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8 giu 2010



 


 


 

LINFOMA NON – HODGKIN:SPERANZE DA UN NUOVO FARMACO BIOLOGICO


 


 

Dal congresso di Chicago della Società Americana di Oncologia Clinica. Il ruolo del rituximab


 


 


 

CHICAGO - Oltre diecimila nuovi casi all'anno in Italia e,soprattutto,una crescita preoccupante negli ultimi quarant'anni (+ 80%). Sono i drammatici numeri del linfoma non-hodgkin,la forma più comune dei linfomi ( un tipo di tumori del sangue),per la quale nuove speranze vengono dagli anticorpi monoclonali. La novità risiede nel fatto che, a differenza degli altri trattamenti ,attaccano solo le cellule B,i linfociti,le cui anomalie causano il linfoma,senza intaccare le cellule sane.


 

Il rituximab,di cui si è parlato al congresso internazionale di Chicago dell'American Society of Clinical Oncology, è risultato in particolare efficace nel riattivare le difese naturali del corpo, consentendo il raddoppio della sopravvivenza dei pazienti affetti dalla forma follicolare (2mila 500 casi all'anno nel nostro Paese),senza progressione della malattia.


 

Secondo Antonio Del Santo,Medical Affairs and Clinical Operations Director Roche,tali risultati aprono una nuova strada nelle cure. In combinazione con chemioterapia si ha una sensibile riduzione della recidiva tumorale. A giudizio di Gilles Salies,Centre Hospetalier Lyon Sud,inFrancia, il rituximab diventerà un nuovo standard terapeutico per tali pazienti.


 

Il linfoma follicolare – come è noto – può presentarsi a qualsiasi età adulta,sebbene la diagnosi avvenga tipicamente intorno ai sessant'anni ed interessa,in egual misura,sia gli uomini che le donne. Si tratta in particolare di un linfoma di basso grado ovvero si sviluppa lentamente.


 


 


 


 


 

Sul principio di funzionamento della molecola,si è appreso che rituximab si lega ad una particolare proteina,l'antigene CD 20,sulla superficie delle cellule B normali e maligne. Recluta quindi le difese naturali dell'organismo per attaccare ed uccidere le cellule B marcate. Le cellule staminali ( progenitrici delle cellule B) nel midollo osseo non possiedono l'antigene CD 20 e ciò consente alle cellule B sane di rigenerarsi dopo il trattamento e ritornare ai livelli normali entro alcuni mesi.


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)

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