbe iniziare nella fase di sperimentazione clinica,prende spunto da una scoperta di Otto Warburg nel 1920,secondo cui le cellule tumorali sono avide di glucosio. Si chiama glicolisi anaerobica il processo che consente al tumore di nutrirsi.


 

A scopo diagnostico, il principio è già in uso grazie anche alla scintigrafia (FDG/PET) capace di scovare masse tumorali. Il grado di captazione,in particolare, è tanto più marcata quanto più la malattia si dimostri aggressiva.


 

Le nuove indagini del gruppo italiano vogliono sfruttare tale caratteristica d'avidità,cercando aggiungere nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche.


 

Secondo Barbaro,se noi leghiamo al glucosio una nanoparticella metallica ( ferro oppure ferro-oro),quando il glucosio verrà captato dalla cellula maligna si porterà dietro la particella metallica. Sottoponendo nella pratica il paziente a risonanza nucleare magnetica si potrà localizzare la massa, anche se di piccole dimensioni.


 

Ma non solo. Modificando le caratteristiche del campo magnetico – prosegue Barbaro – si potrebbero riscaldare le particelle metalliche ed indurre la morte delle cellule tumorali. La metodica prende il nome di ipertermia endogena.


 

La tecnica di base – sono parole di Barbaro – è una co-condensazione.Il metallo viene prima riscaldato a temperatura di fusione e quindi raffreddato insieme a speciali solventi ed il glucosio,in modo da produrre una nanopolvere stabile di nanoparticelle metallo/solvente. A conferma di tutto ciò sono stati successivamente eseguiti test in vitro.


 

Sono state utilizzate linee di cellule di carcinoma papillare della tiroide (FBE) ed i test hanno evidenziato una pronta ed avida captazione da parte delle cellule tumorali delle nanoparticelle legate al glucosio,mostrando dunque i presupposti che le "caramelle mortali" ( così Barbaro le definisce) possano essere utilizzate anche in vivo.


 

Lo studio è fra l'altro stato pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism e sull'European Journal of Nuclear Medicine.


 

GIAN UGO BERTI ( riproduzione vietata)


 


 

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