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21 mag 2010


Lavoriamo su sistemi di ricerca animale


 

CELLULE STAMINALI E CERVELLO:

UN TRAGUARDO ANCORA LONTANO


 

Parla il prof.Gabriele Siciliano, della Clinica Neurologica all'Università di Pisa


 

PISA - Sono ormai diversi anni che si pone l'accento in campo scientifico sull'enorme guadagno derivante dall'utilizzo delle cellule staminali nei più svariati ambiti della Medicina. In tal senso, anche in campo neurologico sono state rilevanti alcune recenti scoperte che hanno confermato come nel cervello dell'uomo siano presenti cellule che conservano, anche in età adulta, capacità di rigenerare e moltiplicarsi, ipoteticamente al fine di riparare eventuali danni conseguenti a una malattia. Lo sostiene il prof.Gabriele Siciliano,della Clinica neurologica all'Università di Pisa.


 

Il sistema nervoso – aggiunge - per molto tempo considerato un sistema "statico", potrebbe pertanto essere dotato, al pari di altri organi, di capacità di riparare la perdita di alcune cellule attraverso la moltiplicazione di altre cellule, appunto le cellule staminali. Conseguentemente si è sviluppata negli ultimi anni l'idea che una tale risorsa potesse essere in qualche modo stimolata e utilizzata efficacemente nella terapia di malattie progressive del sistema nervoso, quali le malattie neurodegenerative, tra le quali la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer o la sclerosi laterale amiotrofica.


 

Gli studi sperimentali che si sono poi sviluppati – precisa il neurologo pisano - hanno preso in considerazione la possibilità di sorgenti esterne di cellule, sia autologhe, cioè è lo stesso soggetto che fa da donatore (cellule staminali dell'adulto), che eterologhe, cioè donatore estraneo (cellule staminali ombelicali) che, una volta immesse nel paziente, esplichino i desiderati effetti rigenerativi necessari per trattare tali malattie.


 

In realtà – sono sempre sue parole -numerosi modelli sperimentali hanno evidenziato come sia effettivamente realizzabile una tale possibiltà, dimostrando come animali affetti da analoghi di queste malattie abbiano manifestato capacità di recupero come risultato di strategie rigenerative basate su cellule staminali, anche se tuttavia sono ancora sconosciuti i dettagli legati al meccanismo d'azione di queste ultime, in particolare se questo sia da ricondurre ad un'effettiva riproduzione cellulare in loco o, piuttosto, alla produzione di particolari sostanze, i cosidetti fattori di crescita, che stimolerebbero favorevolmente le cellule nervose.


 

Poter disporre quindi di una fonte di cellule "primitive"- prosegue - le staminali appunto, in grado di svilupparsi come cellule neuronali permetterebbe di ripopolare le aree in cui si è avuta la perdita cellulare, con la possibilità, se non di un recupero delle funzioni perse, quantomeno di un rallentamento del decorso della malattia, che si tradurrebbe in un notevole miglioramento dell'aspettativa e della qualità della vita.


 

Tuttavia – è il suo pensiero - numerosi fattori devono essere presi in considerazione allorchè si trasferiscono sull'uomo dati che derivano da modelli sperimentali e, tra tutti, l'estrema complessità del tessuto nervoso all'interno del quale ogni singola cellula ha un proprio ruolo specifico in una rete di connessione dove non è facile sostituire la perdita di un "nodo" con l'inserimento di un altro.


 

Tutto questo – conclude - a sottolineare come in ambito umano quello della terapia con cellule staminali rappresenti un capitolo promettente ed indubbiamente degno di ulteriori verifiche, ma che necessita dell'affinamento di conoscenze di base e applicative anche in considerazione delle svariate implicazioni che una procedura terapeutica del genere può comportare, sia di ordine tecnico, che biologico ed etico. Auspicabile quindi l'avvio di nuovi studi clinici in tale ambito, promuovendo la collaborazione tra le varie istituzioni di ricerca già orientate ed impegnate in questa direzione.


 


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)

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