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2 nov 2010


Il global warming nuoce davvero alla salute? Di Umberto Tirelli


Le correlazioni tra i cambiamenti climatici (il riscaldamento globale) e la salute saranno senz’altro tra i problemi più importanti che si presenteranno all’attenzione dei medici, dei ricercatori e degli scienziati oltre che dell’intera opinione pubblica.


In particolare i CDC di Atlanta, l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno espresso varie opinioni e preoccupazioni al riguardo. Anche se gli effetti sulla salute umana dei cambiamenti climatici rimangono ancora del tutto poco conosciuti e controversi, le organizzazioni internazionali succitate hanno evidenziato che i cambiamenti climatici avranno probabilmente un impatto significativo (negativo) sulla salute rispetto ai seguenti aspetti: gli effetti diretti del calore, gli effetti dovuti ad eventi atmosferici estremi, gli effetti dell’inquinamento, includendo per esempio anche i tumori polmonari e della cute, malattie allergiche, malattie infettive trasmesse dal cibo, dall’acqua e da vettori, la scarsità di acqua e cibo almeno per alcune popolazioni, problemi di salute mentale, l’impatto a lungo termine delle malattie croniche.

Secondo invece la NIPCC (Nongovernamental International Panel on Climate Change), che è un panel internazionale di scienziati non governativi (oltre 30.000 scienziati americani) che, a differenza dei ricercatori che fanno parte dell’IPCC non sono in carriere che si basano su contratti governativi e su grants che provengono dai governi per supportare le loro attività, ma sono del tutto indipendenti:

L’IPCC dichiara che “il cambiamento climatico attualmente contribuisce al carico globale di malattia e morti premature” e “ incrementerà malnutrizione e malattie conseguenti”. Invece, l’evidenza dimostra che temperature più alte e aumento dei livelli di CO2 hanno giocato un ruolo indispensabile nel rendere possibile alimentare un crescente numero di popolazioni nel mondo senza intaccare gli ecosistemi naturali.
Il riscaldamento globale riduce l’incidenza di malattie cardiovascolari legate alle basse temperature e al clima invernale in modo molto maggiore di quanto non incrementi l’incidenza di malattie cardiocircolatorie dovute alle alte temperature e alle ondate di calore estive.
La mortalità causata delle malattie respiratorie diminuisce con l’aumentare delle temperature così come con il declinare della variabilità delle temperature.
Affermazioni che malaria e malattie causate dalle zecche si stiano diffondendo o si diffonderanno come risultato del riscaldamento causato dalla CO2 non sono supportate nella letteratura scientifica.
La mortalità correlata al caldo è stato dimostrato essere minore nei climi più miti e di non aver subito alcun effetto dall’aumento delle temperature durante il ventesimo secolo.
Lo storico aumento della CO2 nell’aria ha migliorato la nutrizione umana aumentando il rendimento dei campi agricoli durante gli ultimi 150 anni rispettivamente del 70% per il frumento, 28% per i cereali, 33% per la frutta ed i meloni, 62% per i legumi, 67% per tuberi e radici, e 51% per le verdure.
La qualità delle piante nel mondo arricchito di CO2 nel mondo del futuro, per quanto riguarda il contenuto di proteine e antiossidanti (vitamine), non sarà minore, anzi probabilmente maggiore che nel passato.
Ci sono evidenze che alcune sostanze medicinali nelle piante saranno presenti in concentrazioni significativamente superiori, e certamente in maggiori quantità assolute di quanto siano correntemente.
Lo storico aumento di CO2 nell’aria ha probabilmente aiutato l’allungamento della vita già dall’avvento della Rivoluzione Industriale, e il suo continuo rialzo molto probabilmente avrà lo stesso beneficio.
Considerazioni personali al riguardo

I fattori che vengono riportati dai CDC di Atlanta, dall’IPCC e dall’OMS hanno un impatto significativamente diverso tra i paesi in via di sviluppo ed i paesi sviluppati. Nei primi avremo come ovvio un impatto nettamente superiore, in particolare sulla popolazione povera, sui bambini e sulle donne. Inoltre, va rilevato che nei paesi in via di sviluppo non sarà possibile intervenire in maniera efficace anche per le condizioni di scarsa sensibilità ai problemi sanitari che già esistono e per la corruzione dilagante che impedisce tali interventi. Nei paesi sviluppati invece la situazione può profilarsi del tutto diversa. Infatti la tecnologia esistente, la sensibilità della popolazione a queste problematiche, le capacità di intervento delle strutture sanitarie potranno portare per esempio ad attivare in tutti gli ambienti dove vivono i soggetti più a rischio la refrigerazione necessaria, e così a superare più facilmente i problemi dell’aumento del caldo e delle onde di calore che potrebbero svilupparsi. Questo varrà anche per controbattere al meglio i problemi inerenti all’inquinamento, o alle infezioni che eventualmente dovessero verificarsi in relazione al riscaldamento globale.

Purtroppo, né i CDC di Atlanta, né l’OMS, né l’IPCC ricordano anche quelli che potrebbero essere gli effetti positivi del riscaldamento globale, come fa invece l’NIPCC. Per esempio nelle popolazioni che vivono in climi molto freddi come quelle dell’Artico (Alaska negli USA, nord del Canada, Groenlandia, Islanda, nord della Norvegia, Finlandia, Svezia e nord della Russia), potranno senz’altro beneficiare di una riduzione degli effetti avversi sulla salute del freddo che potrebbe essere mitigato con il riscaldamento globale. In queste regioni infatti le basse temperature che ci sono tra gennaio e luglio sono associate ad un significativo aumento di mortalità per malattie respiratorie, per malattie cardiovascolari, per mortalità perinatale, per mortalità dei bambini.

In conclusione, tutti sanno che i ricchi americani e i ricchi europei che vivono in paesi freddi tendono durante i periodi invernali e molto freddi a recarsi nei paesi più caldi, in particolare gli americani in Florida e gli europei in Costa Azzurra, tutto questo perché soprattutto per gli anziani è più benefico il clima caldo che non quello freddo a cui invece sarebbero esposti rimanendo nelle loro abitazioni usuali. È infatti ben conosciuto che per le malattie reumatiche ed artrosiche, per le malattie cardiorespiratorie, per la depressione un clima più temperato e caldo è molto migliore che un clima freddo. Quindi ci dobbiamo aspettare che un segmento significativo della popolazione, in particolare quella degli anziani, che tenderà tra l’altro ad aumentare significativamente nei prossimi decenni, e coloro che soffrono di malattie croniche, quali le malattie reumatiche ed artrosiche, le malattie cardiovascolari e polmonari e le malattie depressive, potrebbero beneficiare significativamente dall’innalzamento della temperatura che si verificherà, almeno in Europa e nei paesi avanzati. Inoltre già la natura ci dice tutto ciò: gli animali che se lo possono permettere, cioè quelli con le ali, tendono abitualmente a trasferirsi dai climi freddi a quelli più caldi sobbarcandosi giornate e giornate di viaggio, con anche una certa mortalità associata, ma certamente non rinunciano al clima più temperato e caldo rispetto al clima più freddo ed umido.

In conclusione, tutto quanto viene oggi comunque riferito in maniera spesso catastrofica e negativa dalle organizzazioni mondiali deputate al controllo della salute, rimangono comunque nient’altro che previsioni e non certezze e su questa linea dobbiamo comportarci nell’ambito della salute. Senza escludere peraltro che il riscaldamento del pianeta possa beneficiare almeno una parte della popolazione.

dal Chicago Globe Blog del 1 novembre

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