COLPISCE TRA 50 E 69 ANNI
I sintomi del cancro all'ovaio: riconoscerlo dal mal di pancia
di Gian Ugo Berti
Si manifesta spesso quando è in fase avanzata, quando l'unica terapia possibile è chirurgica. Ma grazie a nuovi farmaci e al gruppo di ricerca italiano Mito è possibile affrontare il male con terapie più personalizzate e meno invasive
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La pancia un po' gonfia, un senso di pesantezza all'addome inferiore, un'alterazione dell'attività intestinale sono disturbi assai comuni fra le donne. Spesso si tende a trascurarli, a scegliere iniziative individuali, senza magari parlarne col medico. I numeri possono dare ragione ad un tale attendismo. Però il tempo passa. Così, quando per dieci di loro ogni giorno arriva la diagnosi di tumore delle ovaie, ci si trova di fronte ad una situazione in fase già avanzata e quindi con prognosi critica.
Nessuno screening - Non esistono oggi, a differenza di altri tumori, programmi di ricerca precoce su vasta scala scientificamente affidabili. Quindi il quadro clinico continua ad essere preoccupante. La malattia non si dà segnali fino a quando la massa non abbia raggiunto dimensioni notevoli. La diagnosi si fa mediante l'esame pelvico ossia la visita ginecologica e la palpazione addominale. Nella valutazione generale sono importanti le dimensioni e la consistenza delle ovaie e l'età. Questa forma tumorale infatti colpisce maggiormente dopo la menopausa: tra i 50 e i 69 anni, è al nono posto tra i tumori e costituisce il 2,9% di tutte le diagnosi di cancro.
Ritardi fatali - Secondo uno studio della FIGO ( Federazione Internazionale di Ginecologia ed Ostetricia) negli stadi iniziali la sopravvivenza a cinque anni sfiora il 90%, mentre si riduce di un terzo in quelli avanzati.
Come si cura - Di massima, prima si propone l'intervento chirurgico, la cui entità varia secondo gli stadi della malattia. La forma demolitiva non conferisce però la certezza che non si abbia una ricomparsa. Per questo si consiglia l'esecuzione di un programma di chemioterapia, tanto più importante quanto la fase avanzata del tumore. La radioterapia è riservata a casi rari ed alla diffusione metastatica.
Il Gruppo di ricerca italiano MITO - Da qui l'importanza dell'impegno di MITO (Multicenter Italian Traials in Ovarian cancer) attivo da oltre dieci anni ed impegnato a sviluppare collaborazione di ricerca in ambito di ginecologia oncologica e riunito a convegno a Roma. Secondo Sandro Pignata dell'Istituto Nazionale Tumori di Napoli e Giovanni Scambia, del Policlinico "Gemelli" di Roma, si può spostare in avanti la frontiera della qualità della vita attraverso terapie sempre più personalizzate, tecniche chirurgiche meno invasive, farmaci meno tossici.
Grossi effetti collaterali - Sono spesso gli effetti secondari dei farmaci impiegati a costringere la persona ad abbondonare le cure. Basti pensare alla caduta dei capelli od alla neurotossicità ovvero il danno alle fibre nervose periferiche, che si può manifestare con alterazioni della sensibilità delle dita di mani e piedi,ma anche con modificazioni motorie, destinate a restare a lungo. Problemi drammatici perchè condizionano l'immagine che la donna ha di sè e la capacità d'interagire con gli altri. In sostanza,le terapie che fino ad ora avevamo non sodisfacevano a pieno.
Nuovi farmaci - In due studi (MITO-2 e Calypso) si è studiata la combinazione doxorubicina liposomiale peghilata e carboplatino in alternativa al protocollo standard con carboplatino e tassolo,sia nelle cura di prima linea che nelle recidive. I risultati della prima ricerca parlano di vantaggi in tema di tossicità,con un impatto molto più ridotto di perdita dei capelli ( 7% contro 84%)e la neurotossicità (5% contro 28%) e le reazioni allergiche al carboplatino (5% contro 19%). L'altro,invece, dimostra l'efficacia in termini di sopravvivenza libera da progressione e tossicità sensibilmente minore.Nel trattamento delle recidive,in sostanza, si è ottenuto un nuovo standard più efficace e più rispettoso della qualità di vita delle pazienti.
Risultati non definitivi - I risultati comunque non ci consentono ancora di cambiare gli attuali indici di trattamento, perchè si deve attendere il quadro definitivo degli intervalli liberi da recidiva.
(9 Novembre 2009)
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Associazione italiana per la ricerca sul cancro
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