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28 gen 2011
Storia della lebbra
La lebbra o morbo di Hansen è una malattia infettiva e cronica, causata dal batterio Mycobacterium leprae, che colpisce la pelle e i nervi periferici in vari modi e gradi, anche molto invalidanti. Un tempo considerata una maledizione di Dio e incurabile, in era moderna si è rivelata molto meno temibile e meglio curabile di quanto ritenuto in passato. Le dizioni "morbo di Hansen" o "Hanseniasi" vengono oggi privilegiate per evitare il marchio di infamia che la parola "lebbra" ancora reca con sé nell'opinione comune.
Storia
La parola lebbra deriva dal greco leprós, scaglioso, scabro, aspro, dal verbo lépø = togliere la pelle o la scorza, sbucciare, pelare. Benché la lebbra sia generalmente considerata la malattia più antica del mondo, non si conosce con certezza l'epoca precisa della sua comparsa. Quasi certamente quella che nell'Antico Testamento, nel Levitico, è chiamata impropriamente lebbra (in ebraico Tzaraath) non è la stessa malattia che noi conosciamo. Si pensa che la malattia abbia avuto origine in India o in Africa.
Nelle leggi di Manu, nei Veda indiani (inizio del XV secolo aC), sono riportate istruzioni per la prevenzione della lebbra. Intorno al 400 aC la lebbra fece la sua comparsa in Cina: Da Feng nel "Nei Jing" intorno al 190 aC segnalava le tipiche lesioni cutanee anestesiche della lebbra.
Negli scritti di Ippocrate (IV secolo aC) non c'è menzione di quadri clinici riconducibili alla lebbra; la malattia probabilmente è stata portata in Europa dai soldati di Alessandro il Grande di ritorno dall'India (326 aC). Il reperto più remoto di resti umani con segni indubbi di lebbra risale al VI secolo (due mummie copte dell'Alto Egitto). La prima descrizione completa di una malattia che corrisponda alla nostra nozione di lebbra viene dall'India e risale al VII secolo dell'era cristiana.
Nel XIII secolo si ebbe la maggiore diffusione della lebbra in Europa, dove diventò endemica. Nel Medioevo i lebbrosi erano considerati impuri dalla Chiesa cattolica e dalla Società, pertanto erano costretti a vivere al di fuori delle città, nei lebbrosari. Il loro aspetto era tale da renderli oggetto di vere e proprie persecuzioni basate su improbabili accuse e che si concludevano in certi casi con imprigionamenti, reclusioni nelle loro abitazioni ma anche esecuzioni sul rogo. Emblematica la persecuzione francese del 1321 autorizzata direttamente dal Re Filippo V detto il Lungo con l'editto di Poitiers.
Nel 1953 Vilh Möller-Christensen trovò uno scheletro in un antico lebbrosario medievale in Danimarca che presentava alcune tipiche alterazioni della forma lepromatosa avanzata: la distruzione del processo alveolare della mascella e delle ossa nasali. L’endemia di lebbra in Europa si ridusse dal XV secolo.
Nel XVI secolo, venne esportata nell’America Latina, prima dai conquistatori spagnoli e portoghesi, poi dagli schiavi africani. Fino al XIX secolo si è creduto che la lebbra fosse una malattia ereditaria e dai più era considerata una punizione divina. Nel 1847 i dermatologi norvegesi Danielsen e Boeck offrirono la prima descrizione clinica lebbra tubercoloide. Nel 1852, in Messico, Rafael Lucio e Ignacio Alvarado descrissero clinicamente la lebbra lepromatosa diffusa, poi riconosciuta come forma lebbrosa da Fernando Latapì nel 1936.
Nel 1863 Rudolph Virchow (Schivelbein, Pomerania, 1821-Berlino 1902) descrisse per primo il reperto istopatologico della lebbra lepromatosa. Nel 1873 il medico norvegese Gerhard Hansen (Bergen 1841-1912) ne dimostrò l’eziologia batterica, evidenziando la presenza di bacilli in un nodulo cutaneo di un lebbroso. Il Mycobacterium leprae o bacillo di Hansen (BH) fu il primo batterio descritto come patogeno per l’uomo, una decina d’anni prima delle scoperte del medico tedesco Robert Koch (Clausthal, Hannover, 1843 - Baden-Baden 1910) relative al del bacillo della tubercolosi (1882).
Nel 1919 il medico giapponese Mitsuda descrisse l'intradermoreazione alla lepromina. Nel 1959 Piero Sensi, ricercatore della Lepetit, scoprì le rifamicine e da queste nel 1969 sviluppò la rifampicina, antibiotico attivo contro le micobatteriosi.
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